Capitolo 38

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Quando entro in casa noto che c'è una strana tranquillità, poso la mia borsa a terra e prendo un respiro profondo prima di andare da lui. Abbiamo litigato così pesantemente che, se fossi stata un'altra, non sarei tornata neanche per prendere le mie cose. Quando entro nella stanza, tutto mi sarei immaginata di trovare, tutto tranne che quello. Le sue labbra screpolate e violacee sono ferme in un leggero sorriso, la mano attorno a quella bottiglia di vetro, nell'altra una sigaretta quasi del tutto consumata sta bruciando, facendo cadere la cenere sul pavimento. I suoi occhi guardano qualcosa, qualcuno disteso a terra. Quando mi avvicino sento di poter morire. Seth scoppia in una risata, soddisfatto nel vedermi ancora distrutta. Mi inginocchio accanto al corpo senza vita del ragazzo che amo, scuotendolo per le spalle e urlando il suo nome. Ma è inutile.

«Perché l'hai fatto, Seth?»

«Non ho fatto niente, è colpa tua.»

Apro gli occhi di scatto e tiro su il busto. Ho il cuore a mille, il respiro irregolare e le mani di Elijah sulle mie spalle. Mi guarda turbato, spostandomi i capelli dal viso e portando le mani sulle mie guance. La mia mano è sul suo petto, come se stessi cercando di capire se è davvero davanti a me, se è tutto un sogno e se sta respirando.

«Sei qui», sussurro e lui annuisce ancora confuso. Mi avvicino a lui e mi stringo tra le sue braccia.

«Sempre lo stesso incubo?»

«È stato bruttissimo», scuoto la testa piangendo e cercando di togliermi quella scena dalla mente.

Elijah cerca di tranquillizzarmi, prende il mio viso tra le mani e fa incrociare i nostri sguardi.

«Qualsiasi cosa tu abbia sognato, è stato solo un incubo. Devi stare tranquilla, ci sono io con te.»

Scuoto la testa non riuscendo a calmarmi. E se succedesse davvero? Se andasse via anche lui, incolpandomi di tutto? No, non è possibile. Lui non è Seth, lui non è il passato. Elijah è il presente, è diverso ed è migliore. Non mi farebbe mai una cosa del genere, mai.

Mentre questi pensieri mi riempiono la testa, Elijah mi fa sdraiare di nuovo sul letto, sistemandosi accanto a me, con le braccia intorno alle mie spalle.

«Non te ne andare», la mia voce esce rotta a causa dei singhiozzi.

Non mi risponde. Lascia che mi addormenti con l'incertezza del suo silenzio, inconsapevole che il peggio sarebbe arrivato il mattino seguente.



28 dicembre;

Quando mi sveglio Elijah non è al mio fianco. Sono le otto del mattino e il sole sembra essere sorto da poco. Ieri notte non è stato come le altre volte. Quando mi ha tenuta stretta tra le sue braccia, ho sentito come se ci fosse un distacco. Gli ultimi giorni sono stati strani, così diversi dagli altri, così distaccati e vorticosi che quasi mi sembra di star vivendo un'altra relazione con un'altra persona. Elijah è più silenzioso del solito e, quando non lo è, litighiamo. La cosa peggiore è che lo facciamo per le cose più stupide e irrilevanti, cosa che per Elijah non lo sono. Il punto è che so, con certezza, che il suo comportamento non è dovuto allo stress per lo studio. A confermarlo è quello che succede quando vado da lui.

È di spalle quando lo raggiungo in studio, seduto alla scrivania, con la testa tra le mani. Il suo capo è chino sulla superficie di legno, ma non sta guardando libri o appunti. Fissa semplicemente il nulla, allarmandomi.

Mi avvicino e poggio la mani sulla sua spalla, resta fermo e non si volta a guardami. Se c'è una cosa che ho capito di lui è che, quando è nervoso o infastidito, si chiude in questa stanza per isolarsi da tutti e da tutto. Lo sta facendo anche ora e dalla tensione che sento tra di noi, capisco che non vorrebbe che io fossi qui in questo momento.

Sospiro capendo che non vuole parlare, così decido di lasciarlo da solo. O, almeno, è quella la mia intenzione fino a quando non mi richiama. Il tono che usa è sicuro, apparentemente severo, ed io ho paura di quello che sta per succedere.

«Dobbiamo parlare.»

Quando mi volto per guardarlo, lui è già in piedi e mi guarda inespressivo, restando sul posto e distante da me.

«Non funziona», distoglie lo sguardo da me quando lo dice ed io vorrei solo che la smettesse di parlare e fingesse che non è così.

«Elijah..» è l'unica cosa che riesco a dire quando capisco cosa intende dire.

«Non stiamo bene e non intendo come coppia, ma singolarmente. Tu stai male e anche io, finiremo per distruggerci.»

«Cosa?» Le lacrime mi offuscano la vista e quella sensazione di smarrimento si riaccende stringendomi il petto. «Non puoi lasciarmi, mi hai promesso di..»

«Non ti sto lasciando, ho solo bisogno di tempo.» Mi ferma riportando lo sguardo nel mio.

«Tempo? Per cosa, Elijah?»

«Per pensare, riordinare il casino che abbiamo in testa.»

«Non c'è nessun casino», singhiozzo scuotendo la testa.

«Sì, invece. Sai benissimo che abbiamo dei problemi, magari non dovuti direttamente da noi, ma comunque ci sono e vanno affrontati.»

«Quanto tempo?» Tiro su col naso asciugando le lacrime scese lungo le guance.

«Un paio di giorni, a capodanno comunque dovremmo rivederci e chiariremo le cose.»

«Perché non lo fai adesso?»

«Cosa?» Mi guarda confuso mentre continuo a disperarmi pateticamente davanti a lui.

«Lasciarmi, fallo ora. Non torturarmi per quattro fottuti giorni per poi lasciarmi, dillo ora che non mi ami e che non l'hai mai fatto.» Urlo andandogli contro e spingendolo vanamente. Lui non si muove dal posto e mi guarda interdetto.

«Che cazzo stai dicendo? Lo vedi? Questo è uno dei problemi: arrivi a conclusioni affrettate e finisci col sparare stronzate.» Urla a sua volta rimproverandomi, come sempre d'altronde.

«Tu non mi ami.»

«Magari potessi farlo, certe volte vorrei non amarti e fregarmene di quello che pensi o provi. Vorrei non averti mai incontrata a quel fottuto matrimonio ma è successo ed io mi sono innamorato di te nonostante lo schifo che ti frulla in quella cazzo di testa.»

«È per Seth? Per Richard? Perché lo stai facendo?»

Non capisco, davvero non riesco. Il fatto che lui mi stia lasciando o voglia questa maledetta pausa mi fa uscire di testa. Non è giusto che lui mi lasci così, nonostante sappia che è di nuovo un periodo brutto e che ho bisogno di aiuto. Non riesco a credere che stia succedendo davvero.

«Per tutto, è tutto tremendamente troppo.»

Annuisco cercando di calmarmi, paradossalmente a come realmente mi sento. Se il mio passato è un problema, allora perché non mi ha allontanata da subito? Prendo un respiro profondo cercando di raccattare lacrime, delusione e quello che resta di me. Se resto ancora qui potrebbe finire davvero.

Esco dal suo studio e prendo i miei vestiti dalla camera da letto. Mento a me stessa provando a convincermi che va tutto bene e che non è davvero finita. Le tempie mi pulsano e sento che potrei scoppiare ancora una volta se non vado via subito. Cerco di vestirmi il prima possibile e, quando sono pronta, vado in salotto per indossare le scarpe. Elijah esce dal suo studio, seguendomi e fermandosi a pochi passi da me. Mi osserva allacciare le scarpe e indossare il cappotto, io però gli do le spalle perché, se non lo facessi, inizierei di nuovo ad inveirgli contro.

Quando esco da quell'appartamento, lui non mi ferma. 

Golden -Where stories live. Discover now