CAPITOLO 17

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STEVEN

Rientro a casa che sono le cinque del mattino. 

L'ascensore privato che accede direttamente all'attico della Parker Estate, si apre con il solito suono dell'allarme. 

L'ho fatto installare anni fa, dopo che una donna, facendosi beffe della guardia, si era intrufolata all'interno, violando la mia privacy. 

Fortunatamente ero sul divano a guardare il maxischermo della TV e l'ho bloccata sulle porte dell'ascensore, la signora aveva inteso che, la nottata appena passata insieme, si dovesse trasformare in un grande amore. 

Eh si…ha ragione Jenny riguardo alle donne che ho avuto, sono veramente tante e ad essere sincero, ora che ci penso, non ne ho mai portata nessuna in casa. 

Perché proprio lei? 

Getto la giacca sul divano, la stessa fine fanno la camicia e poi i pantaloni. 

Rimango in boxer in quanto tolgo  anche le calze e mi aggiro per casa a piedi nudi, come un animale in gabbia. 

Tra poche ore ho una riunione importante e non ho sonno, mi dirigo verso il frigo e prendo la bottiglia dell'acqua anche se la tentazione sarebbe quella di scolarmi una bottiglia di whisky, ma a quest'ora mi spaccherebbe lo stomaco. 

Squilla il cellulare e mi precipito a rispondere sperando che sia Jenny, non ha risposto al messaggio che le ho inviato, magari ha preferito chiamare. 

Invece è Alan. 

"Hey amico, sei ancora sveglio?". 

"Se ti sto rispondendo, evidentemente…" rispondo scocciato. 

"Senti Steve, non credo di riuscire a prendere sonno, che ne dici di una corsa al parco?". 

"È una buona idea, ci vediamo di sotto tra quindici minuti" chiudo il cellulare e mi avvio in camera da letto, tirando fuori dalla cabina armadio l'occorrente per il footing. 

Quando scendo, trovo Alan ad aspettarmi. 

Lui possiede un appartamento all'interno dell'edificio, gliel'ho intestato nel momento in cui ho preso in mano le redini della compagnia, non mi sarei mai privato della vicinanza di mio fratello. 

Non parliamo, non c'è n'è bisogno, ci conosciamo troppo bene per sapere che stiamo attraversando uno di quei momenti in cui il silenzio tra noi, è complicità. 

Dopo un'ora di corsa sostenuta, ci fermiamo a fare stretching e a dissetarci sedendo su una panchina. 

È freddo e siamo molto sudati, nonostante ciò, la corsa ci ha fatto scaricare la tensione e cominciamo a parlare. 

"Ti ho visto sconvolto stanotte fratello" attacco a parlare per primo. 

"Anche tu lo eri" mi risponde guardandomi fisso e bevendo un sorso d'acqua dalla bottiglietta. 

"Si…ho avuto una discussione molto accesa con Jenny…".

Ride divertito. 

"Se la vuoi chiamare discussione, accomodati pure, ma io la chiamerei scambio di fluidi corporali". 

"Senti chi parla…" rido di rimando. 
"Tu eri talmente scompigliato, che dobbiamo ringraziare il Padreterno se non ti hanno arrestato per atti osceni in luogo pubblico". 

Rimaniamo in silenzio per qualche istante. 

"Che ti sta succedendo bro?" mi chiede Alan all'improvviso serio.

"Cosa vuoi dire?".

"Ti conosco da una vita e non ti ho mai visto così sconvolto, neanche per la storia con Olivia". 

Quel maledetto giornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora