7. "Pensare il suo nome"

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Greyson ed io arriviamo davanti al recinto dei canguri, che noto con sollievo essere ancora in piedi. Il recinto è apposto e tutti i canguri sono sotto il capanno fatto apposta per l'inverno e la pioggia. Non mi preoccupo del piccolo, perché è nell'infermeria, che è un edificio sicuro. I koala sono nel recinto affianco a quello dei canguri e anche loro sono riparati e al sicuro. Batuffola è con il cucciolo di canguro.

Arya, appena mi vede, si allontana dagli altri e saltella verso la mia direzione. Infilo due dita nella grata del recinto per toccarla e lei avvicina il muso quanto basta per farsi coccolare. «Piccola, ritorna dagli altri.» Le sussurro piano. «Non prendere freddo, volevo solo vedere se stavate bene.»

Greyson è di fianco a me, praticamente la mia spalla tocca la sua, però non dice niente. Avrei pensato che mi avrebbe come minimo preso in giro, invece guarda i canguri con premura e per un momento mi chiedo se lui non sia come me. Ma è ovvio che non è così: come dice Ethan, io sono l'unica psicopatica che parla con gli animali.

«Arya...» Mi si stringe il cuore quando levo la mano e lei emette un lamento.

«Andiamo, Delilah.» Greyson mi prende per il gomito, mentre io continuo a guardare la mia migliore amica, che non si allontana dalla recinzione. «Più la guardi peggio è. Domani staranno tutti bene.»

Mi giro a guardarlo. Ha un sorriso comprensivo, come se sapesse cosa significa. Ma lui non lo sa: tutte questi occhioni spaventati che vogliono essere rassicurati non sono una sua responsabilità. E se qualcuno di loro durante il temporale muore di infarto? Io devo esserci per tutti loro.

«Tu inizia ad andare a casa, Greyson. Io resto un po' qui.» Gli sorrido. Non me ne frega se in confronto a lui sembro una papera.

«Non sarai seria, vero? Delilah, stanno bene ed è un temporale. È vero, il vento è spaventoso, ma teoricamente loro dovrebbero stare in natura dove non ci sei tu o un capanno. Lasciali vivere.»
Per lui è facile, perché li ha appena conosciuti, ma io tengo ad ognuno di loro come se fossero dei bambini. Non mi aspetto che la gente capisca, alcune volte non lo faccio neanche io.

So solo che restare qui è la cosa giusta da fare, in primis per farmi stare tranquilla. «Certo che sono seria, Greyson. Tutti loro sono mia responsabilità e voglio esserci, anche se loro non potranno mai capirlo. Non mi aspetto che tu resti qui o qualcosa del genere. Grazie per quello che hai fatto, adesso tornatene a casa.» Lego i capelli in una coda mentre parlo e infine entro nel recinto dei canguri, chiudendo il cancelletto dietro di me. Arya saltella nella mia direzione e le accarezzo la testa, come per dirle che sono felice anche io di vederla.

Greyson rimane ancora un po' a guardarmi, poi se ne va senza dire assolutamente nulla. Non che ci sia rimasta male, anzi, sarei rimasta delusa se avesse insistito. Greyson è una persona riservata: è socievole, ma non parla mai di sé.

I canguri, senza neanche farlo apposta, si avvicinano l'un l'altro per farmi spazio nella capannina. Mi siedo quasi all'entrata, stringendomi le braccia al petto. Qui posso sentire se il recinto cade, posso rassicurare i canguri dopo un tuono. Non importa se è ancora buio e non prende.

Arya si accuccia vicino a me ed io poggio una mano sul suo collo, per accarezzarla piano. Gli occhi mi si chiudono dalla stanchezza, ma prima di cadere completamente nel sonno sento qualcosa di morbido poggiarsi sulle mie gambe, poi qualcuno che mi stringe a sè e mi appoggia sul suo petto. Riconosco l'odore, ma sono già troppo lontana con la mente anche solo per pensare il suo nome.

* * * * * * * * * * * * * *

Quando riapro gli occhi sono appoggiata a qualcosa di duro, ma al tempo stesso è qualcosa di comodo. Ci metto un po' a capire che si muove leggermente e aggrotto la fronte, perché ieri non mi sembrava di aver usato Arya come cuscino per dormire meglio.

Son of greyWhere stories live. Discover now