• Capitolo XCV •

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Quando il sole aveva già attraversato un quarto di orbita, chiamò al suo appello il consigliere Arthur, che si precipitò prontamente dinnanzi a lui.
"Più di quattro mesi, Arthur." esordì, guardandolo dritto in faccia, "Più di quattro mesi spesi a cercarlo, ad aspettare, a convincere i cittadini che Osmium City non avesse mai perso il suo volto. Gli ho dato tempo... sono stato paziente, proprio come un padre." serrò bene le labbra, "In cosa ho sbagliato, Arthur."
Il consigliere dilatò le narici e prese un grosso respiro, "Credo fermamente che non ci sia davvero nulla che lei possa rimproverarsi, signore."
"Nel Sottosuolo non è stata trovata una sola traccia del suo passaggio." proseguì allora l'anziano, fissando con sguardo perso tra i pensieri il torace di Arthur, "Ma sono certo che ci sia andato. La curiosità è stata sempre la più grande rovina del suo animo. Lo ha spinto dentro realtà che non avrebbe dovuto mai toccare con mano." poggiò meglio la schiena indietro, "Ciò che mi sorprende è come sia possibile che quella miserabile gentaglia gli abbia potuto coprire le spalle. L'umanità mi stupisce sempre, Arthur, nonostante le innumerevoli vicende che la vita mi ha posto davanti, facendomi mero spettatore di un circo di anime che agiscono senza causalità."
"Ma le ricerche stanno proseguendo, signore. I suoi uomini stanno scandagliando il deserto di Podrion e la foresta di Jakka."
"Non troveranno nulla, Arthur. In fondo lo sappiamo tutti che è Parabellum l'unico posto in cui abbia senso cercare. Lo sappiamo tutti, men che meno tu." replicò lui, con incredibile calma.
"Parabellum è inaccessibile, signore. Lo ha detto anche lei parlandone ai generali dei primi distretti. Non possiamo permetterci una guerra civile di tale dimensione allo stato attuale delle cose. Se i cittadini di Osmium City venissero a conoscenza dell'esistenza di... di quella gente, di... di quel mondo... sarebbe la fine."
"È probabile, Arthur. Ma temo di non aver considerato una cosa durante queste settimane." asserì Mr. Peace, giungendo le mani.
"La ascolto, signore."
Osservò ancora una volta il grigio panorama, "Non possiamo rischiare che la città venga messa a conoscenza di ciò che sta succedendo dall'altra parte di questo mondo. Non senza un leader."
Il consigliere inarcò le sopracciglia.
"Ma se li regalassimo una guida... una figura spietata e ineccepibile, potente e affamata.... allora il vento potrebbe girare a nostro favore." concluse, sorridendo.
"Signore..." commentò l'uomo, "Ha forse intenzione di... insomma, con tutto il rispetto, ma se si sta riferendo a ciò che penso, credo che sia necessario riflettere meglio sulla question..."
"È proprio ciò a cui mi riferisco, Arthur." mozzò lui, "Convocate tutti i ricercatori. Qui, domattina. Credo sia arrivato il momento di svegliarla."
"Signore, mi preme ricordarle che sarebbe pericolosamente prematuro interrompere così il suo sviluppo. Mancano ancora parecchi mesi prima che il terzo stadio possa considerarsi completo."
"NON C'È PIÙ TEMPO, ARTHUR." lo ammonì, a quel punto, alzando il tono di voce con austera fermezza, "IO non ho più tempo. QUESTA CITTÀ non ha più tempo." sottolineò, stringendo i manici della sedia, "Blake deve ritornare a casa. E anche la ragazza tornerà al luogo che le appartiene davvero, che lo voglia o meno. Ridarò ossigeno al loro potenziale e l'ordine verrà ricostituito. E quando tutte le mie creature saranno pronte, il nuovo popolo impererà sovrano sull'intero sistema solare per i secoli a venire. Il Big Miracle verrà ricordato affianco al mio nome, fino alla fine dei tempi. Ci sarà solo perfezione, Arthur. Nient'altro che perfezione. Perché questo è l'unico modo possibile in cui andranno le cose. Perché questo è l'unico futuro a cui il mio pianeta è destinato."

