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just arrived, you're already in trouble
no one would take a Fool seriusly

Non dissi nulla mentre camminavamo per i corridoi, diretti verso quello che Azrael aveva detto fosse lo studio di Plutone. Continuavo a sentirmi estremamente in colpa, proprio per questo motivo non avevo opposto resistenza al comando di Azrael. Fortunatamente, nessuno sembrava essere al corrente dell'accaduto e ciò mi provocava un grande sollievo, poiché ciò non mi avrebbe messa in ridicolo. Passai i successivi trenta secondi a torturarmi le mani meccanicamente, presa dall'ansia. Avevo visto cosa facevano ai Killer: li trascinavano via senza alcun ritegno fino al loro piccolo villaggio trasandato ai confini del territorio della Pluto's League, dove, secondo quanto avevo udito, vivevano nella miseria e nella fame, allontanati dal resto del mondo come la feccia peggiore che potesse esistere. L'omicidio era il reato peggiore, ma, analizzando i fascicoli dei tre Killer che avevo fatto giungere in questo mondo, avevo scoperto che in realtà racchiudeva tutta la popolazione che aveva commesso qualche crimine maggiore - per mia fortuna, non punivano anche chi da bambino rubava le caramelle durante la ricreazione. Mi chiesi se, dopo aver scatenato un terremoto di quel calibro - 6.6 della scala Richter non era di certo uno scherzo - avrebbero considerato anche me una di loro. Mi ritrovai ad immaginare una me che veniva portata via dalla Hermes, nonostante si divincolasse, e trascinata lungo le strade semi-deserte del centro città, mentre il piccolo pubblico assisteva strepitante, urlando agli uomini che mi trasportavano di fare giustizia. Mi diedi un pizzicotto sul braccio per fermare questi pensieri ed osservai quasi incantata il punto della pelle leggermente arrossato tornare al suo classico color avorio. Arrivammo davanti a una porta nera, decorata con degli intagli dorati. Azrael mi posò una mano sulla spalla, stringendo leggermente per darmi forza.

"Non preoccuparti Ker, è più una formalità che altro. Vedrai che andrà tutto bene" disse l'uomo, incrociando il mio sguardo spaventato. Avrei voluto dire qualcosa come 'allora perché mi stai stringendo la spalla come se stessi cercando di proteggermi da un futuro inevitabile?', ma invece mi limita ad annuire, più nervosa di prima, se possibile. Mi resi conto di quanto il mio comportamento fosse infantile: avevo commesso un errore e mi sarei presa la responsabilità. Non avrei avuto nessuna possibilità di riuscire a raccontare una balla che stesse a galla con quell'uomo, irradiava un'aura troppo potente, in più, si sa che le bugie hanno le gambe corte. E io non volevo rischiare che riuscissero ad acchiapparle, sarebbe stato anche peggio per me. Mi passai le mani sulla gonna due volte: la prima per asciugare il palmo sudaticcio e la seconda per fare lo stesso con l'altro lato della mano, poi presi un respiro profondo. Azrael mi regalò un sorriso sincero, al quale risposi con uno teso, poco prima che lui se ne andasse, lasciandomi ad affrontare da sola la porta. Studiai la targa dorata, sulla quale era scritto solo 'Plutone'. Nessuna iniziale della categoria di appartenenza, nessun cognome e nessuna informazione utile sul capo dei capi, il big boss. Alzai la mano e bussai. Aspettai cinque secondi, poi la stessa voce bassa e calma della domenica precedente mi ordinò di entrare. Lo studio di Plutone era più piccolo di quanto pensassi ed era pieno di ogni genere di cosa. Un tappeto persiano ricopriva una buona porzione di pavimento e sopra ad esso erano appoggiate le quattro gambe di una scrivania, dietro la quale si trovava una sedia girevole nera dallo schienale molto alto, che la rendeva imponente quanto un trono. Attaccate alle pareti vi erano due grandi librerie, stracolme di tomi dall'aria antica e rilegature di tutti i colori, non sembravano avere un ordine, era tutto posizionato alla rinfusa. Un grande specchio da terra con la cornice dorata occupava l'angolo di una stanza - alla destra dell'entrata - e rifletteva la luce che entrava da una grande finestra posta dietro la scrivania. Sopra al tavolo si trovavano una serie di cartelline colorate, impilate con ordine a un angolo di esso, mentre al centro si trovava un computer e, accanto ad esso, un portapenne nero. Plutone era intento ad osservare l'interno di una cartellina verde menta, ma alzò gli occhi per qualche secondo, mentre io mi osservavo intorno. Aveva degli intensi occhi grigi, che spiccavano duramente in contrasto con i capelli mori tenuti in un taglio corto militare. Indossava un completo molto simile a quello della sera in cui l'avevo visto per la prima volta, ma questa volta anche la camicia era nera.

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