Capitolo 6- Questa sera non sarai al Lullaby?

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Zelda si chiuse la porta alle spalle con un gesto delicato della mano.
Accese le luci e davanti a lei si presentò il monolocale in tutto il suo scarso fascino.

Non si tolse il cappotto, se ne dimenticò.
In una mano teneva la posta, ma non la appoggiò sul tavolo di vetro come sempre.

Percorse invece tutto il corridoio fino alla porta del bagno.
Entrò e lasciò passare la mano sull'interruttore della luce.

Zelda si avvicinò al lavandino.
La luce al led le si rifletteva in viso a intermittenza.
Chiuse gli occhi.
Anche attraverso le palpebre, poteva percepire il ticchettio della luce.

Appoggiò entrambi i gomiti sulla superficie di fredda ceramica del lavabo, poi fece sprofondare la testa nell'anfratto tra le due braccia.
Poteva sentire la posta sfiorarle la punta del naso, il cappotto pesarle addosso.

I capelli sigillati dal gel incominciavano a disfarsi in piccole ciocche, che le atterravano silenziose sulle palpebre chiuse.

Rimase così fino a che il petto, schiacciato contro la superficie del lavandino, non iniziò a farle troppo male.

A quel punto si alzò di scatto e respirò a fondo. Un respiro doloroso, dovuto alla pressione esercitata sulla gabbia toracica fino a poco prima.

Inevitabilmente si trovò davanti allo specchio, ma immediatamente posò lo sguardo a terra per evitare di incontrare la sua immagine riflessa.
Si guardò intorno, poi aprì l'acqua calda per riempire la vasca da bagno.

Anche se non sarebbe servito a migliorare la situazione, un bagno bollente le sembrò l'unica cosa sensata da fare in quel momento.
Si riteneva superficiale a pensarlo, ma cercava di convincersi che rilassarsi almeno per un attimo avrebbe potuto aiutarla, in cosa di preciso ancora non lo sapeva.
La paura di perdere la tensione che l'aveva accompagnata fino a quel momento la faceva andare in paranoia.
Aveva bisogno di quell'irrequietezza, perché era l'unica cosa che ormai conosceva davvero bene.
Se avesse provato anche per un momento a calmarsi, era certa che le cose sarebbero inevitabilmente peggiorate.

Appoggiò la posta sul comodino vicino allo specchio.
Poi, sedendosi leggera sul divano in salotto, aspettò che la vasca si riempisse.

Aspettò minuti, forse addirittura un quarto d'ora, ad occhi chiusi.
Il tempo sembrava distorcersi quando si perdeva nel buio delle palpebre.

Zelda buttò la testa all'indietro, guardando il soffitto crepato.
Prese con sé il portacenere sul divano, poi si decise ad alzarsi, con la cintola del cappotto che le svolazzava vicino al ginocchio.

Aprì la porta del bagno e una nuvola di vapore denso l'afferrò.
Vide l'acqua arrivare quasi all'orlo.
Chiuse il getto caldo e riaprì quello freddo, per rendere la temperatura meno ustionante.
Poi prese il bagnoschiuma e ne gettò una generosa quantità all'interno della vasca.
Una miriade di piccole e trasparenti bollicine iniziò a crearsi sulla superficie dell'acqua.

Prima di togliersi il cappotto prese dalla tasca l'accendino e le sigarette, se ne accese una e rivolse la sua attenzione verso la posta che aveva abbandonato sul comodino poco prima.

Agguantò le lettere sparse e le ispezionò svogliatamente.
All'ultima, però, si bloccò.

Era una lettera di un colore indefinito, ma sicuramente non di quel bianco comune che presentavano tutte le altre.
Una carta azzurrina, indirizzata a lei, ma senza il nome del mittente.
Zelda la guardò per un attimo, assottigliò lo sguardo.

Una volta immersa nella vasca la riprese in mano, l'aprì mentre colpiva con un gesto distratto il filtro della sigaretta nel posacenere, appoggiato per terra.

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