• Capitolo LXVII •

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Salve lettori! Questo è un capitolo multimediale, quindi avviate il video giunti al TERZO spaccato del capitolo. Buona lettura!

"Vado a prenderti altre bacche." disse Zorah, con fare premuroso e ben disposto, alzandosi dal tronco e voltandosi verso la baracca.
"No, davvero. Sto bene così."
Skyker si strinse dentro alla coperta infeltrita con cui il balancer l'aveva avvolta subito dopo il suo risveglio e osservò le piccole lingue di fuoco che sguizzavano via dal falò.
Blake la scrutava ormai da più di un'ora, continuando a domandarsi confusamente come fosse possibile essere sopravvissuta a quel veleno. Si sentiva frastornato e, allo stesso tempo, talmente felice di riaverla lì che quasi quella contentezza lo paralizzava, facendolo sembrare stranamente incupito. Il colore aranciato delle fiamme gli illuminava il volto, serio e distante qualche metro da quello della giovane.
"Sono felice di vederti star bene." le disse Zorah, sorridendole dolcemente.
"E io sono felice di aver ritrovato una buona amica." replicò, ricambiandole un'espressione grata.
"Bene..." disse, allora, la donna "Se volete scusarmi, io penso che rientrerò. Inizia a fare freschetto qui fuori e credo di avere decisamente bisogno di riposare. È stata una giornata abbastanza... frenetica."
Sorrise ancora una volta ed entrò nel piccolo rifugio, lasciando attorno al fuoco i due ragazzi, che adesso si lanciavano qualche sguardo in religioso silenzio.
"Non ho mai visto una foresta così..." esordì lei, giungendo le mani, "Ricordo che da ragazzina andai in campeggio con i miei in Canada... una notte vidi passare un cinghiale e lo dissi a mio padre..." accennò un sorriso, "Si preoccupò così tanto che andammo a dormire in un motel vicino... era orribile."
Portò i capelli dietro l'orecchio e tornò ad osservare il balancer, seduto al lato opposto.
"So che non c'entri nulla con la morte di Beth." disse poi, spezzando quella corda di silenzio che si era di nuovo annodata alle loro gole, "Non avrei dovuto dirti quelle cose, ero spaventata. E non penso nemmeno che tu sia pericoloso."
Blake deglutì e puntò gli occhi contro al terriccio, "Forse invece avevi ragione a pensarlo. Se sei finita qui è solo per colpa mia."
La giovane scosse lievemente la testa, quasi a voler manifestare dissenso.
"Beth era profondamente depressa." proseguì, poi, lui "Era il mio primo vero incarico come balancer e lei mi fu assegnata insieme ad altri dodici whiners... ma era diversa dagli altri. Soffriva tremendamente. Un dolore che non avevo mai visto."
Skyler corrugò la fronte e si sistemò meglio su quel che rimaneva dell'arbusto.
"Le imposi di assumere il reset-41, era mio dovere farlo. Ma lei sembrava solo interessata a lasciarsi lentamente andare. Ogni volta che andavo a visitarla aveva sempre un taglio o un livido in più sul corpo. Avrei potuto chiamare l'assistenza sanitaria governativa ma sapevo che l'avrebbero rinchiusa dentro un istituto per poi sopprimerla di lì a poco."
"Sei stato buono con lei." intervenne Skyler, a bassa voce.
"Altri direbbero poco professionale. Avevo ancora troppa inesperienza... avrei potuto fermarla."
"Fermarla da cosa?"
Buttò via un pò di aria e dolore dalle narici.
"Da sé stessa." lasciò cadere un legnetto dentro al fuoco, "Era un pomeriggio assolato quando andai a visitarla. Ricordo esattamente la scena che mi ritrovai di fronte... è come un'immagine nitida che non va via dalla testa. Lei era distesa sul letto, mezza nuda e piena di squarci profondi almeno un paio di centimetri... le lenzuola erano ricoperte di sangue e sull'intonaco c'erano orme dei suoi palmi. Sembrava esserci stata una carneficina... e invece aveva fatto tutto da sola."
La ragazza sentì una fitta allo stomaco di sgomento.
"Ma la cosa peggiore fu trovarla ancora in vita." Blake strinse i denti e riassorbì tutte quelle sensazioni che premevano in petto per uscire, "Respirava debolmente, come una rondine ferita sul marciapiede. Mi supplicò di darle finalmente... finalmente la pace. E così feci. Tirai fuori la pistola e le piantai una pallotta dritta in fronte. Non esitai nemmeno per un istante... lei soffriva così tanto. Quello fu il minimo che potei fare per lei."
La ragazza annuì lentamente, con occhi lucidi.
"Ma da quel momento non sono più stato lo stesso. I giudici dissero che fui trovato dentro quella stanza in uno stato di shock, ma io non ricordo più nulla dopo lo sparo." passò una mano davanti la bocca, "In seguito i medici mi diagnosticarono una sorta di sindrome post-traumatica che nel corso degli anni si è cronicizzata. Ed è per questo che soffro di forti dolori alla schiena... ma bere mi aiuta ad assopire tutto."

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora