capitolo 2

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Picchietto le unghie contro lo stipite di legno della finestra e senza volerlo lo scalfisco leggermente.
Mi accorgo che un pacificatore ha appena aperto la porta della mia momentanea cella, ultima dimora prima di partire con il treno.
<Avete due minuti> ci dice senza tradire la minima emozione con una voce quasi metallica.
A volte mi chiedo se sotto a quelle lucide maschere nere ci sia un volto, una persona, oppure sono solo degli ibridi creati da Capitol city.
Hayden vestito nel modo più elegante che un abitante del distretto due si possa permettere, camicia bianca e pantaloni scuri di lino, si avvicina e mi stringe in un abbraccio.
<Lexa> sussurra affondando la sua testa nei miei capelli, sento che li sta annusando, per l'ultima volta probabilmente.
Si stacca dall'abbraccio e mi guarda <so che non ami queste smancerie>
<Non amo dire addio a qualcuno>
<Non lo farai> mi dice prendendomi il volto fra le sue mani <non lo farai va bene?>
Scuoto la testa
<Lexa> mi ammonisce con le lacrime agli occhi <Lexa guardami>
Obbedisco e incrocio i miei occhi verdi con i suoi grigi, si sfiorano e basta, non si mischiano, ecco cosa è mancato a noi due.
Siamo sempre stati due persone distinte, entrambi attratti fisicamente l'uno dall'altro ma niente di piu.
<Tu tornerai>
Tocca il mio mento con la sua mano e fa per alzarlo, un gesto comune prima di un bacio, ma il mio è sempre alto, non ho paura di mostrare la mia sicurezza e ne vado fiera .
Avvicina il mio viso al suo e mi bacia, sento la foga che ci mette, come per prendermi l'ultima volta, per ricordarsi di tutto ciò che abbiamo vissuto.
Tocco la sua mascella e faccio passare la manu sui suoi peli ispidi, mi stacco, ho bisogno di parlare con il mio migliore amico non di baciarmi con lui.
<Hayden non posso farcela nei giochi>
<Perché dici così? Sei la più forte che conosco Lexa, la più intelligente, la più migliore>
<Più migliore non si dice> lo rimprovero e poi sorrido al pensiero di quello che gli ho appena detto in un un momento simile
<Lexa devi riflettere, per cosa combatterai nell'arena?>
Questa domanda, non la volevo, non lo so ecco tutto, non so per cosa combatterò o per chi.
Non ho una famiglia, ho solo Hayden, ma se tornassi non mi sposerei con lui, non voglio dei figli, non in un mondo così, non ho motivo di tornare, non ho motivo per combattere, se non per il piacere della vita stessa e di poterla migliorare, perché se vincessi avrei ricchezze, fama e prestigio, cose che mi sono sempre mancate.
Per respirare l'aria fresca la mattina, per sentire la mandibola fare male dopo una lunga risata, per avvertire il fresco sollievo dell'acqua al primo bagno primaverile.
<Per vivere> rispondo
Si incupisce, deluso, si aspettava che dicessi "per te"
<Hayden> gli dico nel modo più tenero che posso accarezzando la sua guancia con la mia mano ma lui si scosta <Hayden tra noi non c'è stato niente>
<Abbiamo passato molte notti insieme e adesso mi dici che non c'è stato niente?> Chiede con la voce rotta dal pianto
<Ti voglio bene e te ne vorró per sempre ma non posso darti quello che vuoi>
<Quello che voglio? Curioso, come se lo sapessi tu quello che voglio>
<Una famiglia immagino, dei figli, una moglie...>
<Non voglio niente di tutto questo se non te>
<... amore> lo guardo <immagino che quello tu lo voglia. Io non posso dartelo>
Deglutisce e mi guarda negli occhi
<Non lasciamoci arrabbiati l'ultima volta che ci vedremo>
Si stacca da me e mi urla addosso <la vuoi smettere Lexa! Non puoi dire che sarà l'ultima volta va bene! Mi spieghi come posso fare io adesso? Ti dovrei guardare morire in quell'arena sapendo che non hai neanche combattuto? Che neanche ci hai provato?>
Continuo a tenere la testa alta e lo guardo
<Dovresti aiutarmi a non crollare in questo pochi minuti che ci rimangono e invece sono io a dover consolare te?> Gli chiedo abbracciandolo.
