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diabetic tea

interesting and enlightening aliens' documentary

Non si capisce quanto è bello il sabato fino a quando inizi a lavorare. Il sabato è un giorno sacro, in cui ci si può dedicare al culto di uno degli dei migliori: il sonno. 
Quella mattina dormii fino alle tre del pomeriggio, quando Felix decise di iniziare a spostare i mobili nella sua stanza. Mi alzai stile zombie, decisamente controvoglia, e mi trascinai nel corridoio, incurante dell'aspetto orribile che dovevo avere. La porta della camera del mio coinquilino era semi-aperta, quindi non mi feci alcun problema ad affacciarmi ed osservare il ragazzo trasportare una libreria nera verso una parete libera. La sua camera era uguale alla mia in tutto e per tutto, tranne per il fatto che era leggermente più disordinata - c'erano una serie di indumenti non piegati riposti su una sedia, che doveva essere quella comunemente chiamata sedia dei panni troppo sporchi da essere rimessi nell'armadio ma troppo puliti da essere lavati. E, inoltre, le sue lenzuola non erano verdine ma blu notte. Feci una finta tosse, che Felix non udì, quindi ripetei il gesto una seconda volta. Questa volta funzionò, perché il ragazzo si voltò verso di me e mi fissò interrogativo. "Stavo dormendo." dissi, con tono stizzito.

"OK" rispose il ragazzo, tornando alla sua attività. Lo fissai per qualche secondo, con la bocca spalancata per la risposta oltraggiosa che aveva dato. Sbuffai sonoramente, richiudendola quando il ricordo di mia madre - quella nel test, si intende - riaffiorò alla mia mente. Era solita dire: 'chiudi la bocca che entrano le mosche', affermazione spesso seguita da una cristallina risata di mio fratello. Mi mancavano come l'aria. Mi appoggiai allo stipite della porta e rimasi ferma così per qualche minuto, persa nei miei pensieri, sebbene ad un certo punto percepii lo sguardo di Felix sulla mia pelle. Probabilmente si stava chiedendo perché non fossi ancora uscita. Non me ne curai più di tanto - ovvero per niente. Lui mi aveva strappata via dal mondo dei sogni, se lo meritava. Quando la patina di foschia che offuscava la mia mente a causa del sonno se ne andò, la prima cosa che ricordai fu l'incontro con Plutone. Il ricordo mi fece venire la pelle d'oca per qualche secondo, ma la mia attenzione si spostò quasi subito sull'immagine della cartellina nera, in quel momento avidamente custodita all'interno del cassetto della scrivania. Il suo atteggiamento continuava ad incuriosirmi e non poco, nonostante continuassi a ripetermi che, per la mia sicurezza, dovevo smettere di pensare a quell'oggetto e concentrarmi sull'avere un comportamento esemplare, per riuscire a riguadagnarmi la fiducia della Pluto's League. Eppure, comandai alle mie gambe di uscire dalla stanza, chiudendomi silenziosamente la porta alle mie spalle. Indossai velocemente gli stessi vestiti del giorno prima e, subito dopo, scesi al piano inferiore, recuperando le scarpe dalla scarpiera. Le indossai saltellando nell'atrio ed afferrai con una mano le chiavi di casa sul tavolino. Chiusi la porta alle mie spalle con forza, in modo che Felix sentisse che ero uscita. Non sembrava che gli interessasse, ma a me piaceva pensare che invece lo faccesse eccome. Questa mattina era più calda del solito, ma non abbastanza da lasciarmi sfilare la giacca. Era uno di quei climi fastidiosi in cui se indossi una giacca senti caldo, mentre se te la sfili provi freddo. Una situazione a cui, purtroppo, non si riusciva a sfuggire. Mi limitai a calare il jeans nero dalle spalle, lasciando così un po' di pelle scoperta. Le strade non erano deserte come al solito, vi era un via vai di persone tipico del sabato mattino. Alcuni avevano approfittato del giorno feriale per fare la spesa, alcune coppie passeggiavano a braccetto, da soli o con i loro figli. C'erano dei bambini - molto pochi - che davano il cibo ai piccioni, sotto lo sguardo attento dei loro genitori. Mi feci largo tra la folla con un sorriso stampato sul volto, complice di esso il pallido sole di fine marzo, che regalava comunque un lieve calore e illuminava splendidamente le strade. Respirai a pieni polmoni, svoltando l'angolo per arrivare alla Villa Phoenix. Premetti il pulsante sul citofono, tenendo il dito su di esso per tre secondi, aspettando poi per mezzo minuto, quando mi aprirono. Una volta nel giardino anteriore, rallentai il passo. Venni accolta all'ingresso da Clio, con un abbraccio. Non me la sentivo di dirle che ciò mi metteva leggermente a disagio.

Pluto's LeagueWhere stories live. Discover now