Capitolo 3

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2 ottobre;

Quando mi sveglio e apro gli occhi i raggi del sole riflettono su di essi così sono costretta a chiuderli e a girarmi dall'altra parte pur di non accecarmi. Controllo l'orologio: sono le tre del pomeriggio. Scosto le coperte e noto che ho ancora il vestito addosso. Ieri siamo tornati tardi dal matrimonio e non avevo neanche la forza per spogliarmi. Mi tolgo il vestito e mi chiudo in bagno per farmi una doccia.
Oggi inizia la pausa autunnale all'accademia e, come sempre, la passerò qui con i miei. Quando ho finito mi asciugo e mi vesto. Sono pochi i vestiti che ho qui, ho lasciato quasi tutto a St David's. Fortunatamente ho tutti vestiti comodi e non perdo tempo a decidere cosa indossare. Infilati i leggings e la felpa decido di scendere giù in cucina per mangiare qualcosa. Keith, ovviamente, è in viaggio di nozze e sono sola in casa. Mia madre ha lasciato un biglietto avvisandomi che sarebbe andata ad aiutare mio padre in caffetteria. Butto la cartaccia nella pattumiera e mi preparo del latte con i cereali. La giornata la trascorro così, oziando e provando a cacciare via i pensieri.

Per le diciotto i miei fanno rientro. Li saluto restando sul divano a guardare la televisione.

«Come va?» Mi chiede mio padre affiancandomi e afferrando il giornale. Non rispondo ma alzo le spalle. Lui mi osserva per poco e poi torna a guardare il giornale sospirando.

«Che ne dici se, in questa pausa, mi vieni ad aiutare in caffetteria?»

«Non hai dei camerieri?» Chiedo scocciata.

«La settimana scorsa Marie si è licenziata, è incinta. In pratica ho solo un ragazzino che può lavorare solo il pomeriggio e mi resta James che però non può muoversi da dietro al bancone. Finché sei qui a Dalmwin potresti distrarti un po' lì, non ti farebbe male. Ti darò la paghetta.» Mi spiega provando a convincermi.

«Va bene», concludo spegnendo la televisione.

Mia madre irrompe del salotto con uno straccio tra le mani.

«Oralee, va bene per te se stasera cucino il tacchino?» Mi chiede guardandomi.

Annuisco anche se, se potessi, le urlerei ricordandole che io odio il tacchino. Ma non ne ho voglia, non ne ho forza. Lascio perdere e le chiedo se ha bisogno di aiuto. Lei mi dice che non ne necessita e che riesce da sola. Esco dalla cucina e torno in camera mia.

Quando chiudo la porta alle mie spalle, sento il mio corpo quasi crollare. È come se i miei arti fossero fatti di gelatina. Mi lascio andare lungo la porta sedendomi poi a terra. Mi mordo le labbra in modo così forte che sento la pelle ferirsi sotto i miei denti. Stringo le mani in due pugni cercando di trovare quanta più forza per non urlare. Scoppio a piangere e porto istintivamente la mano alla bocca pur di non farmi scoprire. Gattono verso il letto salendoci sopra e coprendomi con le coperte fin sopra alla testa. Non potrei mai mostrarmi così. A nessuno. Mi sento così stupida quando esce fuori la vera me, quella ferita, superstite ma pronta a lasciarsi andare. Non voglio che gli altri sappiano come realmente sto. Non voglio vedere neanche un briciolo di rammarico negli occhi di chi mi conosce. Non ne ho bisogno. Ho già troppo rancore in me che mi sta prosciugando man mano. Afferro il cellulare, digito il numero, avvicino l'oggetto all'orecchio e aspetto. Sto tremando mentre continuo a piangere sapendo che lui non risponderà.

Ciao, sono Seth. Non posso rispondere in questo momento, richiamami più tardi!

Attacco la chiamata e riprovo ancora tre volte. Ho così bisogno di vederlo, sentirlo e la sua voce elettronica è l'unica cosa che posso avere. Poi mamma mi chiama. Attacco, asciugo le lacrime e scosto le coperte. Mi precipito velocemente alla porta della mia camera e la chiudo a chiave prima che lei riesca ad aprirla. Pochi secondi dopo la sento bussare alla porta.

«Oralee, dopo puoi portarmi l'abito che hai indossato ieri? Lo devo portare in lavanderia.»

Mi allontano dalla porta tirando su col naso. Alzo gli occhi al cielo ed inspiro più che posso.

«Va bene», dico alzando la voce come per paura che essa possa incrinarsi.
Sento mia madre allontanarsi e torno a respirare. Non mi sono neanche accorta di aver trattenuto così tanto il respiro. Vado in bagno e mi sciacquo il viso per poi guardarmi allo specchio. I miei occhi sono decisamente stanchi nonostante io dorma sempre e le mie labbra sono sporche di sangue. Le sciacquo, le tampono con l'asciugamano e metto del burrocacao per evitare che esca altro sangue. Esco dal bagno e mi siedo sul letto. Fisso il vestito poggiato sulla sedia, lo faccio per molto perché vengo scossa dal battere della porta. È mio padre che mi avvisa che la cena è pronta. Gli dico che sto per raggiungerli. Prendo un respiro profondo, mi alzo, afferro l'abito ed esco.

Golden -Where stories live. Discover now