Non credo di poter immaginare ciò che sta provando perché io non ho mai amato nessuno, tranne mia madre ma chiaramente si tratta di un amore diverso.
<Lexa tu tornerai, non è una domanda questa, è una affermazione. Tu tornerai e quando lo farai sarai finalmente libera>
Apprezzo che non abbia detto "e staremo insieme" anche se so che deve essergli costato parecchio.
<So che hai paura, ma tu sei incredibilmente forte, troverai un modo, lo troverai di sicuro>
Paura. Ne ho avuta.
<Ci proverò> gli prometto <non posso morire adesso, ho ancora tante cose da provare>
Entra un pacificatore sbattendo la porta e urla <tempo finito>
Trascina via Hayden che continua a gridarmi che ci rivedremo presto e cerca a tutti i costi di liberarsi dalla presa dell'uomo fallendo.
La porta si chiude alle mie spalle e la stanza torna nel silenzio più totale.
Proverò a vincere, non mi arrenderò, non lho mai fatto perché dovrei fallire proprio ora?
Aspetto che rientrino i pacificatori e che mi scortino fino al treno dove trascorrerò le ore successive in attesa di giungere a Capitol ma non arriva nessuno.
Mi siedo tamburellando le dita sulle cosce quando ad un certo punto avverto lo scatto della maniglia, sto per alzarmi e seguire le guardie quando mi trovo davanti mio padre.
Nella mia vita non ho mai provato amore ma so cosa significa essere bruciati dall'odio.
L'ho sentito e ancora lo avverto in ogni parte del mio corpo, arde, fa male addirittura e mi consuma ogni briciolo di lucidità.
Le vene delle mie mani stanno pulsando e vorrei tanto sbattergli la testa contro la finestra ma decido di rimanere calma.
Se iniziassi una rissa subito dopo essere stata estratta come tributo a Capitol si penserebbe che ho provato a scappare o che mi sono spaventata ed è un atteggiamento da codarda che non posso permettermi.
<Congratulazioni> sogghigna, è ubriaco anche oggi ma la cosa non mi stupisce.
<Sono venuto qui per salutarti> temporeggia un po' prima di riprendere fiato, forse perché è troppo difficile articolare una frase intera nel suo stato o magari semplicemente sta raccogliendo tutte le forze per pronunciare le parole successive <sei mia figlia comunque>
<Non lo sono più da quando hai ucciso mamma>
"Incidente" lo hanno chiamato.
Come se la testa di mia madre si fosse spaccata veramente perché era caduta dalle scale, un incidente, un tragico incidente ripetevano i medici.
Ma io lo avevo visto prendere l'attizzatoio e sbatterglielo in fronte.
Dopo quell'avvenimento parlavamo sempre poco e lui inizió a bere, perse il lavoro e il rispetto che gli altri avevano nei suoi confronti.
<Tu non puoi capire Lexa, ancora oggi non capisci niente> fa una pausa e poi continua a parlare guardandomi negli occhi, una delle prime volte dopo quella terribile notte < A volte facciamo cose spaventose perché sono le uniche che ci possono risolvere una situazione, anche se fa schifo e non è "giusto"> mima l'ultima parola con le virgolette e accompagna il gesto con un smorfia.
Ha sempre odiato il concetto di giusto e sbagliato, è convinto che non esistano solo il bianco e il nero ma miliardi di sfumature che cambiano a seconda del punto di vista.
Mi ero ripromessa di non parlargli ma fallisco cadendo nelle sue provocazioni < E dimmi, spaccarle la testa che cosa ha risolto?>
sorride macabro e mi si avvicina, puzza di alcool e ha i vestiti completamente strappati, non so da quanto non li lavi e non posso neanche immaginare da quanto tempo non si guardi allo specchio, forse da così tanto tempo che si é dimenticato tutto ciò che era e tutto ciò che ha fatto.
<Il mio onore> sussurra.
