Capitolo 15

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22 novembre;

La radio fa da sottofondo per tutto il viaggio. Ho la testa poggiata al finestrino e guardo gli alberi fuori dall'autostrada sfrecciare accanto a noi. Elijah sta guidando, non me l'ha lasciato fare perché ieri notte ho dormito poco.
Siamo rimasti a parlare fino a tarda notte. Mi ha continuato a parlare dell'America e di tante altre cose così sconnesse tra di loro, ma l'ha fatto per distrarmi e per calmarmi dal tumulto causato dall'attacco di panico.

Abbiamo riso, scoperto di aver frequentato lo stesso asilo, mangiato jelly beans, guardato altri scatti sulla sua fotocamera e, prima di ogni cosa, siamo stati bene. Sapevo che la sua compagnia non mi sarebbe dispiaciuta. Sa sempre cosa fare e come agire in certe e tutte le situazioni. Elijah mi fa bene, ma non potrei mai dirglielo.

Siamo quasi arrivati a Bristol quando decidiamo di accostare nello stesso parco in cui ci siamo fermati il primo giorno. Scendo dalla macchina e, dopo averla chiusa, Elijah mi affianca ed entriamo in quell'area. Non è cambiato nulla, forse c'è meno fauna a causa della tempesta dei giorni precedenti.

«Oralee, hai fame?» Mi chiede ed io annuisco, «C'è un chiosco lì in fondo, possiamo prendere qualcosa lì.»

«Va bene.»

Quando raggiungiamo il chiosco, Elijah mi chiede cosa voglio. Prendiamo due bagels e dell'acqua, questa volta pago io.

«Potevi lasciar pagare me, non mi sarei offeso», commenta addentando il suo bagel.

«Hai speso non so quanto in questi giorni, probabilmente ti ho messo al verde», dico sedendomi su una panchina.

«Sei un'idiota.» Sbuffa continuando a mangiare.

«Io? Credevo fossimo d'accordo almeno su questo: che tra me e te, l'idiota sei tu.»

Elijah ride ed io non posso fare a meno di sorridergli.

«Mi mancherà sentirtelo dire», ammette guardando la distesa di prato davanti a sé.

«Mi mancherà dirtelo.»

Un'ora dopo superiamo il confine di Bristol, quindi siamo a circa quaranta minuti da Dalmwin. Elijah continua a guidare ed io continuo a guardarlo mentre se ne sta tranquillo con le mani sul volante.

«Quindi la prossima volta che ci rivedremo sarà Natale?»

«Non credo di tornare a Dalmwin per Natale, non lo faccio mai.» Ammetto poggiando la testa sul sedile.

«Potresti fare uno strappo alla regola», suggerisce abbassando il volume della radio.

«Non lo so Elijah, non credo.»

«Forzi continuamente te stessa, Oralee. Non te ne rendi conto ma ti fai del male. Scappi continuamente, è come se stessi cercando di andare lontano ma non sai come farlo e non ci riesci.»

«Non ho bisogno dei tuoi rimproveri, Elijah. Ci penso già da sola a quelli.» Sbotto irritata e incrociando le braccia al petto.

«Lo sai che non ti sto rimproverando, quindi smettila tu di rigirare la colpa.» Risponde con fare borioso e, se potessi, lo lascerei in macchina a continuare a prendersela inutilmente.

«Certo.»

«Oralee, smettila. Hai ventidue anni, non diciassette. Sai che ho ragione, ammettilo e lascia che ti aiuti.», continua ed io vorrei che la smettesse.

«Non voglio l'aiuto di nessuno, chiudiamo questo discorso.»

C'è un qualcosa di malinconico in quel ritorno, qualcosa di così reale da essere crudele. Sentirò la sua mancanza e, più di tutto, sentirò la mancanza di me stessa quando sono con lui. Il nimbo che lo circonda mi attira a sé quando siamo insieme, spingendo via ogni insicurezza e lo sconforto che mi trascino dietro. E la malinconia non può che aumentare quando ritorno alla consapevolezza che per lui, non è così. Lui forse tornerà da Chrystal, tornerà a Dalmwin o forse a Londra, dimenticandosi di ciò che abbiamo fatto insieme in questi giorni, inconsapevole del bene che mi fa.

«Oralee», mi richiama.

«Che c'è?»

«Promettimi che starai bene», porta lo sguardo su di me una volta parcheggiato.

Siamo arrivati, siamo davanti a casa sua ed io neanche me ne sono accorta. Sposto lo sguardo dalla strada a lui, che continua ad osservarmi aspettando una risposta.
Sospira e scende dalla macchina seguito da me. Prende il borsone dai sedili posteriori, lo poggia sul marciapiede e chiude la portiera.
Poi torna a guardarmi ed io vorrei solo che mi chiedesse di restare.

«Ci proverò», dico ma è come se stessi convincendo me stessa, non lui.

Elijah si avvicina a me e, senza che dica nulla, mi attira tra le sue braccia. Poggio le mani dietro alla sua schiena e chiudo gli occhi sperando che questo momento possa durare per sempre. Abbassa il viso verso il mio e mi lascia un morbido bacio sullo zigomo.

«Chiamami se ne hai bisogno», ci allontaniamo e lui afferra il borsone da terra.

Annuisco spostandomi una ciocca dal viso e mi volto andando dal lato del guidatore. Non mi fermo ancora a guardarlo, semplicemente salgo in macchina e parto velocemente.
In pochi minuti lascio Dalmwin e, con lui, un pezzo del mio cuore. 

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