16. Riunione di condominio

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"Eijiro, io non capisco cosa diamine stai macinando in quel cervello! Ti dispiacerebbe illuminarmi una volta per tutte?!"

Il mal di testa aveva appiccato il fuoco sulle mie tempie. La voce stridula di Mina continuava ad alzarsi, risuonando fitta nel silenzio dei corridoi vuoti dei dormitori della scuola.
L'orologio stava per segnare le dieci di sera ed io ero tornato da nemmeno un'ora dal tirocinio, stanco morto come al solito.

"Mina, smettila di strillare. Se svegliassimo Bakugo sarebbe un disastro."

"Io non ho paura di quell'imbecille, Eijiro, e nemmeno tu. Stai continuando a tergiversare e non capisco perché non vuoi parlare con me. Ti sei ficcato nei guai?! Hai combinato qualcosa?"

La sua apprensione accese in me un doloroso pizzicorio, quello del senso di colpa, quello che conosceva bene il motivo della sfuriata.

Il mio mal di testa non ne volle sapere di placarsi ed io riuscii soltanto a restare impalato sull'uscio, con il necessario per la tinta ancora in mano, conscio del fatto che avrei dovuto aspettare un altro giorno per mettermi a posto i capelli.

Feci fatica a ricordare come arrivammo a urlare nel bel mezzo del corridoio.
Mina aveva semplicemente bussato alla mia porta per sapere con chi mi sarei presentato al ballo di fine anno. Mai avrei pensato che la notizia della mia auto esclusione dall'evento avrebbe portato ad una discussione.

"Allora, vuoi proferire parola sì o sì?!"

L'ennesimo strillo mi arrivò dritto al cervello, scuotendomi come una scossa elettrica.
Ero a un passo dal perdere la pazienza.

Con un inaspettato gesto di stizza spalancai la porta della mia camera, spostandomi dall'entrata.

"Forza, entra."

Vidi, forse per la prima volta in vita mia, Ashido titubare di fronte alla mia brusca reazione.
Dopo qualche secondo però si riprese, varcando la soglia e sedendosi direttamente sul mio letto, con le braccia rosa incrociate sul petto in attesa di spiegazioni.

Richiusi la porta alle mie spalle, voltandomi verso la mia migliore amica e sospirando sonoramente.
Cercai di mantenere la calma. Era un'impresa ardua quella di riuscire a farmi uscire dai gangheri, ma Mima quella sera riuscì ad andarci davvero vicino.

"Ultimamente sono solo un po' stanco. Perché fatichi così tanto a capirlo?!"

Il suo sguardo si assottigliò. Gli occhi neri celavano una, neanche tanto velata, affilatissima accusa. 'Smettila di sbattermi fuori dalla tua vita', stavano urlando. Ed io non avrei saputo in alcun modo reggere quel confronto, né giustificare il mio comportamento da coniglio del cazzo.

"Puoi prendere per il culo chiunque, Eijiro, ma non la sottoscritta."

Sospirai ancora, appoggiando esausto la nuca al legno rovente della porta. Quella era davvero un osso duro, e non avrebbe mollato la presa, per niente al mondo.
Ma come avrei potuto vuotare il sacco?
Come avrei potuto soltanto pensare di raccontarle la verità?

Ti giudicherà.

Non ero pronto per dichiarare al mondo di essere gay. Forse non lo ero nemmeno per ammetterlo di fronte a nient'altro che me stesso.
Ma soprattutto, non ero pronto a lasciar gravare sulle mie spalle il peso delle reazioni dei miei amici, gli unici che avevano sempre creduto davvero in me, anche nel momento in cui persino io mi ero dimenticato come si facesse.

Cosa avrebbero pensato?

Riderebbero di te.

Il più virile degli eroi, nient'altro che gay.
Crimson Riot sarebbe probabilmente rimasto disgustato di fronte al suo fan numero uno.

A voce bassa - Kiribaku/BakushimaWhere stories live. Discover now