CAPITOLO 15

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STEVEN 

Dopo aver parlato con Robert sono rimasto nello studio a riflettere, avevo bisogno di rimanere solo per capire ciò che mi stava accadendo. 

Aver visto la piccola fata ridere e scherzare con il mio amico mi aveva provocato la solita fastidiosa stretta allo stomaco ed il senso di nausea rischiava di sopraffarmi. 

Mi sono allontanato in fretta onde evitare di picchiare Robert e, quando ci siamo ritrovati faccia a faccia, ho cercato di tenere la collera sotto controllo deviando il discorso sulle sfide lavorative che ci attendono nel prossimo futuro. 

"Domani, alla riunione, ti forniró ulteriori dettagli riguardo ai cambiamenti che intendo apportare ai progetti originali, dopodiché occorrerà organizzare un sopralluogo ricognitivo in loco, dobbiamo essere in grado di prevedere qualsiasi variabile che possa ostacolarci" gli ho esposto il mio volere con il solito cipiglio di capo indiscusso. 

Anche se non è un mio dipendente, sono io che affronto il rischio d'impresa e ci metto il capitale quindi si fa a modo mio. 

"E…Robert" lo richiamo quando sta oltrepassando la porta dello studio. 

"Jennifer è off limits" lo guardo dritto negli occhi cercando di fargli capire che non scherzo. 

Piega il capo in segno d'assenso e si dilegua.

Rientro nel salone scrutando i volti dei presenti alla ricerca di Jennifer. 

Ho sviluppato una sorta di ossessione per quella donna e, anche se non lo dà a vedere, so di non essergli indifferente. 

Scorgo Alan vicino al buffet intento ad assaggiare con la faccia schifata quelle che mia madre si ostina a chiamare tartine gourmet, quando invece sono strani esperimenti culinari preparati dal suo chef francese. 

"Finalmente sei uscito dalla tana" esclama quando mi vede e poggia il piatto intonso sulla tavola. 

"Stavo anticipando a Robert quanto affronteremo domani in riunione" rispondo seguitando a far vagare il mio sguardo per la stanza. 

"Un'ora fa" afferma e vedendo la mia espressione interrogativa, prosegue. 

"Robert è tornato un'ora fa dalla vostra riunione, e tu dov'eri successivamente?". 

"Lo sai che non sopporto la confusione, stavo facendo passare il tempo chiuso nello studio…dai, saluto mia madre e andiamo, dove sono le ragazze?" faccio la domanda che avevo sulla punta della lingua fin dall'inizio. 

"Ti stavo appunto spiegando che circa un'ora fa quando Robert è tornato, Jenny gli ha chiesto un passaggio per Brooklyn. Sono andati via subito dopo con Maria al seguito" replica secco e con la bocca corrucciata. 

Sento la rabbia montare così velocemente, che allento il nodo della cravatta per paura di soffocare e prendo aria diverse volte prima di elaborare una risposta che non contenga invettive. 

"E non hanno avuto la decenza di salutare?". 

"Jenny ha detto qualcosa circa la possibilità di registrare un messaggio vocale e inviartelo" sussurra intimorito dalla mia reazione. 

Prendo il cellulare dalla tasca della giacca e lo sblocco, maledicendomi per la stupida consuetudine di silenziarlo quando non sono in ufficio. 

Effettivamente c'è la notifica di un messaggio…voglio proprio sentire che scusa ha addotto la signora per giustificare un tale atto di villania. 

Mi dirigo verso il portone per uscire all'esterno e chiudo l'anta alle mie spalle. 

È freddo e la brezza proveniente dall'oceano mi scompiglia il ciuffo di capelli  fissati con il gel e mi gela le orecchie, nonostante ciò l'adrenalina e la rabbia che ho in corpo, mi fanno sudare sotto lo smoking. 

Quel maledetto giornoWhere stories live. Discover now