***

Zorah aveva lasciato la casa da pochi minuti, non prima di aver raccomandato all'amica di mantenere i nervi saldi ed essere fiduciosa sul fatto che le cose sarebbero andate per il meglio.
"Accetta questa felicità così per come viene. Non lasciare che la tua mente crei inutili mostri." le aveva detto, allontanandosi lungo il vialetto di casa.
Skyler le aveva sorriso e fatto un cenno con la mano, poi aveva richiuso la porta alle spalle e sformato le maniche del maglione oltre i palmi.
Sapeva che Blake era la cosa più importante che avesse mai stretto tra le mani e non voleva perderlo. Ma era fondamentale che si parlassero, che lo facessero sul serio, che si fidassero completamente l'uno dell'altro, prima che le paure riuscissero a inghiottirli dentro l'oscurità della notte. Lo aveva perso così tante volte che adesso non poteva più permetterlo e, quella mattina, aveva rivisto negli occhi del balancer un'inquietudine taciuta che aveva improvvisamente ingrigito il cielo e appassito i fiori in giardino.
Trasalì i pensieri e percosse lentamente il corridoio: le travi cigolavano al di sotto delle suole. Raggiunse la porta del bagno, una leggera nebbia di vapore acqueo fuoriusciva al di sotto della porta, alla quale bussò con due lievi rintocchi.
"Posso entrare?" chiese, con delicatezza.
Il giovane sembrò non rispondere, ma questo non le impedì di ruotare comunque il pomello e accedere a piccoli passi dentro al bagno.
Un asciugamano lo avvolgeva all'altezza del bacino e la condensa aveva completamente appannato il piccolo specchio di fronte al quale era rimasto inerme, quasi a contemplare il volto offuscato dalle goccioline d'acqua che correvano lungo il vetro. Manteneva le braccia tese sul lavello e la schiena leggermente incurvata su di esso.
Skyler avanzò verso di lui e, senza dire nulla, posò metà viso sulla sua schiena. Chiuse allora gli occhi e lo strinse, rimanendogli ancorata dietro. B-273 rimase per un attimo immobile, a contemplare quel silenzio, ma poi cedette di fronte a quel prezioso gesto di tenerezza e poggiò le mani su quelle serrate della ragazza, raddrizzando la colonna vertebrale.
Ruotò allora il busto e gli si portò di fronte, ricambiando adesso un abbraccio intenso e carico di sconforto.
"Non importa..." sussurrò lei, stretta al balancer, "Non importa nulla. Finché ci saremo l'un per l'altra, andrà bene."
Blake si limitò ad annuire, percependo ancora tra le dita il grilletto che aveva premuto contro lo strano individuo che sembrava poi essersi dissolto nel nulla.
"Ehi..." riprese la giovane, guardandolo adesso negli occhi, "Abbiamo così tante cose che dobbiamo raccontarci. Possiamo iniziare fin da ora, se vuoi. Perché non siamo soli. Io so che ho te e tu sai di avere me, per sempre."
"E se non avessi possibilità di redimermi..." rispose lui, spaesato, "Se fossi solo un mostro che cerca di atteggiarsi a ciò che non sarà mai?!"
"No, non è così..." Skyler gli accarezzò il viso, mentre gli occhi si facevano lucidi, "Non sei un mostro... non lo sei mai stato, nemmeno quando tutto cercava di fartelo essere."
"Io non voglio farti del male..." emise lui, tutto d'un fiato, lasciando trasparire una fragilità disarmante.
"Lo so..." una lacrima abbandonò velocemente gli occhi vibranti della giovane, "E non me ne farai, Blake. Io so chi sei. Lo so meglio di chiunque altro, meglio dei tuoi soldati, meglio di Mr. Peace. C'è qualcosa di speciale nel nostro legame. Io ti conosco, riesco a leggerti dentro. Lo capisci?"
Deglutì e pose una mano sul suo petto, "Avevi detto di aver già visto la foresta ancora prima di arrivare, ricordi?" bagnò le labbra e riprese, "Blake, io ti credo. Perché anche io ho visto delle cose. E... e sentito, sentito delle cose."
Il ragazzo alzò il volto, sprofondando dentro ai suoi occhi, come improvvisamente risvegliatosi.
"Questi segni..." proseguì lei, passando la mano sulle vecchie ferite del balancer, "Questi segni sono gli stessi che hanno quasi ucciso anche me, due settimane prima che arrivassi."
Il giovane corrugò la fronte e tutto sembrò improvvisamente più nitido, "Noi..."
"Sì, amore mio. C'è... c'è una sorta di connessione tra noi due. E non so, non so davvero come sia possibile." il sale prese a scorrere generoso lungo il suo mento.
Blake la strinse con più forza, resosi conto della misteriosa e invisibile potenza che li teneva inesorabilmente uniti. Forse lo aveva sempre saputo. Forse, sin dal primo istante in cui l'aveva osservata, studiata, il suo spirito ne aveva sentito il richiamo, riconoscendosi in quello della giovane, da cui poi non sarebbe più riuscito a staccarsi.
"Sono con te. Sarò sempre con te." le disse, tenendola al petto come il più raro dei fiori.
"Avevo bisogno di sentirtelo dire." replicò Skyler, sentendosi adesso minuscola tra le sue braccia e lottando contro le immagini vivide di quel maledetto sogno, "Non lasciarmi, non lasciarmi mai da sola. Ti prego. Non andare."

OSMIUM - Il pianeta senza amoreWhere stories live. Discover now