• 55 - KIM

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*Tornando da scuola mi resi conto che la giornata stesse filando troppo liscia, quasi che una sensazione negativa stesse crescendo senza motivo dentro di me, avvertendomi di qualunque pericolo sarebbe accaduto.
Ciò che mi aspettava a casa era l'anima vuota di mia madre, che per l'intero giorno vagava sempre per casa senza mai fermarsi, senza mai cercare qualcosa e con chissà quali pensieri gli balenassero in testa. Quel giorno festeggiavo il mio 16° compleanno, ma sapevo che mi aspettava una giornata uguale alle altre, o come dico sempre... perse nel dolore.
Era una giornata fin troppo calda e non mi meravigliai se in pieno maggio i gradi fossero così alti da squagliare persino i vestiti sulla pelle. Rientrai in tempo a casa per il pranzo, ero uscita prima da scuola per via di una banale manifestazione, non ricordo quale se non il pensiero di ritornare subito a casa per restare con mia madre, fu inutile restare li.
Mia madre era diventata un pensiero costante nella mia testa, ogni secondo che passasse lo sprecavo a sperare di non ritrovarla morta al mio rientro. Ma quel 20 maggio, fu il giorno più disastroso dopo la fuga di mio fratello, il peggiore di tutti quegli anni che stavano trascorrendo.
Rincasai tranquilla, abbandonandomi all'istante all'odore di frittelle che avevo preparato quella stessa mattina, mia madre le aveva mangiate con gran voglia, ricordo. Abbozzai un sorriso fiero a quel banale pensiero, fu strano vederla tranquilla, non era da se, non dopo averla vista asciugarsi le lacrime e sedersi al mio fianco. Posai il mio zaino ai piedi del divano, la casa era silenziosa, forse fin troppo. Cominciai a richiamare mia madre a gran voce e dopo varie volte, senza alcuna risposta, mi precipitai al piano di sopra. L'unica direzione che percorsi era quella dritta alla sua stanza, dove la porta, mio malgrado, era chiusa a chiave.
<<Mamma, ti prego, apri la porta. Io posso aiutarti>> erano le uniche parole che continuavo a ripeterle, e anche se la gola mi bruciasse rischiai di farla andare a fuoco per le urla che emanavo.
Volevo essere convincente, ma capì che neanche con me stessa avrebbe funzionato. Sapevo che mia madre non stesse bene, ma nessuno si era mai degnato di affermarlo, lasciarono a me le redini della sua vita e di osservare come si stesse sgretolando. Cominciai a tirare pugni sulla porta, dall'altra parte sentivo i suoi lamenti, percepivo il suo dolore, la sua collera.
E continuai a scongiurarle di aprirmi quella maledetta porta, avevo le mani indolenzite ma non smisi di fermarmi, di pregarla per farsi aiutare da me. Ma quando sentii la chiave girare nella toppa le uniche cose che vidi erano le sue mani viola. Spinsi con foga la porta e la raggiunsi, ero li in piedi ad esaminarla, con le mani e la bocca tremante.
Aveva un livido violaceo intorno al collo, segno che aveva stretto qualcosa alla sua gola.
Non esclusi affatto che volesse impiccarsi, ma mi guardò con un'espressione serena.
<<Sei rientrata prima>> furono le uniche cose che le uscirono di bocca, prima di stendersi sul letto e infilarsi sotto il piumone.
Non so da dove venisse tutta quella stanchezza, intanto ero certa che non soffrisse di insonnia. Ma io si, presi l'abitudine di svegliarmi dopo qualche ora per controllare che stesse dormendo, o semplicemente per controllare che non stesse cercando qualche modo per farla finita.
Quel giorno, mentre lei dormiva, mi preparai dei cupcake al cioccolato per addolcire quel momento orribile. Presi le candeline e raggiunsi nuovamente la camera di mia madre. Mi stesi al suo fianco e con in mano il piccolo dolce, chiusi gli occhi per soffiare sulle candele. Non espressi un desiderio, guardai semplicemente mia madre e le lasciai un bacio sulla guancia.
Nei giorni seguenti, quando l'aiutai a farsi la doccia, notai delle profonde ferite sulla schiena. E solo dopo compresi, rientrando quel giorno da scuola sgorgai nel cestino della spazzatura un coltello sporco di sangue.
Arrivò anche il suo compleanno, e l'unico regalo che le riuscii a fare, fu quello di togliere di mezzo tutti i coltelli, qualsiasi cosa appuntita, qualsiasi corda o laccetto con cui avrebbe potuto ferirsi, qualunque cosa che non le avrebbe fatto male, qualunque che non l'avrebbero portata via da me.*

Amami Per Sempre Capitano || Vol.1Where stories live. Discover now