Capitolo 23

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Il freddo e il vento che stavo maledicendo fino a prima ora potrebbero essere la mia salvezza, il primo mi aiuta ad essere più reattiva e il secondo impedisce ai miei due avversari di sentire i miei movimenti mentre mi libero.
Chiaramente mi hanno disarmata quindi non dispongo più del mio coltellino ma ho comunque un cervello, penso in che modo potrei spezzare o tagliare la corda per liberarmi e mi viene subito in mente di sfregare la sua superficie su quella dura e rugosa del tronco.
Così comincio a muovere il bacino avanti e indietro per fare attrito ma mi fanno un male allucinante le costole, emetto anche un gemito e dopo qualche secondo di panico in cui rimango immobile nella speranza che non mi abbiano sentito cambio strategia.
Inizio a muovere la schiena per spostare la corda, il procedimento è sempre quello di prima ma almeno ora non faccio lavorare il mio ventre ricoperto di lividi e contusioni, fa male ma molto meno e continuo così per una dozzina di minuti.
Su e giù, destra e sinistra, piano piano la corda si lacera e con un sonoro schiocco si spezza, rimango immobile ancora una volta ad attendere un qualche suono da parte dei due ragazzi ma il vento deve aver coperto anche questo rumore perché rimangono fermi davanti al fuoco, non riesco a dire da qui se stiano dormendo oppure se siano semplicemente seduti a fissare le fiamme ma a prescindere non voglio scoprirlo.
Molto lentamente senza far rumore mi sposto dalla loro vista aggirando l'albero, appena sono coperta dall'enorme tronco faccio qualche passo per testare il terreno, fortunatamente non ci sono foglie secche ma solo aghi di pino che attutiscono il rumore dei miei passi.
Quando sto per lasciare quella radura una volta per tutte il mio sguardo cade su uno zaino lasciato vicino al mio albero, sono tentata a prenderlo e questa volta non mi lascio sopraffare dalla paura come era già successo nella cornucopia e mi avvicino per impossessarmene.
Teoricamente a meno che non abbiano già utilizzato tutto ciò che c'era dentro uno zaino contiene qualche scorta di cibo, dei vestiti in più, che con questo freddo fanno solo comodo, e cosa più importante dei medicinali.
Quando troverò Clarke, quando e non se perché questa volta la troverò, sicuramente avrà bisogno di cure e non voglio arrivare da lei a mani vuote.
Passo dopo passo arrivo davanti al mio obbiettivo e con uno scatto felino me lo carico in spalla, faccio molta fatica dato che sono costretta ad usare le mie braccia come fosse una singola a causa della fascetta che me le tiene ancora legate ma comunque riesco nel mio intento.
Mi giro verso ovest e comincio a camminare, dopo aver fatto diversi metri e quando mi sento abbastanza sicura comincio  a correre per mettere più distanza possibile da quei sadici maniaci, è un miracolo che sia riuscita a scappare, mi viene quasi da pensare che potrebbe essere tutti un'altra trappola ma non è il momento per essere negativi ora.
Non ci vedo più dalla sete e dalla fame, la mia bocca è completamente asciutta così quando il sole si innalza coperto dalle nubi non posso fare altro che gioire.
Prego, anche se non sono credente, che piova, ho bisogno dell'acqua quasi quanto ho bisogno di riavere Clarke al mio fianco ma sembra ancora non essere arrivato il momento per un temporale.
Passano diverse ore e adesso posso stare sicura che i due tributi si siano accorti della mia fuga e che siano sulle mie tracce, non ho ancora trovato nessun torrente ma non demordo, aggiro la montagna quasi completamente ripensando alle parole che aveva detto Scott ieri sera riguardo al fianco Est della vallata.
Per quale motivo se Clarke fosse stata lì sarebbe morta? Cosa è successo?
Ho milioni di interrogativi nella mia mente, milioni di domande che non hanno risposta ma per la prima volta in due settimane me li dimentico.
Eccolo, davanti a me, un torrente che si estende per quelli che paiono essere chilometri, corro verso l'acqua cristallina e dopo aver buttato lo zaino per terra ci infilo la testa all'interno.
Trangugio litri e litri prima di tornare a prendere una boccata d'aria e poi mi fiondo nuovamente giù, è gelida e pura proprio come dovrebbero essere i fiumi di montagna, sono finalmente appagata dopo giorni e con la coda dell'occhio noto una borraccia sporgere da una tasca esterna dello zaino.
Subito la affermo e comincio a riempirla, dopo la sete che ho patito per nulla al mondo voglio ripetere quelle esperienze.
Mi siedo sulla riva e prendo fiato, guardo a destra e sinistra per studiare il territorio, davanti a me c'è una parete rocciosa piuttosto alta, la osservo attentamente per scorgere qualsiasi foro o cavità in cui avrebbero potuto nasconderla ma non trovo nulla.
Non demordo ancora, questo è il torrente, qui c'è Clarke, devo solo continuare a cercarla.
Non posso chiaramente chiamarla ad alta voce altrimenti rischio di attirare altri tributi qui e non è mia intenzione così ricaricato lo zaino in spalla mi incammino sull'argine argilloso alla ricerca di una traccia.

THE HUNGER GAMES- ClexaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora