Capitolo 21

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«Mi stai schizzando tutta!» Esclamo ma lui non la smette di tirare i sassi nell'acqua facendo schizzare l'acqua su di noi.

«Allora continuo», risponde infischiandosi delle mie lamentele.

Prendo da terra una conchiglia, la immergo nel mare facendola riempire di acqua e gliela butto addosso, precisamente in faccia. Scoppio a ridere guardando la sua espressione allibita, mentre lui chiude gli occhi al getto d'acqua inaspettato. Quando li riapre, subito dopo, mi guarda serio, per nulla divertito, e la mia risata si placa quando capisco che ho esagerato.

«Scusa», gli dico avvicinandomi e allungando la mano verso il suo viso per asciugarlo. Neanche il tempo di toccarlo che mi prende in vita e mi alza sulla sua spalla a mo' di sacco.

«Elijah! Lasciami!» Urlo scoppiando a ridere e dandogli colpi sulla schiena.

«Ora ti butto in mare», mi dice facendomi dimenare.

Siamo in piedi, su uno scoglio e probabilmente finirà male se non mi mette giù.

«Non puoi farlo. Mi verrebbe la febbre e ti sentiresti in colpa.»

«Chi ti ha detto questa stronzata?» Chiede mentre io provo a scendere da lui.

«Lo dico io, so che non lo faresti perché mi vuoi bene», lui mi fa scendere dalla sua spalla e mi guarda con le sopracciglia alzate.

«Per questa volta ti sei salvata.»

Alzo gli occhi al cielo sciogliendomi i capelli dalla coda, ormai rovinata, e li raccolgo di nuovo aggiustandoli. Elijah continua a guardarmi, con un leggero sorrisetto sulle labbra, a pochi passi da me.

«Ho delle ciocche fuori posto?», gli chiedo toccandomi il capo.

«No, stai bene», mi sorride prendendomi la mano e avvicinandomi a sé.

Gli cingo il busto abbracciandolo, lui mi tiene stretta con il braccio destro e, con la mano sinistra, mi accarezza la guancia. Poggio la testa su suo petto e, onestamente, non so cosa sia meglio, se il rumore delle onde del mare o il battere del suo cuore quando mi tiene stretta tra le sue braccia.

Mi lascia un bacio sulla tempia, poi scende lasciandone un altro sullo zigomo. Alzo il volto verso di lui, mentre continua a lasciarmi dolci baci sulla guancia. Mi avvicina di più il viso mettendo le dita sotto al mio mento. Non posso fare a meno di trattenere il respiro quando, dolcemente e a fior di labbra, bacia l'angolo della mia bocca. Apro gli occhi incrociando lo sguardo con il suo che, per tutto in tempo, non ha smesso di guardarmi. La punta del mio naso sfiora la sua, e a me risulta difficile distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Eppure lo faccio, sono costretta a scostarmi da lui quando qualcosa mi colpisce dritto la faccia. Istintivamente porto una mano sul mio viso, massaggiandomi la pelle dolorante a causa dell'urto improvviso. Elijah mi guarda con uno sguardo misto tra l'esterrefatto e l'incazzato. Contemporaneamente spostiamo lo sguardo verso l'oggetto che mi ha colpito: è un pallone, precisamente da basket. Chi è che gioca con un pallone da basket in spiaggia?

Un ragazzo corre nella nostra direzione e, quando ci raggiunge, il suo viso mostra tutto il dispiacere per ciò che è appena successo.

«Mi spiace tantissimo, stai bene?» Dice raccogliendo il pallone da terra.

«L'hai fatta male, testa di cazzo.» Sbotta Elijah facendo un passo, minaccioso, verso il ragazzo. Due amici di quest'ultimo, vedendo il ricciolo incazzato e pronto ad agire, si avvicinano a noi cercando di capire la situazione.

«Non era mia intenzione, stai calmo.»

«Tranquillo. Cerca solo di stare più attento, ci sono dei bambini.» Provo a concludere e a tirare Elijah per il braccio.

Il ragazzo si scusa ancora, mi rivolge un ultimo sguardo e, con i suoi amici, va via. Elijah si volta verso di me con uno sguardo corrucciato.

«Ti fa male?»

«Non più», scuoto la testa guardandolo. «L'hai spaventato.» Lo rimprovero incrociando le braccia al petto.

«Se fosse stato più attento non ti avrebbe colpito. Era una cazzo di palla da basket, Oralee, se ti avesse preso dietro la nuca, avresti perso i sensi.» Dice gesticolando ed io sospiro.

«Non è successo però.»

Lui sbuffa alzando gli occhi al cielo ed io, vedendolo scocciato, mi avvicino e mi allungo alla sua altezza lasciandogli un bacio sulla guancia.

«Andiamo a casa? Inizia a fare freddo.»

Quando siamo in macchina non accende la radio, quindi ci penso io a farlo. È silenzioso, non che mi sorprenda, ma è un silenzio strano. È come se stesse riflettendo su qualcosa, con un braccio teso verso il volante e l'altro piegato e poggiato al finestrino. Osserva la strada, con un'apparente concentrazione, ed io non ne posso più di quel silenzio. Ho mal di testa ma voglio comunque sentirlo parlare, ascoltare la sua voce anche se mi prende in giro.

«Che hai, Elijah?» Lui sposta velocemente lo sguardo su di me per poi riportarlo sulla strada.

«Entro domani devo tornare a Dalmwin. Avevo chiesto un cambio di turni in palestra ma solo per questi pochi giorni.»

Annuisco voltandomi a guardare il finestrino. Andrà via, mi lascerà qui a St David's ed io non posso costringerlo a restare. Me lo aspettavo, in realtà, perché giustamente lui ha cose più importanti a cui badare. Però ho davvero bisogno di lui, accanto a me, ed il solo pensiero di tornare a stare da sola mi soffoca completamente. Stringo le mani in due pugni e mi mordo il labbro pur di non esplodere.

«Va bene», mento fingendo che mi vada bene e cercando di convincere più me che lui.

Se lui andrà via, sono sicura che Seth si farà nuovamente vivo ed è ciò che più temo. Rivederlo ancora in giro per casa, tormentandomi e colpevolizzandomi per qualcosa che non ho fatto, non è ciò di cui ho bisogno in questo momento. Impazzirei, più di quanto non lo sia già, e non sono sicura di riuscire a chiedere di nuovo aiuto. Per quanto Elijah mi stia aiutando, non credo riuscirà mai a cacciare via i miei fantasmi. Anche se, quando sono con lui, riesco a trovare la forza per respingerli.

Elijah accosta improvvisamente la macchina alla sosta autostradale, ma io continuo a non guardarlo. Non riuscirei a reggere il suo sguardo e a mostrare il mio appannato dalle lacrime. Nonostante la mia indifferenza, lui mi prende il viso tra le mani e mi costringe a guardarlo, io però punto lo sguardo verso il gancio della cintura di sicurezza pur di non incontrare il suo.

«Oralee, smettila di pensare troppo. Verrai con me, non ti lascerò sola qui.» Dice asciugando una mia lacrima con il pollice. Annuisco, vorrei tanto obiettare ma comunque lui non me lo lascerebbe fare tanto è testardo.

«Sono un idiota», mi rimprovero alzando gli occhi al cielo.

«Un po' si.»

Golden -Where stories live. Discover now