13. "Assomigli all'uomo di Neanderthal"

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«Quindi.» Ripete mio fratello per la quinta volta, segnando con il dito il punto sulla cartina. «Arriviamo in albergo intorno ora di pranzo, gli animali nel pomeriggio inoltrato perché il camion ci mette un po' di più. Loro andranno in una struttura specializzata che dista a dieci minuti di macchina da noi per le emergenze. Giusto?»

Mio padre annuisce, mentre io fischio. «Wow, Ethan, allora non hai il cervello di un koala. Hai finalmente capito qualcosa nella tua vita.»

Il mio gemello alza una mano per arruffarmi i capelli, ed io di conseguenza gli dò un colpetto sul braccio. Parte una lotta fatta di schiaffi leggeri sulle braccia e sul petto tra me e mio fratello. «Bambini.» Ci rimprovera dopo un po' nostro padre, facendoci smettere seduta stante. Ma non è colpa mia se Ethan è un idiota, io volevo solo fargli un complimento adesso.

«Scusa.» Diciamo in coro, per poi scoppiare a ridere subito dopo. Oggi siamo più bipolari del solito e non capisco neanche il perché.

«Bene, allora io vado.» Papà ci abbraccia velocemente e poi se ne va. Siamo nel nostro ufficio e stiamo preparando tutto il necessario per la fiera a cui parteciperemo tra qualche settimana. Ieri abbiamo mandato la lista degli animali che parteciperemo e anche i libretti sanitari via e-mail, per motivi di sicurezza, mentre oggi stiamo guardando quanto dista l'albergo che offre la fiera da dove saranno gli animali. Abbiamo già preso i biglietti, sia aerei che quelli per il traghetto.

Non vediamo Greyson da più di una settimana; si è dato per malato ed è da dodici giorni che non viene a lavorare. Io lo sapevo che sarebbe finita così.
Il mio istinto, che mi diceva di non farmelo stare simpatico, ha avuto ragione dall'inizio. In questi giorni ho anche pensato chi potrebbe essere Sophie e cosa avrebbe potuto fargli, sempre messo in conto che gli abbia fatto qualcosa. Il punto è che non so neanche io il perché lo voglia scoprire; probabilmente mi sento sul serio sola in quest'isola e Greyson è la novità del momento.

Mi schiarisco la voce e metto a posto le cartine sparpagliate sulla scrivania, chiudendole accuratamente nel primo cassetto. Teoricamente potevamo vedere tutto con il cellulare e Google Maps, sarebbe stato anche molto più facile, ma mio padre è un tradizionalista e come tale si ostina ad usare ancora le cartine.

Le scolaresche sono finite, a quanto pare, così nel rifugio vengono solo famiglie estere eccitate all'idea di prendere in braccio un koala o vedere un wombat dal vivo; personalmente sono i miei clienti preferiti. Mi ricordo ancora la prima volta che ho preso un koala in braccio, o quando mio padre mi ha insegnato i tipi di mangime da dare ad ogni animale e mi ricordo anche di come, la prima volta, il wombat mi seguì per tutto il rifugio perché non aveva visto che già gli avevo messo da mangiare.

Ethan, invece, la prima volta fu beccato da un pellicano perché a cinque anni pensava che potesse dargli da mangiare con le mani, come si fa con i canguri. Mi ricordo ancora che ho riso così tanto da piangere. Non si può dire lo stesso di mio fratello.

«A che ora pensi di finire di lavorare?» Mi chiede proprio lui, appoggiandosi con la schiena al muro. Sono solo le dieci del mattino e stiamo discutendo sul viaggio da circa un'ora. Papà si è raccomandato di partire informarti, perché lui non può andare a Sydney, dall'altra parte dell'Australia, solo per salvarci il didietro perché non sappiamo cosa fare -parole sue, non nostre-.

«Non lo so, Ethan.» Ribatto, andandogli di fianco e facendogli cenno di uscire. «Immagino che finirò questo pomeriggio quando mi sarò accertata che nessuno ha più bisogno di me, oggi.»

Lui sorride mentre mi apre la porta. «Ma Delilah, non c'è mai bisogno di te.»

«Sei simpatico quanto un calcio sulle gengive, fratello.» Alzo gli occhi al cielo e mi avvio verso la struttura veterinaria. Il parto di Batuffola è sempre più vicino e così la mia ansia non fa che aumentare. È da circa cinque giorni che vado a controllare che sia tutto okay.

Son of greyWhere stories live. Discover now