10. Sapore di casa

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"Eijiro, vuoi spiegarmi cosa diavolo ti prende ultimamente?"
Mina era arzilla come al solito. Sembrava un grillo  impazzito mentre saltellava in piedi davanti a me intenta ad armeggiare con la mia chioma.

La sua stanza rosa shock aveva già il tappeto macchiato da qualche schizzo rosso, ed avevamo cominciato da nemmeno cinque minuti. Ero seduto a gambe incrociate lì sopra.

Sospirai, tenendo lo sguardo sulla punta dei miei piedi.

"Pronto?! Ti ho appena fatto una domanda!" la ragazza stava tirando una ciocca dei miei capelli come se stesse giocando al tiro alla fune. Vi spalmò un'ingente quantità di tinta rosso cremisi sopra, utilizzando il suo solito vecchio pennello zebrato, che conoscevo così bene.

"Mina, caspita, fai piano! Mi fai male!"

La Rosa alzò gli occhi e sbuffò sonoramente, tirando indispettita la ciocca che aveva in mano ancora per un po'.
"Allora rispondimi."

Un groppo in gola mi impedì di parlare ancora.
Erano ormai tre giorni che mi sentivo uno straccio. Le parole di Bakugo mi avevano sottratto parecchie ore di sonno e una bella fetta di lucidità.

Insignificante.
Non riuscivo in nessun modo a levarmi l'aggettivo dalla testa. Aveva scavato in me un solco profondo, generato un perpetuo ronzio fisso nelle mie orecchie che non ne voleva sapere di andarsene.

La prima notte fu un disastro, ma già dal secondo giorno cominciai a convivere con il dolore, non era la prima volta che succedeva; d'altra parte, avevo attraversato periodi ben peggiori. Quella era soltanto l'ennesima stupidissima ricaduta.

Mi trascinavo a lezione ed agli allenamenti invogliato soltanto dall'intenzione di non far preoccupare i miei amici, i quali continuavano a credere che facessi le ore piccole a causa di qualche incontro segreto con chissà quale misterioso studente della UA.
L'unica ad aver intuito che qualcosa non andasse per il verso giusto fu, ovviamente, Mina.

Nonostante tutto, evitai di raccontarle l'episodio accaduto in presenza di Bakugo e Midoriya, continuando a ripeterle che ero solamente molto stanco.
Il broccoletto, dal canto suo, mi fece il silenzioso favore di tenere la bocca serrata. Non gli chiesi io di farlo, aveva semplicemente la sensibilità giusta per arrivarci da solo.

"Adesso basta, non puoi continuare ad andare in giro conciato in quel modo. Vieni in camera mia che mettiamo su la tinta." mi aveva detto Mina quella mattina alla fine degli allenamenti, nel tentativo di tirarmi su di morale e di far sparire dalla faccia del pianeta l'orrenda ricrescita che luccicava nera alla base del mio cuoio capelluto.

È così che mi ritrovai in quella stanza, seduto sul tappeto di Mina, a farmi strappare via i capelli dai suoi repentini sbalzi d'umore e a tentare di cacciare fuori dalla mia testa Katsuki e il suo scarsissimo tatto.

"Non ho niente, te l'ho già detto."

Mi tirò un'altra ciocca.
"Non mi chiamo Kaminari, ti sembro così stupida da bermela?"

Touché.

"Mina, sono soltanto molto stanco."

Quella sospirò profondamente, abbassando gli occhi sul mio viso per guardarmi in faccia.
"Accetto il fatto che tu non abbia voglia di parlarne, Eiji. Non vorrei però che ti venisse in mente qualche idea strana, come l'ultima volta."

Tirai fuori il migliore dei miei sorrisi. Era incredibile come riuscisse sempre, in ogni occasione, a prendersi cura di me, anche quando mi rifiutavo di parlarle.
Le strinsi forte la mano libera, indurendola appena con il mio quirk.

A voce bassa - Kiribaku/BakushimaWhere stories live. Discover now