Capitolo VIII

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Il 15 febbraio iniziò con una piega diversa per Marta Bianco.

La gioia le si era condensata in volto e la cupezza e la sottigliezza delle labbra che solitamente contraddistinguevano la sua espressione furono brutalmente spodestate da un sorriso ampio e felice.

Era da tempo che non si sentiva così ottimista; dopo mesi di timido flirtare sconfinati in un piacevole appuntamento e la notte d'amore trascorsa tra le braccia Bruno, una vecchia e cara compagna tornò a trovare i meandri del suo cuore: la volontà di aprirsi a un uomo.

Non si era rincitrullita; credeva ancora fermamente che una donna fosse autosufficiente al punto da non aver bisogno di un uomo per sentirsi realizzata, ma Marta non rifiutava l'amore e neanche l'intero genere maschile, ma solo quelli di un certo tipo.

Lei desiderava avere al proprio fianco una persona che non vedesse in lei una preda da sottomettere o un trofeo da sfoderare, voleva un uomo che trovasse in lei una spalla che gli sfilasse accanto e una compagna con cui sognare. Non aveva certezze di ciò che voleva, solo lontane aspettative, ma al contempo era sicura di ciò che non voleva: un uomo come suo padre, come quello che si era rivelato essere Alfredo, il suo ex fidanzato, e come quel farabutto di Lorenzo Anselmi.

E Bruno, dopo la scorse notte, le aveva ridato il coraggio di sperare di aver trovato qualcuno diverso dalla sfilza di ominidi che avevano sempre fatto parte della sua vita.

Il risveglio era stato perfetto; non c'era stata traccia d'imbarazzo tra loro e dopo aver fatto l'amore alle prime luci del mattino, ancora nudi avevano consumato un'abbondante colazione tra le lenzuola, prima di separarsi per recarsi a lavoro.

Marta passeggiava per il rione Santa Lucia accogliendo di buon grado l'aria fresca nei polmoni, mentre canticchiava tra sé e sé il motivetto di una canzone.

Nulla sembrava potesse guastarle l'umore, neanche quando mise piede nel suo studio, trovandolo con sorpresa già aperto, e incappò nella figura di Lorenzo Anselmi spaparanzato sul suo divanetto in pelle nera.

La donna si accigliò, bloccandosi sulla soglia, e Lorenzo, prima concentrato nella lettura, alzò lo sguardo e sbuffando scocciato a causa dell'imminente ramanzina, l'anticipò.

«Lorenzo, porca miseria! Ma non ce l'hai uno studio tuo?!» la scimmiottò, gesticolando teatralmente, poi tornò serio «Il tuo è più grande, più confortevole e più bello, quindi resto qui!»

Marta sbatté le palpebre per qualche secondo, poi scoppiò a ridere fragorosamente.

«Veramente stavo per dire buongiorno!» disse la donna divertita, avanzando verso la scrivania.

Lorenzo rimase di sasso e scrutò con attenzione la sua collega dagli insoliti comportamenti. In circostanze usuali, gli avrebbe rifilato un'occhiata irritata e avrebbe minacciato torture medievali per aver violato i suoi spazi e invece Marta Bianco, l'acida e insopportabile Marta Bianco, aveva non solo sorvolato sulla vicenda, ma addirittura aveva riso.

«Qualcosa non quadra.» mormorò, assottigliando lo sguardo.

La donna si sfilò il cappotto e a Lorenzo non sfuggì l'aria stralunata, l'atteggiamento ben disposto e il sorriso raggiante che troneggiava sul suo viso.

«Che hai da guardare?» chiese Marta sulla difensiva.

«È successo qualcosa.» asserì l'uomo sospettoso «Non mi hai urlato contro e la tua faccia da pitbull è stata inspiegabilmente sostituita da un sorriso!»

«Capita anche ai migliori di essere di buon umore.» ribatté la donna altezzosa.

Lorenzo scosse il capo.

Se dio fosse stato donnaWhere stories live. Discover now