Capitolo I

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Marta amava passeggiare per le strade di Napoli.

Aveva avuto la fortuna di lavorare in uno studio a Santa Lucia, un rione che si estendeva alle spalle del famoso lungomare, nei pressi del Castel dell'Ovo, e il traffico cittadino e l'assenza di adeguate aree di parcheggio la portavano spesso e volentieri a rinunciare alle comodità dell'auto.

Salvo giornate uggiose o impegni in tribunale, Marta percorreva sempre il tratto verso lo studio a piedi, ma accoglieva di buon grado quella croce sulle spalle: indossava scarpe più comode e con il sole a illuminarle il viso, si riempiva gli occhi della città che l'aveva adottata.

Marta non era napoletana per nascita, ma lo era per acquisizione.

Cresciuta in un paese di provincia, Marta Bianco aveva solo diciotto anni quando si era trasferita a Napoli per frequentare l'università e in essa aveva trovato la chiave per la liberazione da una dimensione troppo piccola e grezza per le sue ampie vedute.

Era ancora una ragazzina quando aveva lasciato la sua famiglia, ma non si era mai pentita di averlo fatto. Con un padre impiegato alle poste, una madre casalinga che viveva solo per il marito e due fratelli maschi, per anni Marta aveva vissuto nell'incubo che le venissero tarpate le ali.

In un paese dove il ceto modesto viveva ancora nella convinzione che il ruolo della donna fosse quello di sistemarsi e di occuparsi della prole - o nella migliore delle ipotesi, quello di ambire a un ruolo impiegatizio - , in un luogo dove la privacy la si scambiava per una parolaccia e la vita di ciascun abitante era alla portata di tutti, Marta era stata soffocata da una realtà conservatrice che le aveva imposto una reputazione da preservare attraverso regole di comportamento rigorose e una prospettiva di vita alle dipendenze di un uomo.

Erano trascorsi anni, ma sentiva ancora posarsi sullo stomaco la frustrazione che l'aveva divorata, tutte le volte che aveva subito limitazioni per il solo suo essere femmina, o che era stata emarginata per le sue idee da ritenere troppo all'avanguardia per un contesto di paese dove l'arretratezza culturale regnava sovrana.

Tante volte si era ribellata, invocando a gran voce la parità dei sessi e tante volte aveva guardato i suoi fratelli con invidia, perché liberi dalle catene infuocate di ingiustizia che a lungo le avevano compresso i polsi.

Riecheggiavano ancora nitide alle sue orecchie le urla di rabbia dei suoi genitori, quando le era capitato di rincasare più tardi del coprifuoco imposto, mentre i suoi fratelli erano fuori a far baldoria fino a tarda notte. Non avrebbe mai dimenticato quelle parole pronunciate con sdegno da sua madre: "Cosa penserebbero le persone, se ti vedessero in giro fino a tarda notte?".

Marta avvertiva un nodo stringerle il petto, quando ripensava alla sua gola che bruciava per gridare giustizia, alle lacrime amare che aveva versato per non esser mai stata capita e al cuore che si spezzava nel sentirsi sminuita dai genitori che la immaginavano badante della casa, mentre i suoi occhi brillavano di sogni e ambizioni.

Aveva combattuto contro i mulini a vento, ma lei non era folle come il protagonista dell'opera di Cervantes; aveva guardato in faccia la realtà e aveva smesso di gridare. Se era vero che non esisteva peggior sordo di chi non voleva sentire, allora lei non avrebbe più parlato e così se ne era stata in silenzio, ma i suoi occhi lo avevano fatto per lei.

Aveva atteso con ansia il momento in cui avrebbe lasciato la sua casa, perché l'università le fu concessa solo perché titolo necessario per l'accesso a qualunque impiego e nel frattempo che esso arrivava, aveva protetto i suoi sogni da chi voleva renderla mediocre.
Marta adesso aveva trent'anni e aveva proseguito la sua strada senza mai guardarsi indietro.
Non poteva fingere che il peso dei ricordi non le facesse ancora sanguinare il cuore, ma era fiera della donna che era diventata e quando sentiva quella ferita riaprirsi, proprio come in quel momento, inspirava avidamente l'aria e si riempiva i polmoni della sua libertà, perché Napoli era la città che le aveva ridato il respiro che per troppo tempo le era stato soffocato in gola.

Se dio fosse stato donnaWhere stories live. Discover now