CAPITOLO 12

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STEVEN

Resto in macchina con le mani ancorate al volante  lasciando ad Alan l'onore di far accomodare le ragazze sui sedili posteriori.  Galantemente apre loro gli sportelli dell'auto sportiva e le aiuta a salire. 

"Grazie Alan" dice Jenny prendendo posto dietro il sedile di guida. 
"Quanto tempo ci impiegheremo ad arrivare?"  chiede ignorando apertamente il sottoscritto. 

"Per arrivare all'eliporto una ventina di minuti e poi…". 

"Eliporto? Ma non andiamo in auto?" lo interrompe, confusa. 

"Jennifer in auto ci vogliono quasi tre ore, la Parker Estate possiede un elicottero…con mezz'ora saremo negli Hamptons". 

La osservo dallo specchietto e la vedo sbarrare gli occhi per la sorpresa agganciando il riflesso dei miei. 

Non capisco quale sia il problema e decido di intervenire. 

"Hai paura di volare?" le chiedo senza lasciare il suo sguardo. 

"Non io…Maria è terrorizzata all'idea di viaggiare sospesa in aria, per venire negli States si è imbottita di tranquillanti". 

La diretta interessata ci guarda confusa, non riesce a comprendere di cosa stiamo parlando, ma sentendo pronunciare il suo nome, si agita sul sedile. 

"Cosa stai dicendo di me?" chiede a Jennifer. 

Alan si intromette e le spiega, parlando lentamente e sillabando bene le parole, che proseguiremo il viaggio in elicottero  e la rassicura dicendo che le terrà la mano tutto il tempo. 

Ho notato che Maria ha una cotta per Alan fin dal primo momento che si sono incontrati, solo un cieco non lo noterebbe, e invidio il mio amico per la capacità che possiede, nel mettere a proprio agio chiunque. 

"Ok, ok.." alza il pollice lei per fargli capire che ha compreso. 

Metto in moto  e guido restando in silenzio. Il quartiere che stiamo attraversando, non mi piace e mi domando di nuovo chi diavolo le stia ospitando. Avevo prenotato la suite al Plaza per tutta la settimana convinto che ne sarebbero state estasiate, invece alla prima occasione l'hanno disdetta trasferendosi in una topaia. 

Mordo la lingua per evitare di esternare le mie considerazioni, prestando ascolto allo scambio di battute che intercorre tra Alan e Maria. È esilarante studiare il mio amico che mette in pratica tutte le tecniche di abbordaggio che abbiamo affinato nel corso degli anni. 

Jennifer, come me, è silenziosa e ha lo sguardo rivolto verso il finestrino laterale poco propensa ad interagire con gli altri. 

Mi strofino il mento pensando al modo migliore per sciogliere il gelo che si è creato tra di noi. 

So di aver sbagliato approccio con lei trattandola alla stregua delle altre, ma l'istinto predatorio, che ho innato, mi ha portato a compiere un passo falso al quale no so come rimediare. 

Arriviamo all'eliporto e scendiamo dall'auto, consegno le chiavi ad un addetto che ci informa che il velivolo è pronto per la partenza con il pilota già a bordo. 

È notte e le luci posizionate sulla pista ci guidano verso il punto di partenza. 

Jennifer cammina al mio fianco e noto che fatica a stare dietro a tutti noi a causa dei soliti trampoli che si ostina ad indossare. 

Decido di adeguare il mio passo al suo e rimaniamo indietro rispetto agli altri. 

"Cosa ci attende a casa di tua madre?" sono sorpreso che mi rivolga la parola, ma non lo sguardo, vedo che continua a guardare dritta, verso l'elicottero. 

Quel maledetto giornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora