Capitolo 33

264 15 5
                                    

24 dicembre;

Quando apro gli occhi è ancora buio. Elijah dorme tranquillo, girato dall'altra parte del letto. Mi alzo e, a passo leggero, mi avvicino al mio cappotto posto sulla sedia per prendere il cellulare. Sono le sei del mattino del 24 dicembre, quindi è la vigilia di Natale e oggi Elijah parte per Holmes Chapel. 

Mi volto a guardarlo, è così bello anche quando dorme. Siamo entrambi ancora nudi e la stanza, rispetto a ieri notte, è più fredda. Afferro gli slip da terra e una felpa dall'armadio di Elijah indossandoli, poi vado in cucina e mi preparo del latte caldo, con la speranza di riscaldarmi un po'. Quando è pronto, lo verso in una tazza e mi siedo sulla poltrona.

Ieri notte è stato bellissimo, una delle notti più belli della mia vita. Se ripenso al modo in cui mi ha toccato, le parole che mi sussurrava, inevitabilmente sorrido e sento un formicolio allo stomaco. Non mi è mai successo di provare un sentimento del genere per una persona. Con Seth era diverso, non era amore. Il nostro rapporto era così instabile a causa di tutte le decisioni sbagliate che prendeva e in cui mi coinvolgeva. All'inizio ero davvero invaghita di lui, ero così piccola e pensavo che quello fosse amore. Crescendo ho capito che ero solo stata intrappolata in quella relazione, che mi sentivo costretta a stare con lui perché lui non aveva nessuno, a parte me. Elijah, invece, è un raggio di sole. L'ho aspettato per così tanto tempo, è arrivato senza che mi accorgessi di nulla e sono così grata che lui faccia parte della mia vita.

È lui a distogliermi dai pensieri, quando entra in salotto con uno sguardo quasi perso mentre si guarda intorno. Ferma lo sguardo su di me appena mi vede, ha i capelli scompigliati e indossa solo dei pantaloni di tuta grigi. Si avvicina a me corrugando la fronte.

«Hai avuto un incubo?» Chiede abbassandosi alla mia altezza, io scuoto la testa negando. «Da quanto sei sveglia?»

«Mezz'ora, credo.»

Annuisce per poi rialzarsi e avvicinarsi alla cucina. Si prepara anche lui del latte e quando è pronto torna da me per sedersi sulla poltrona accanto. Sorseggia la sua bevanda, con lo sguardo puntato verso la finestra della stanza. Oggi nevica, non pesantemente come nei giorni precedenti, ma abbastanza da innevare di un sottile strato gli alberi spogli che decorano la strada.

«A che ora vai via?» Chiedo interrompendo quel silenzio, Elijah si gira a guardarmi.

«Verso le undici.»

Annuisco alzandomi per andare a posare la tazza nel lavello. Non ho finito il mio latte ma non importa, ormai si è freddato. Raggiungo la camera da letto e inizio a raccogliere i vestiti sparsi per terra.

«Oralee?» Mi volto di scatto verso di lui, non l'ho sentito arrivare. Lo osservo posare la tazza sul mobile accanto al letto e avvicinarsi, poi, a me. «Stai bene?»

«Sì, perché?» Lui scuote la testa alzando le spalle.

«Cosa stai facendo?»

Ho un nodo in gola, non riesco a parlare e a pensare che cosa dire. Che sto facendo? Sto scappando da lui perché affrontare quel discorso farà male, troppo male.

«Sto prendendo le mie cose», la mia voce esce flebile mentre cerco di deviare il discorso.

«Non fare la finta stupida, sai cosa intendo. Pensavo fossi andata via, quando mi sono accorto che non eri più a letto.»

Distolgo lo sguardo sentendomi stupida. Ogni singola volta provo a nascondergli qualcosa e ogni singola volta non ci riesco. Mi conosce troppo bene, sa esattamente cosa ho intenzione di fare, cosa sto facendo o cosa farò.

«Ieri notte mi hai chiesto di non parlare, non l'ho fatto perché eravamo entrambi stanchi e io avevo troppa paura che mi lasciassi in quello stesso istante.» Corrugo la fronte e alzo lo sguardo verso il suo.

Golden -Where stories live. Discover now