• Capitolo XVII •

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Era già sera quando i due ragazzi giunsero nei pressi di un enorme capannone abbandonato.
La strada era deserta e fogli di giornale volavano via, descrivendo piccoli vortici di vento.
"Spero di aver camminato così tanto per qualcosa di veramente interessante!" gli disse Skyler, osservando disorientata.
Blake le fece segno di entrare, attraverso quella che sembrava essere ciò che rimaneva di una vecchia porta.
Il locale era pieno di casse in legno, macerie e lapilli di polvere che cadevano giù dall'alto soffitto.
La ragazza si guardava attorno, cercando di capire per quale maledetto motivo quel balancer l'avesse condotta fin lì.
Blake, dal canto suo, sembrava essere rapito da quel caotico disastro.
"Perché siamo qui?!" chiese, finalmente, lei.
Il ragazzo buttò giù un po' di saliva, "Era qui che venivo sempre da piccolo."
Skyler aguzzò la vista, "Non sembrerebbe un posto dove divertirsi."
"Non lo era, infatti."
Fece qualche passo verso degli scatoloni, "Avevo sei anni e non ero particolarmente socievole..."
"Ammetto che l'avevo immaginato..." intervenne, a voce bassa, lei.
"Trascorrevo il tempo in giro e poi, un giorno, vidi questo posto e decisi di dare un'occhiata dentro. Adoravo esplorare."
Skyler si mise seduta sopra una cassa impolverata.
"C'era un vecchio... che mi fece spaventare a morte, la prima volta, perché iniziò a urlarmi contro. Ma poi mi resi conto che, tra i due, era lui quello decisamente più impaurito..." deglutì, facendo un sospiro "Non era esattamente un ribelle... non faceva parte di alcun gruppo, di nessun partito. Semplicemente, non era mai riuscito ad adattarsi su Osmium e non aveva nulla da perdere per non rischiare di opporsi con tutto sé stesso al farmaco ed alle regole. Così, si era letteralmente stabilito dentro questo capannone, sperando che nessuno mai sarebbe venuto a scoprirlo."
Skyler lo ascoltava attentamente, perdendosi in quelle parole cariche di una strana malinconia.
"Si chiamava Fred. Ma a me piaceva chiamarlo Freddie. E, da quel momento, andai a trovarlo tutti i giorni. Tutti i maledettissimi giorni, anche solo per chiacchierare dieci minuti. Gli portavo acqua e un po' di cibo che riuscivo a rubare dalla mensa dell'istituto d'istruzione e, ogni tanto, qualche medicina quando si ammalava. Andò avanti così per sette anni."
"È davvero una bella storia, Blake." gli disse lei, colpita.
Blake distolse lo sguardo dalle scartoffie e si girò di scatto verso la ragazza, "...No, non lo è affatto." rispose, con sguardo cupo.
Deglutì, "All'età di tredici anni fui indirizzato all'accademia militare d'eccellenza. E lì ci rimasi fino ai diciotto, diventando balancer di primo grado." abbassò la testa, digrignando la bocca "Per tutto quel tempo non lo vidi più. Finché un giorno... tornai a trovarlo."
Diresse gli occhi verso quelli di Skyler, "Ma stavolta in compagnia di tre guardie federali."
Il cuore della ragazza ebbe un sussulto.
"Avevo diciannove anni e lo guardai in faccia. Lo guardai in faccia... e lui mi osservò senza capire. Così ordinai ai militari di prenderlo ed arrestarlo. Fu spedito subito alla Red Tower e, da quel momento, non seppi e non volli sapere più nulla sul suo conto."
Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi per un momento, "Si chiamava Freddie ed era un mio amico."
Skyler rimase pietrificata a fissarlo, in silenzio e con gli occhi lucidi.
"...Puoi dirlo, se vuoi." gli fece, lui.
"...Cosa dovrei dire." rispose, allora, con un filo di voce.
"Che sono un mostro. Puoi dirlo, perché te lo leggo negli occhi che è proprio ciò che stai pensando."
Skyler rimase in silenzio, era fin troppo sconvolta per parlarne.
Poi, reggendo ancora il suo sguardo gli disse "Okay. Io me ne vado."
Girò le spalle, sbrigandosi a raggiungere l'uscita.
"No, che non te ne vai!" urlò, Blake.
La ragazza si arrestò.
"Adesso tu mi dici ciò che pensi." riprese, con più controllo.
Skyler ruotò lentamente verso il ragazzo, "Vuoi davvero saperlo?!... D'accordo." si avvicinò nuovamente, "Penso che tu sia stato un grandissimo vigliacco, Blake."
"Un vigliacco?..." le fece, stupito, "Perché non dici, semplicemente, un mostro?"
Strinse i denti, "Perché purtroppo non credo che tu lo sia."
Il ragazzo, allora, deglutì e distolse lo sguardo.
"Vai via." concluse.
"Cosa?!..."
"Ho detto che puoi andare via." ripeté, lui.
La ragazza si guardò intorno, "...NO! Adesso, invece, resto e mi spieghi perché stai facendo così!"
"Così come."
"Mi hai portata fin qui per dirmi cosa?!... Per farmi quel bel discorso strappalacrime e poi darmi il colpo di grazia?!" disse, esasperata.
"Sto solo cercando di farti capire che tra noi due non potrà mai esserci un'amicizia..."
"E PERCHÉ!" gli sparò in faccia.
"PERCHÉ PRIMA O POI FARESTI LA FINE DI QUEL VECCHIO!!!"
La voce di Blake rimbombò in un'eco attraverso le pareti spoglie.
La ragazza lo guardò con occhi tremanti.
"Mi dispiace... ma io non sono adatto per queste cose. In realtà, non sono adatto a molte cose. Ma la verità è che tu potrai diventare ciò che vuoi, mentre io resterò per sempre un balancer. E questo è tutto."
"Non devi farlo per forza... non... non devi farlo per forza." gli sussurrò lei, facendo un passo avanti e scrutando il suo volto.
Blake alzò lo sguardo, "Pensi che qualcuno mi abbia costretto?!... Sono stato io a condurli da lui. Io ed io soltanto. Freddie non era nemmeno una figura scomoda, capisci?! Era solo un povero pazzo che aspettava di morire senza che nessuno se ne accorgesse. Eppure io... io l'ho fatto comunque. Perché è questo che faccio. È questo il mio compito, questo il mio dovere. Questa la mia natura."
La ragazza buttò giù in gola l'amaro, "E allora perché mi hai detto di sì... Perché mi hai difesa, prima..."
"...Non lo so." rispose, a bassa voce.
"Stronzate!" gli pose una mano sul braccio, "Tu mi stai proteggendo, Blake."
Il ragazzo serrò la mandibola.
"È dal giorno del test che lo fai. Credi che non me ne sia accorta?!"
"Io non proteggo proprio nessuno."
"Ah, ma davvero?! E allora spiegami perché non mi sbatti dritta alla Red Tower, dato che il farmaco sembra non funzionare quanto dovrebbe con me?!"
"Te l'ho già detto. Tu assumi il reset-41."
"Sii sincero con me, Blake!!!"
"...PERCHÉ TI UCCIDEREBBERO, CAZZO! LO VUOI CAPIRE?!" spalancò le braccia, "A QUEGLI UOMINI NON IMPORTA NULLA SE PRENDI O MENO LA DOSE! A LORO INTERESSA SOLO VEDERNE I RISULTATI! TI FAREBBERO FUORI SENZA VOLER SENTIRE NEMMENO UNA FOTTUTISSIMA SPIEGAZIONE!" emise, tutto d'un fiato.
Skyler si morse un labbro, "...Adesso capisci cosa intendo dire?"
Il ragazzo la guardò, rendendosi conto di avere appena dato la conferma non solo a lei, ma soprattutto a sé stesso.
"...Torniamo a casa?" chiese lei, con una disarmante dolcezza.
Blake prese un respiro, "...Si. Andiamo via da questo posto."