<Onore> ripeto guardandolo con disgusto <non hai mai avuto un briciolo di onore e ogni tuo gesto non fa altro che confermarlo>
<Tu non capisci!> Urla poi di ricompone immediatamente <mi tradiva, e le persone lo erano venute a sapere, cosa avrei dovuto fare? Lasciare che si scopasse il fratello del sindaco senza fare nulla?>
Mi sembra fosse dicembre, ero arrivata davanti a scuola ma non ero proprio dell'umore per seguire le lezioni, ho incontrato Hayden mentre tornavo verso casa e lui ha detto che avrebbe fatto un salto in un fiumiciattolo vicino alle cave di minerali.
Non mi sembrava una buona idea fare un bagno con 2 gradi ma lui insisteva e io in realtà non avevo tutta questa voglia di tornare da mio padre, così lo seguì.
Arrivati al lago si svestì, io avevo appena 9 anni e ricordo che lo vidi a torso nudo e iniziai a guardarlo, aveva qualche anno in più di me non avevo mai visto un ragazzo in quelle condizioni.
Lui poi era sempre stato particolarmente bello, anche se ancora giovane i muscoli ancora deboli e non pienamente formati guizzavano sotto la pelle fine e delicata mostrando un corpo atletico e perfettamente rifinito.
<Di solito le ragazze quando mi tolgo la maglia ridono e si coprono il viso> mi disse quasi per coprire quel silenzio imbarazzante che stava aleggiando nella fredda aria lacustre.
<Perché lo fanno?> Chiesi seria.
<Credo siano in imbarazzo>
<Per cosa?>
<Wow Lexa te sei così...diversa> me lo disse come se fosse una cosa positiva e infatti ricordo che mi fece piacere sentirlo dire, sembrava quasi mi stesse mettendo su un piedistallo screditando chiunque non fosse come me.
Entrò in acqua spaccando la sottilissima lastra di ghiaccio che ricopriva il lago e si tuffò dentro, tornò su pochi secondi dopo e ancora il ricordo della sua pelle rossa era impresso vividamente nella mia memoria.
<D-d-devi p-provarlo> disse sbattendo i denti.
Così anche io mi svestì e entrai nel lago, però non tornai su subito.
Una corrente gelata mi aveva trascinata a qualche metro più a destra e chiaramente li in superficie c'era ancora il ghiaccio, quando cercai di respirare non riuscì a tornare su e mi ritrovai bloccata.
Guardando in basso vidi solo del blu, profondo blu che mi inghiottiva e ne ero terrorizzata.
Non avevo più aria, e mi sentivo sprofondare, non avevo mai provato una simile sensazione di smarrimento.
Fino ad ora.
Mia madre tradì mio padre.
Tradì la nostra famiglia.
<Non te lo aspettavi> ringhia lui contento di aver appena frantumato una certezza nel mio cuore, chissà da quanto tempo si teneva dentro questo segreto e soprattutto chissà quanta verità c'era nelle sue parole.
Rimango senza fiato con la volontà di mille domande da porgli ma senza l'effettiva volontà di aprire davvero la bocca.
<Adesso me ne vado Lexa, sappi solo che mi dispiace>
Lo fisso per capire se è sincero e rivedo gli occhi che aveva quando ero bambina, prima che uccidesse la mamma e diventasse violento, quegli occhi che una volta dovevano avermi voluto bene, anche se solo per poco tempo.
<Per me puoi vincere> sussurra alla fine e poi esce dalla stanza.
Rimango ferma, immobile cercando di metabolizzare tutte le informazione e le parole che ho appena ricevuto.
Ed eccoli che arrivano, due pacificatori nelle loro divise luccicanti, mi prendono a braccetto e mi scortano fino al treno.
Un'enorme carrozza bianca con infissi in metallo si staglia di fronte a me, una scala automatica scende per permettermi di salire e poi scompare all'interno del vagone.
Subito vengo portata in una stanza che dovrebbe fungere da salotto, i divani in velluto rosso occupano tutto lo spazio disponibile sotto le finestre e al centro della stanza c'è un lungo tavolo di mogano scuro. Probabilmente è qui che ceneremo.
<Prego accomodati> è la voce del mio mentore <seguimi di quá, Janus e io ti stavano aspettando per cominciare a discutere dei giochi>
Prendo un sospiro e mi avvio nella sua direzione.
Testa sempre alta, schiena dritta e andatura spedita, adesso è il momento di incominciare a giocare.
E giocherò fino alla fine.





Dicembre 2020

THE HUNGER GAMES- ClexaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora