Capitolo XXXI

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                                    31.

Marta era seduta sul davanzale della sua finestra a fissare il cielo scuro della notte. Finiva sempre in quel modo quando qualcosa le andava storto, soprattutto dopo un litigio con la sua famiglia. Le gambe strette al petto, lo sguardo perso nelle poche stelle che riuscivano a vincere la luce artificiale, il mento sulle ginocchia.

Avrebbe voluto dire di essere dispiaciuta. Invece si sentiva solo libera di aver confessato un tale peso che le opprimeva il cuore.

Era scappata in camera sua dopo quella discussione. Non aveva voglia di affrontare la disapprovazione di nessuno, né di assistere agli sfoghi isterici e tragici di sua madre. Suo padre, poi, non lo voleva proprio vedere. Non immaginava nemmeno la sua espressione da disonorato.

Non aveva niente da dire, o da giustificare. Doveva solo fare il conto alla rovescia delle ore che l'avrebbero separata dalla sua libertà.

Si appoggiò con la schiena al muro e lasciò cadere le braccia a penzoloni. Era stancante la liberazione. Si sentiva fiacca, priva di ogni forza, quasi svuotata. Aveva portato quel fardello dentro per così tanto tempo da essersi abituata al suo peso. Senza, si sentiva troppo leggera e i muscoli liberi poterono finalmente assopirsi.

Chiuse gli occhi e abbandonò la testa all'indietro. Le faceva quasi male respirare.

Sarebbe rimasta lì, in quella posizione, senza accennare alcun movimento, se non fosse stato per il tocco alla sua porta.

Marta mormorò un avanti e non si stupì di trovare Lorenzo sulla soglia. Era in tuta e si passava una mano nei capelli senza sapere cosa dire. Chiuse la porta alle sue spalle e si piazzò al centro della stanza, mordendosi il labbro inferiore.

Marta sorrise del suo imbarazzo. Moriva dalla voglia di chiederglielo, ma era evidente quanto fosse in difficoltà nel farlo.

«Ero certa che fossi tu.»

Lorenzo infilò le mani nelle tasche della tuta e scrollò le spalle.

«Hai fatto un bel casino prima.»

Marta spostò lo sguardo verso il cielo e sospirò amaramente.

«Mia mamma piange ancora?»

«Sì e tuo padre si è bevuto mezza bottiglia di vino. Ora sono a letto, credo.»

Marta annuì debolmente con il capo. Lorenzo non disse più nulla e la guardava con lo stesso timore di chi temeva di poter fare male con un solo respiro. Come se Marta fosse fatta di carta pesta, come se non potesse sostenere quella conversazione e fornire le risposte a quelle domande che gli stavano tediando la mente.

«Non me lo chiedi?» lo provocò Marta bonariamente.

«Ho paura.» ammise lui sincero.

«Della mia reazione o della tua?»

«Entrambe.»

Marta lo guardò con un sorriso soddisfatto. Erano rari i momenti in cui accadeva, ma apprezzò molto la sua schiettezza. Non voleva essere consolata, né assecondata, e lui non aveva mai finto comprensione. Lei voleva essere capita e lui aveva colto il punto. E ammettere di non essere pronto ad ascoltarla era forse la più grande prova di maturità che potesse dimostrarle.

«Io sono pronta. Quando lo sarai tu, forse ti racconterò la storia.»

Lorenzo socchiuse gli occhi sofferente. Si sedette sul letto e si strofinò gli occhi con una mano.

«E-eri incinta sul serio?» balbettò sconvolto.

Marta annuì con il capo.

«E come-...cosa è successo?»

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora