Capitolo 54- Semplici Eroi Sofoclei

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L'acquario cittadino di Chicago brillava.
Fuori dalle finestre il tramonto, di un arancio pungente, inondava la sala vuota.

«Mi scusi» disse una voce.
«Stiamo per chiudere.»

Le meduse si muovevano, senza gravità, lungo il perimetro della vasca.
Una giaceva sul fondo, morta.

«Non vi siete accorti che c'è un cadavere?»

«Che cosa?» la voce si acuì, tesa.

«Una medusa. È morta. Sul fondo.»
Maximilian la indicò.
Sembrava gelatina liquefatta, mentre le altre le passavano addosso come se non esistesse.

«Ah, mi era preso uno spavento.»
Un paio di labbra vermiglie si inarcarono in un breve sorriso.
Poi, di fronte a quello genuino di Mitchell, si stesero in uno più divertito e prolungato.

«Se non la tolgo entro stasera, verrà di certo mangiata.»

«È terribile.»
Maximilian si sporse per osservare ancora l'acquario.

«È naturale. Ha visto tutto il museo?» domandò poi lei, muovendo qualche passo.
Aveva dei bellissimi occhi, pensò Mitchell.
Blu come la densa acqua di quella vasca.
Elettrici come i neon che la illuminavano.

«No, non ce l'ho fatta. Mi interessa più la parte marina, comunque.»

«È rimasto molto qui, seduto.»
Poi scosse la testa. «Non la stavo guardando.»

«Davvero?»

«Davvero. Non avrei dovuto dirglielo, forse.»

Risero entrambi.

«È che per me le meduse hanno un fascino particolare. Sono immutate da sempre, non cambiano di una virgola da millenni. Come se fossero nate perfette.»
Guardò di nuovo l'acquario, poi spostò lo sguardo sul cartello posto vicino al vetro, indicante le caratteristiche degli abitanti di quel piccolo ecosistema.
«Le Aurelia sono le mie preferite» aggiunse.

«Credo anche le mie. Quel quadrifoglio che hanno sull'ombrella. Sembra un porta fortuna.»
Lei si avvicinò, i bagliori dei neon termici riversi sulla sua uniforme nera.

Maximilian sorrise.
«Sì. Un porta fortuna.»
Poi lanciò un'occhiata alla targhetta che l'altra teneva attaccata alla tasca della polo.
«Conosce un locale che faccia dei buoni Daisy, Esther?»

 «Conosce un locale che faccia dei buoni Daisy, Esther?»

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«Tutto era partito da Carter. Rivera era appena morto, c'era una grande confusione nei pressi della centrale, in quei giorni, e lui parlava a voce molto alta. È una cosa che gli ho visto fare spesso.
Diceva che servisse un criminologo, in fretta, perché questo non era un lavoro da soli detective. Mi stupii il fatto che se ne rese conto. Camminavano svelti, lui e altri due che conosceva, e discutevano fitto. Il quartiere era... Springwells. Quando voltarono a destra, uno dei due che l'accompagnavano fece un nome: Liza Aster.
Lui disse "allora è deciso per quella francese?" e l'altro annui.

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