Capitolo 30

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22 dicembre;

«Possiamo andare a comprare qualcosa. I negozi chiudono più tardi oggi, qualcosa dovrebbe essere rimasta.»

Sono sdraiata sul letto di Elijah mentre lo vedo sistemare sbadatamente dei pantaloni nel suo armadio. Domani ci sarà la festa ed io non ho nulla da mettere anzi, mi correggo, mi sta tutto piccolo. I pochi vestiti che ho nel mio armadio, cioè tre, risalgono a quando avevo diciotto anni e dieci chili in meno. Crescendo, il mio peso è aumentato e ora ho più forme di quante ne avessi da adolescente.

«No, proverò a farmi entrare qualcosa. Nei peggiori dei casi non verrò.»

«Non provarci nemmeno, ti voglio con me domani.» Mi indica raggiungendomi sul materasso.

Sospiro chiudendo gli occhi, oggi sono davvero stanca perché ieri notte non ho dormito bene. Ho avuto un altro incubo, solo che non ricordo cosa ho sognato e forse è meglio così. Fatto sta che sono rimasta sveglia dalle quattro fino all'alba, aspettando di poter uscire di casa e distrarmi a lavoro.

«Stanotte non hai dormito, vero?»

Apro gli occhi e lo vedo guardarmi preoccupato. Scuoto la testa e lui sospira, stendendosi poi accanto a me.
Stende il braccio, mi ci fa poggiare la testa sopra. La mia mano finisce sul suo petto e lui incrocia le gambe con le mie.

«Potevi chiamarmi, ti sarei venuta a prendere.»

«Non avrei comunque dormito, lo sai.» Alzo lo sguardo per incontrare il suo. Lui mi guarda ma il suo sguardo è perso, come se stesse pensando a qualcosa.

«Secondo te dovremmo dirlo alle nostre famiglie?»

Quella domanda mi spiazza, non riesco neanche a formulare una risposta certa.

«Perché dovremmo? Non eravamo d'accordo sul fatto di concederci tempo?»

«Sì, lo so. Il fatto è che mi sento un clandestino ogni volta che ti vengo a prendere, nel cercare di non farmi vedere. Poi Connor inizia a sospettare qualcosa.» Sgrano gli occhi e mi alzo di busto per ascoltare meglio.

«Che stai dicendo?»

«L'appartamento era suo, quindi ha ancora la copia delle chiavi e ogni tanto si presenta senza preavviso. Comunque l'altro giorno ha visto i tuoi vestiti.»

«Avresti potuto dire che erano tuoi, o della tua ex ragazza.» Corrugo la fronte confusa e mi mordo la lingua quando accenno a Chrystal.

«Non porto le ragazze che frequento a Dalmwin e io non indosso le mutandine

Potrei scommettere di essere diventata un peperone. Ecco perché aveva sistemato le mie cose nel cassetto, Connor le ha viste ed Elijah ha cercato di non fargli fare altre domande.

«E cosa ti ha detto?» Cerco di sviare il discorso e di non accennare più al mio intimo.

«Nulla, era perplesso.» Ride alzandosi per avvicinarsi a me. «Comunque hai ragione, è meglio se per ora teniamo questa cosa per noi.»

Gli sorrido, spostandogli i capelli all'indietro tirandoli leggermente. Lui si sporge verso di me e mi bacia.



23 dicembre;

Oggi è venerdì 23 dicembre, ciò vuol dire che stasera ci sarà quella festa. A lavoro la giornata procede tranquilla, devo sostituire di nuovo Richard che sta ancora male e non se la sente di tornare in caffetteria. Non mi dispiace onestamente, comunque sarei rimasta al Beachwood fino alla chiusura. È l'ultimo giorno lavorativo prima delle vacanze natalizie e abbiamo deciso di chiudere in anticipo perché comunque la clientela è poca. Elijah oggi non è venuto, nel messaggio che mi ha mandato dice che è andato a ritirare la chitarra per William, aggiungendo che mi sarebbe venuto a prendere nel pomeriggio così da stare un po' soli, prima di andare a Swindon. Quando torno a casa è ora di pranzo, così aiuto mia madre a preparare la tavola per pranzare.

«Oralee, vai a chiamare tuo padre in salotto.» Faccio ciò che mi dice e torno subito in cucina.

A tavola i miei parlano di lavoro e accennano ad altre cose, persone e situazioni che non posso capire perché sono stata via per troppo tempo. Mi limito a stare in silenzio e a finire quello che c'è nel mio piatto.

«Oggi pomeriggio vado a casa di Lia, credo che resterò a dormire da lei.»

