Capitolo XXXIV

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34.

Marta strizzò più volte gli occhi prima di aprirli definitivamente. La testa le girava leggermente e la gola secca agognava disperatamente un bicchiere d'acqua. Sentiva tanto caldo, eppure era solo aprile. Si stiracchiò, allungando le gambe, e sbarrò gli occhi quando colpì con la pianta del piede il corpo di un'altra persona. Si irrigidì di colpo e la sua mente, ancora fuori uso, cominciò a carburare e a mettere in moto la macchina dei ricordi. E si sentì andare a fuoco quando le immagini della notte precedente l'avvolsero come un susseguirsi di fotogrammi che le fecero girare la testa.

Marta alzò di scatto il lenzuolo e subito lo ritirò in preda a un inutile sussulto di imbarazzo. Era nuda. E anche Lorenzo Anselmi, che dormiva ancora profondamente al suo fianco.

Marta si portò una mano davanti alla bocca con gli occhi sbarrati. Aveva fatto sesso con Lorenzo Anselmi. O meglio, lei, la paranoica bacchettona che era, aveva fatto in modo che accadesse saltandogli addosso. Era stato pazzesco, sicuramente all'altezza di quelle fantasie che avevo custodito e rinnegato a lungo. Non poteva negare l'affinità sessuale che c'era stata tra loro, quel modo di toccarsi e portarsi all'apice del piacere come se avessero sempre saputo la strada. E probabilmente la parte meno traumatizzata, fondamentalista e più sognatrice di lei avrebbe voluto farlo ancora. E ancora, ancora, fino a esserne satura. Tuttavia, in quel momento, con le gambe strette compulsivamente tra loro come a rinnegare le tracce del suo passaggio, il suo primo impulso fu quello di fuggire.

Scattò seduta, con il lenzuolo bloccato al petto per coprirle i seni, in preda al più totale panico. Si guardò intorno, per intercettare le tracce dei suoi vestiti sul pavimento, poi si soffermò su di lui. Lorenzo dormiva supino con un braccio a coprirgli gli occhi. Il petto e l'addome erano lasciati scoperti dal lenzuolo e le linee dei muscoli coperte dalla peluria la costrinsero a seguirne ammirata la scia, facendola gemere sconsolata. Si portò una mano in fronte. Avrebbe voluto prendersi a testate nel muro, come ogni volta che agiva guidata dall'istinto. Non era pentita, come avrebbe potuto. Le era piaciuto così tanto farlo con lui, che sentiva ancora i residui di passione addosso. E quelle mani toccarla ovunque, afferrarle i più reconditi desideri, quelli di cui si vergognava, quelli che la facevano arrossire. E quegli occhi adoranti, quelli non li avrebbe mai potuti rinnegare. Eppure adesso che era nuda, adesso che spogliato non era solo il corpo, ma anche l'anima, Marta si ritrovò a fronteggiare la confusione del suo cuore. E non era pronta a mettere ordine, le mancava il coraggio di fare i conti con i suoi sentimenti, surclassando i principi. Avrebbe tanto voluto strusciare verso di lui, accarezzargli il petto con la guancia, infilarsi sotto al braccio per dargli il buongiorno. E magari rifarlo, prendersi tutto di lui, dargli tutto di lei ancora. Ma lei era una che non pensava solo al momento dopo, ma a quello dopo ancora. Marta era una che non ragionava in termini di breve periodo, ma di lungo periodo. E oggi lo avrebbero rifatto, avrebbero finto di essere una coppia. E il giorno successivo pure. Poi tornavano a galla le loro divergenze, avrebbe dovuto fare nuovamente i conti con la consapevolezza che loro due erano fatti per scontrarsi, prendersi, magari afferrarsi per un attimo. Per poi scogliere le mani e orbitarsi intorno respingendosi fino a che non avrebbero trovato un nuovo punto di incontro. Aveva già provato sulla pelle la sofferenza di lasciare andare qualcuno per un'incompatibilità di pensiero. E lo aveva fatto con il dolore di chi credeva di aver trovato la sua metà perfetta, con la delusione di chi si sentiva tradito dalla chimica. Ed era stato difficile rialzarsi, così difficile, da aver creduto di non poter più donare il suo cuore a qualcuno. Aveva maturato il terrore di affidarlo nuovamente a una persona, di lasciare che un uomo custodisse il suo amore. Figurarsi se poteva mai affidare il suo cuore a chi sapeva per certo che non avesse la mano adatta per poterlo custodire.

Le era piaciuto sognare una notte. Ora, però, doveva tornare con i piedi per terra.

Marta lanciò un'ultima occhiata di sfuggita a Lorenzo, poi sgusciò via dal letto. Indossò la sua camicia bianca ormai sgualcita e corse in bagno per lavarsi la faccia. Si strofinò per bene il sapone sulla pelle, lavò via ogni traccia di trucco e i rimasugli della notte trascorsa, poi scorse lo spazzolino che usò quando rimase a dormire e si spazzolò con foga anche i denti. Doveva scacciare via ogni traccia del suo sapore dalla bocca. Se voleva tornare a respirare, doveva togliersi ogni indizio di Lorenzo Anselmi da dosso.

Se dio fosse stato donnaWhere stories live. Discover now