0.2

23 8 19
                                    

my roommate, I guess

Fissai la via tranquilla del piccolo quartiere per diversi minuti, congelata dalle parole dell'uomo che prima mi aveva affibbiato un nuovo cognome e successivamente aveva detto che quello era anche il suo. Che cosa significava tutto ciò? Mi aveva, non so, adottata al mio arrivo in questo Paradiso parallelo, oppure una volta qui tutti assumevano lo stesso cognome? Ci ripensai però, chiedendomi quale fosse il senso di avere tutti lo stesso cognome - tanto valeva non averlo affatto - e soprattutto ricordando la targa dorata sulla porta del mio coinquilino, che recitava Felix Ross. Accantonai in un angolino della mia mente tutte le teorie del complotto che iniziarono ad occupare i miei pensieri, chiudendo con uno sbuffo la porta dorata e appoggiandomici con le spalle per qualche secondo, decidendo di occupare il tempo esplorando più attentamente il cottage. Come prima cosa, testai la morbidezza del divano di tessuto nero e per qualche secondo contemplai lo schermo nero della televisione al plasma appesa alla parete, sopra un caminetto decorativo in mattoni neri - in pieno contrasto con il bianco dei muri - dentro il quale delle fiamme finte, chiuse dietro un vetro trasparente, scoppiettavano allegramente. Sul ripiano del camino, dove solitamente si posizionavano le foto, non c'era nulla, se non un soprammobile a forma di nano, in ceramica, dall'espressione decisamente inquietante. Mi alzai con estrema difficoltà - a quanto pare il mio livello di stanchezza era rimasto lo stesso dopo la mia presunta morte - e mi diressi in cucina, iniziando ad aprire a caso gli sportelli degli utensili, come da bambina facevo spesso quando andavo in qualche casa per le vacanze. Dopo aver studiato una pianta secca sul davanzale della finestra ed essermi appuntata mentalmente di provare a sistemarla, una volta conosciuto il misterioso Felix, mi diressi verso il piano superiore, più precisamente la mia stanza, dove non ero ancora stata. La porta in legno scuro si aprì con un lieve cigolio quando girai il pomello dorato, affacciandomi in una stanza abbastanza grande con il soffitto spiovente, che seguiva il modello del tetto. Nel punto più alto della stanza si trovava un letto a due piazze, foderato con lenzuola di un verde molto tenue, accanto al quale si trovavano due comodini dello stesso colore scuro della porta. Alla mia sinistra si trovava un piccolo divanetto dello stesso verde delle coperte, sotto al quale era steso un tappeto peloso nero che copriva per un tratto il pavimento di parquet. Davanti ad esso vi era, inoltre, un tavolino dalle gambe nere e la superficie di vetro. C'era un muro divisorio alla destra dell'ingresso con un piccolo arco bianco, attraverso il quale si accedeva allo spazio che esso creava e scoprii con mio sommo stupore che si trattava di una cabina armadio - che in quel momento conteneva ben pochi capi di abbigliamento. Uno specchio dalla cornice dorata era posizionato sulla parete tra il letto e la cabina armadio. C'era, inoltre, una finestra che illuminava la stanza di luce naturale, filtrata da delle tende dello stesso colore delle lenzuola, in questo momento tenute con un laccetto ai bordi, per permettere all'aria e alla luce di entrare.
Una scatoletta nera, incartata con un nastro rosso, era adagiata sul mio letto, prima non la avevo notata. Mi avvicinai e la soppesai tra le mani per qualche secondo, rigirandola più volte per tentare di capire se ci fosse traccia di un mittente. Mi decisi ad aprirla e restai piacevolmente sorpresa quando scoprii che si trattava di un cellulare, di una marca che non avevo mai sentito: Chuku. Quando mi decisi ad accenderlo, lo sbattere della porta al piano inferiore mi fece scattare in piedi, ma non ci misi molto ad alzarmi e chiudermi la porta della stanza alle spalle, scendendo rapidamente i gradini e cercando di non fare troppo rumore, ma nemmeno di scendere silenziosamente. Insomma, scesi le scale con grazia e non come un elefante. Il mio presunto coinquilino mi fissava con un sorriso divertito sulle labbra, fermo all'ingresso con una felpa appoggiata sul braccio. I capelli mossi castani erano scompigliati probabilmente a causa del vento che a tratti si alzava e gli occhi azzurri erano animati da uno scintillio divertito, mischiato ad altro che purtroppo non riuscivo ad interpretare.

Pluto's LeagueWhere stories live. Discover now