I miei genitori si voltano a guardarmi quando parlo interrompendoli nel bel mezzo della conversazione. Mio padre annuisce, mia madre sorride leggermente.

«Dovresti farla venire a cena da noi, qualche volta.» Propone mia madre e quasi mi strozzo con l'acqua che sto bevendo. Annuisco distrattamente senza aggiungere altro, finendo il prima possibile le verdure nel mio piatto per potermi alzare da tavola. I miei tornano alla loro conversazione mentre io, appena finisco di mangiare, mi alzo da tavola posando il piatto e le posate sporche nella lavastoviglie. Sono le due del pomeriggio ed Elijah passerà a prendermi alle quattro, quindi deciso di iniziare a sistemare le cose che mi servono in borsa. Tra i vestiti che ho, metterò uno rosso che sembra essere l'unico a chiudersi senza soffocarmi. È corto, le maniche sono lunghe ed è aderente in vita per poi cadere leggero sui fianchi. C'è una piccola scollatura sul seno, ma nulla di esagerato altrimenti rischierei di congelare. Non è molto, ma me lo farò bastare. I tacchi che scelgo sono lucidi e neri ma, soprattutto, non sono miei. Li ho fregati dalla stanza di Keith, probabilmente li ha dimenticati qui quando se n'è andata. Quando ho messo ciò che mi serve nella borsa, mi chiudo in bagno per fare la doccia e darmi una sistemata. Lavo i capelli e passo il rasoio cercando di essere meno sbadata possibile e di non tagliarmi come faccio sempre. Quando ho finito mi asciugo i capelli ed infilo dei jeans e un maglione.

Sono qui fuori.

Appena leggo il messaggio, afferro le mie cose e scendo al piano inferiore. Indosso il cappotto e saluto i miei prima di uscire di casa. Elijah ha parcheggiato, come sempre, poco più lontano da casa mia. Quando entro in macchina mi sembra che faccia più freddo di quanto ne faccia in strada. Elijah è incazzato, lo si capisce dal viso corrugato e dalla mascella serrata.

«Cos'è successo?» Chiedo, lui scuote la testa e inizia a guidare. Stringe il volante con la mano destra, mentre con quella sinistra si tortura i capelli dalle radici. Continuo a guardarlo, aspettando che risponda ma non sembra volerlo fare.

Solo quando entriamo in casa lo vedo più rilassato, anche se è visibilmente infastidito. Lascio andare la borsa a terra e mi avvicino a lui prendendogli il viso tra le mani costringendolo a guardarmi.

«Parlami», gli accarezzo la guancia cercando di addolcirlo. Le sue mani finiscono sulla mia vita, avvicinandomi a sé facendo scontrare le nostre labbra. Il bacio è urgente, riesco a sentire la sua frustrazione sulle sue labbra. Mi stacco, non può fuggire dalla mia domanda in quel modo.

«Ho avuto una discussione con mio padre», sospira parlandomi.

«Peter o Jack?»

«Jack.»

«Ti va di dirmi il motivo?» Lui scuote la testa ed io lascio stare. Quando vorrà aprirsi, lo farà. Mi alzo sulle punte e lo bacio, cingendo il suo collo con le braccia e sentendo le sue mani stringermi al suo petto.

«Hai dormito stanotte?» Chiede come da routine.

«Sì, fortunatamente...», rispondo guardandolo. «Alcune volte sei peggio di mia madre.» Alzo gli occhi al cielo sorridendo.

«Lo sai perché lo faccio.»

«Sì, lo so.»

Mi allontano da lui prendendo la borsa da terra dicendogli che devo cacciare il vestito o si stropiccerà. Così faccio una volta in camera sua, sistemando il vestito sul bordo del letto. Elijah mi raggiunge in stanza affiancandomi, alza le sopracciglia osservando il vestito sul letto, poi si gira a guardarmi confuso.

«Che c'è? È brutto?»

«No, è che non sembra nel tuo stile.» Spiega continuando a guardare e toccando il tessuto dell'abito.

«Perché mi vedi sempre in tuta o jeans.»

«Allora mi riterrò fortunato stasera a non vederti con i pantaloni addosso.»

Porto istintivamente le mani sul viso e scoppio a ridere alla sua affermazione. L'ha detto senza intenzioni maliziose, ecco perché gli ci vuole un po' prima di elaborare le sue stesse parole. La sua risata si unisce alla mia, mentre mi prende i fianchi e si butta di peso sul letto tirandomi con sé.

Quantoamo questo idiota.

Golden -Where stories live. Discover now