***

Un uomo in abito sartoriale bussò, con due rintocchi, alla porta dell'ufficio di Mr. Peace.
"Signore, la disturbo?" gli chiese poi, affacciando la testa.
"Tu disturbi sempre, Arthur." rispose, svogliatamente.
L'uomo entrò nella sala, impettito e col naso all'insù.
"Le devo dare delle notizie, signore."
Mr. Peace si versò del cognac, "Buone o cattive?"
Arthur ci pensò su, "Non saprei come giudicarle, onestamente."
Si mise seduto davanti alla scrivania, "Quel balancer... B-273..."
"Sì, Blake." interruppe lui, sorseggiando l'alcool.
"Esattamente, signore. Beh, pare che sia stato rintracciato insieme ad una sua whiner..."
Mr. Peace alzò un sopracciglio, "E quale sarebbe la notizia?"
L'uomo abbozzò una smorfia maliziosa, "Pare che siano stati localizzati all'interno di un edificio abbandonato, ai confini della città, qualche ora fa."
Mr. Peace osservò Arthur con improvviso interessamento, "Chi è la ragazza."
"Dai nostri dispositivi risulta essere una certa W-1022. Ventiquattro anni, razza caucasica, alla terza settimana del programma di inserimento." rispose, puntualmente.
"Tenetela d'occhio, allora. E fate attenzione pure al ragazzo. È lui che mi interessa."
Arthur annuì e si alzò, dirigendosi verso l'uscita.
"Ehm, signore..." esordì, d'un tratto, voltandosi di nuovo.
"Dimmi." gli fece l'anziano, accennando un finto sorriso.
"Non vorrei sembrare invadente o presuntuoso, ma credo che sia giunto il momento di far sapere a quel balancer ciò che è."
Mr. Peace si alzò, afferrando il bastone.
"Arthur..." si avvicinò all'uomo, "Fedelissimo e astuto amico mio..."
Il consigliere deglutì, rimanendo sull'attenti.
"Lo dirò io quando B-273 dovrà essere informato riguardo la sua natura."
"Non volevo di certo dir..."
Mr. Peace gli tirò un'acuta bastonata sulle gambe, facendolo cadere a terra.
"Deciderò io il momento giusto per farlo. È chiaro, Arthur?"
L'uomo cercò di rialzarsi, dolorante "Chia... chiaro, signore."
L'anziano sorrise, cinicamente.
"Sei sempre il mio preferito." girò le spalle, "Adesso portami un'altra bottiglia, questa è finita."

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