Extra

19K 1K 465
                                    

Lorenzo si portò il fischietto alla bocca e vi soffiò dentro con eccessivo compiacimento.

Il trillo rimbombò sulle pareti e scosse il corpo di Marta con uno spasmo, che ebbe l'impulso di coprirsi le orecchie strizzando gli occhi.

«Ma sei impazzito?!»

Lorenzo scoppiò a ridere e aggiustò la presa intorno alla piccola Alice che si ciucciava il dito trattenuta nel suo abbraccio.

«Su, forza! Altre due serie di addominali!» ordinò perentorio, poi si voltò verso sua figlia e si sciolse nei suoi occhioni verdi «Ma tu sei la principessa di papà, sì? Chi è la principessa di papà?» la vezzeggiò, facendo dei pernacchi sul suo guanciotto.

Marta osservò contrita la scena dal basso, con le gambe piegate leggermente divaricate e le mani alle orecchie. Tentò l'ennesimo esercizio arrancando, poi, sfinita, si abbandonò sul pavimento a quattro di bastoni.

«Marta.» la richiamò Lorenzo severo.

«Lasciami morire qui! Non voglio vivere questa vita!» si lagnò, contorcendosi su se stessa.

Lorenzo si sporse verso di lei trattenendo un sorriso talmente divertito che la stizzì ancora di più.

«Ti muovi?»

«No.» s'impuntò, sul punto di ringhiargli contro «E non guardarmi in quel modo! Non sei tu che devi perdere sette chili e detesto essere comandata a bacchetta!»

«Ah-ah! Non guardare me!» si difese Lorenzo, mettendo una mano avanti «È stata la ginecologa a dirlo, perché dice che è importante rimettersi in forma nell'eventualità di una seconda gravidanza.»

«Seconda gravidanza?! Ho partorito da quattro mesi e tu mi parli di seconda gravidanza?! Per chi mi hai preso, per un forno?!»

Lorenzo sbuffò e si morse la lingua per sforzarsi di apparire comprensivo. Erano stati mesi stravolgenti quelli che avevano seguito la nascita di Alice. Tra notti insonni, ormoni da riequilibrare e l'arduo compito di imparare a essere genitori, l'accondiscendenza sembrava essere l'unica arma adatta per mantenere il quieto vivere. Il parto di Marta era stato relativamente tranquillo. Dopo poche ore di travaglio, la piccola Alice era balzata fuori, comportando qualche punto alla vagina di Marta.

Lorenzo non avrebbe mai dimenticato quei lunghi momenti. Le grida di Marta furono così acute e agghiaccianti e la presa intorno alla sua mano così ferrea, che aveva rischiato di dare di stomaco un paio di volte. Aveva persino temuto di perdere i sensi.

Era spaventoso il parto, qualcosa di così terrificante, da avergli fatto ringraziare il cielo ogni santo giorno per non essere nato con la vagina. Eppure, benché avesse visto Marta contorcersi, piegarsi, gridare pietà annaspando, mentre il suo basso ventre veniva squarciato in due da una testa di neonato, gli era sembrato di assistere a un miracolo. C'era un che di sacrale in quel momento, un perfetto bilanciamento tra dolore e gioia che si condensava nel preciso istante in cui il corpo della donna smetteva di patire atrocemente rilasciando il frutto del loro amore con una nuova vita. E tutto finiva con un istante di impercettibile silenzio, seguito da un pianto di bambino che segnava l'inizio di un nuovo percorso, cancellando tutto il terrificante pregresso. E lì si era sentito sciogliere come neve al sole, incapace di credere che potesse esistere qualcosa di più perfetto di un corpo di donna che partoriva un bambino.

Aveva sentito il petto tremare con uno spasmo quando la piccola Alice era finita tra le braccia di Marta che, sudata e sfinita, aveva accolto sua figlia con le lacrime di gioia. Nonostante i capelli bagnati, la fronte imperlata e il viso arrossato, Lorenzo era convinto di non averla mai trovata più bella.

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora