CAPITOLO 6

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STEVEN

Sono arrivato in ufficio all'alba. 

La guardia notturna, quando mi ha visto varcare l'entrata principale dell'edificio dove ha sede la mia compagnia, è rimasta basita. Lavora per il sottoscritto da molti anni e non gli è mai capitato di vedermi arrivare al lavoro ad un orario così insolito. 

"Buongiorno Mr Parker" esclama mascherando la sorpresa dietro un sorriso di cortesia. 

"Buongiorno Jhonn, tutto bene questa notte?". 

"Si signore,  liscio come l'olio". 

Lo oltrepasso dirigendomi verso gli ascensori e alzo una mano a mo di saluto. 

Mentre l'ascensore sale, mi massaggio la mascella resa ispida dalla barba di due giorni e riprometto di radermi non appena arrivo in ufficio, sono il capo della baracca e non posso apparire trasandato. 

Sono agitato, mi sembra di essere sui carboni ardenti, qualsiasi cosa mangio mi rimane sullo stomaco, qualsiasi rumore mi infastidisce e il sonno…sono due notti che non chiudo occhio. 

Varco la porta dello studio e getto la ventiquattrore sul divano,  tolgo la giacca mettendola sulla spalliera di una sedia e vado in bagno per radermi con il rasoio elettrico. 

Compio gesti meccanici, riti giornalieri che svolgo solitamente con cipiglio, ma ora, guardandomi allo specchio, non mi riconosco. 

Lo sguardo confuso, i solchi scuri sotto gli occhi, persino i capelli hanno una piega strana. 

Cosa diavolo mi sta succedendo? 

Ieri sera è stata mia madre la vittima designata del mio malumore. 

Quando l'ho informata dell'arrivo di Jennifer Pellizzoli, ha dato in escandescenze aggredendomi verbalmente per questa scelta, a suo dire, sconsiderata. 

Secondo lei avrei dovuto concludere la trattativa in Italia senza accollarmi i costi di una trasferta inutile ed inopportuna, ma come potevo spiegarle una cosa che neppure io ho capito fino in fondo? 

Mi ha chiesto, insospettita, che tipo fosse Jennifer ed io ho cercato di rabbonirla descrivendola come una cozza insignificante. 

Mi sento in colpa per averle mentito, ma lei infine sembrava molto compiaciuta, difatti ha risposto con un laconico "immaginavo fosse così"  che mi lascia tutt'ora perplesso. 

Ho riacquistato sembianze umane e mi appresto a dare inizio alla giornata lavorativa, all'appuntamento con Jennifer mancano ancora due ore e le voglio impiegare in modo fruttuoso. 

Leggo due, tre volte i documenti sotto gli occhi, ma oggi tutto mi è incomprensibile e chiudo il fascicolo riponendolo nel cassetto della scrivania. 

Alan entra come un tornado facendomi sussultare. 

"Non ci posso credere…" sbotta a ridere come un cretino piegandosi sulle ginocchia per lo sforzo. 

"Sei proprio tu?". 

"E chi altri? Alan sei impazzito?" sto perdendo la pazienza. 

"No amico mio, ma quando Jhonn mi ha detto che sei arrivato all'alba, ho preferito verificare di persona perché è un evento straordinario, direi da ricordare". 

"Avevo del lavoro arretrato da portare a termine, sono una persona responsabile…io" rimarco la voce sul pronome personale arcuando un sopracciglio. 

Alan continua a sorridere come un' ebete. 

"Si e io sono Babbo Natale…non è che per caso c'entra l'appuntamento con la piccoletta?". 

Quel maledetto giornoNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