40. Avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male

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JUNGKOOK

"Mi stai lasciando?" gli chiesi con la voce che iniziava a rompersi e le lacrime che incominciavano a scendermi dagli occhi, sebbene già sapessi quale fosse la risposta a quella domanda.

Lui alzò lo sguardo verso di me, cercando di mantenere il controllo il più possibile, e poi rispose solo con un: "Sì".

Non appena lui pronunciò quella singola sillaba io iniziai a singhiozzare, chiedendomi perchè stesse succedendo tutto questo quando, fino ad una decina di ore prima, eravamo abbracciati a guardare un film.

"Ho perso mia sorella, ma avevo te. Ho perso Tae, ma avevo te. Ho perso Jin, ma avevo te. Mi spieghi come faccio senza di te adesso?" gli domandai cercando di rigirare tutta la situazione a mio piacimento, rendendomi conto che era l'unico modo che avevo per non permettergli di lasciarmi.
"Non lo so, ma in qualche modo ce la farai" mormorò lui abbassando la testa, dando dei segni di cedimento.
"No, invece. Io ho bisogno di te" gli dissi avvinandomi a lui ed alzandogli il mento con due dita come, di solito, faceva lui con me.

Lui, però, spostò la mia mano, allontanandosi da me all'istante e bloccandomi con la mano destra non appena accennai a riavvicinarmi a lui.
"Kook, non riesco a stare con una persona che mi reputa una malattia e non una persona" mi rispose con aria seria, guardandomi con la stessa durezza con cui l'aveva fatto non appena gli avevo detto che mi stavo comportando così per le parole di Namjoon.
"Non ti reputo una malattia" mormorai con voce rotta ed un tono disperato che non credevo nemmeno di avere.
"Ne sei così sicuro?" mi chiese lui in tono ironico ed amaro nello stesso tempo.

Io tralasciai completamente quella domanda, cercando di far leva su un punto che sapevo l'avrebbe toccato.
"Avevi promesso che non mi avresti mai fatto del male" gli risposi, infatti.

Lui strabuzzò gli occhi, riprendendo il controllo dopo qualche secondo e dicendomi, sempre con quel tono indifferente e arrabbiato che stava usando da quando avevamo iniziato quella conversazione: "Beh, vuol dire che d'ora in avanti non farò più promesse che non sono in grado di mantenere".

Quelle parole spezzarono il mio cuore in mille pezzi in pezzettini ancora più piccoli. Fu in quel momento che realizzai cosa volesse dire avere il cuore spezzato. Tutto quello che avevo provato prima di quel momento non ci si avvicinava nemmeno. Compreso il senso di vuoto dopo la morte di mia madre.

Riuscii a pensare solo ad una cosa, dopo quel pensiero: perchè mi ero lasciato coinvolgere così tanto?

Rimasi in silenzio vari secondi, sperando che mi dicesse che era tutto uno scherzo. Ma, sfortunatamente, le parole che mi disse pochi secondi dopo il mio silenzio furono molto diverse.

"Vai a cercare il tuo amore perfetto e sparisci da qui" mi disse in tono tagliente facendomi cenno di uscire con il braccio.
"Io non voglio un'amore perfetto. Io voglio te" gli risposi ancora in preda dai singhiozzi, quando lui, invece, non aveva versato nemmeno una lacrima. Possibile che fossi solo io quello che stava male per tutta questa situazione?
"Non sembra, sai? Visto che stai cercando di cambiarmi in ogni modo possibile".

"Ed invece è così. Ho rinunciato a tutte le persone che mi sono sempre state vicine da quando ero bambino per te. Come fai a dirmi di cercare qualcun altro? Io impazzisco solo al pensiero di te che sfiori un altro o un'altra" gli dissi riuscendo a ritrovare quel minimo di controllo che bastò per mormorare quelle parole senza piangere.

Lui rimase lì a fissarmi per qualche secondo, incrociando le braccia al petto.
"Io no" mi rispose dopo un po', sostenendo il mio sguardo senza dare minimo cenno di cedimento.

Non sapevo se, in quel momento, facesse più male pensare che quelle parole fossero vere o pensare al perchè stava facendo finta di farle sembrare vere.

"Te ne vai o no?" mi chiese, poi, dopo qualche istante, prendendomi per un braccio e guidandomi verso la porta con forza.
"Aspetta..." gli dissi cercando di ancorarmi con i piedi al pavimento ed aggrappandomi alla sua maglia con le mani.
"Non cambierò idea. Quindi vattene e basta" mi rispose con il tono leggermente meno stabile di qualche secondo prima cercando di staccarmi dalla sua maglia.
"Okay, me ne vado. Ma sappi che ritornerò ogni giorno fino a quando non ti renderai conto che mandarmi via il giorno prima è stata una cazzata. Non mi arrendo finché non diventi casa mia" gli risposi smettendo di aggrapparmi a lui e guardandolo con tutta la disperazione che provavo in quel momento.

Vidi il suo sguardo duro cedere per qualche istante, ma poi, subito dopo, riprese il controllo e mi ripetè, per l'ennesima volta: "Vai via di qua".
Io abbassai lo sguardo per evitare che lui vedesse l'ennesima lacrima scendermi sul viso e poi aprii la porta, uscendo subito dopo.

Andai a casa mia camminando con calma, sempre senza smettere di piangere.
Non mi importava niente del fatto che tutti potessero vedermi in quello stato.
Sinceramente, non mi importava di nient'altro che non fosse quello che era appena successo.

Non riuscivo a capire: cosa avevo sbagliato per farlo reagire in quel modo? Cosa avrei dovuto fare di diverso?

Eppure non riuscivo a trovare una risposta a queste domande e nemmeno alle altre mille che mi ronzavano in testa in quel momento.
L'unica cosa che riuscivo a dirmi era che avevo appena perso la cosa che mi aveva reso più felice in vita mia. E, cosa peggiore, non avevo nessuna delle persone che ho sempre avuto come punti di riferimento da quando ero bambino con cui sfogarmi.

Avevo rinunciato a tutte e tre queste persone per Jimin...e cosa ho ottenuto in cambio? Un cuore spezzato.

Non so perchè, ma in quel momento il ragazzo che ero diventato dopo la morte di mia madre per proteggermi dal dolore stava premendo per uscire di nuovo, impedendomi di affrontare la sofferenza per quello che l'unica persona che avevo mai amato fino a quel momento mi aveva fatto.
Eppure non lasciai che accadesse. Non avevo bisogno di far finta che non fosse successo niente. Avevo bisogno di piangere fino a che non sarei stato pronto per rialzarmi, nel peggiore dei casi, o finchè la speranza di riaverlo indietro non sarebbe finita, nel migliore.

SPAZIO AUTRICE:
Non ho intenzione di dire niente su questo capitolo se non che è stato il più difficile da scrivere di tutta la storia.
La motivazione di questo è semplice: le parole di Jungkook e quello che lui sta provando sono cose che ho vissuto io personalmente...e hanno fatto malissimo.
Ho scritto questo capitolo alternandomi tra il singhiozzare e il battere sui tasti del computer.
So benissimo che le cose hanno preso una piega piuttosto triste, ma, ogni tanto, non tutto è rose e fiori nella vita...
Ma, state tranquilli, la Jikook troverà il modo di riunirsi😂.
Detto questo, spero che non mi stiate odiando✌🏻.

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