• Capitolo XCII •

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Le dita di Zorah si intrecciarono con abilità tra i bottoni di madreperla bianchi, risalendo dal basso verso l'alto lungo la colonna vertebrale della giovane. Richiuse finalmente l'ultimo e Skyler ne osservò il risultato finale allo specchio. Non riusciva a vedersi bella, o meglio, non riusciva a scorgere alcuna luce attraverso le sue iridi. L'abito era incantevole e il pizzo sembrava ricamarle addosso un'aura solenne, ma il viso era triste e ne spegneva in un attimo il candore.
"Sembri un angelo." commentò la donna, abbracciandola da dietro con visibile emozione.
"Allora spero di trovare presto il mio paradiso..." rispose lei, stringendo le sue braccia all'altezza della vita.
Zorah la osservò attraverso il riflesso, assumendo un'espressione seria "Skyler, sei ancora in tempo per non farlo."
La ragazza corrugò la fronte, rimanendo immobile, "Cos... cosa? Credevo che ti piacesse Caleb."
Si pose di fronte a lei, "Sì! È così! Ma mi piace ancora di più vederti sorridere. E credo che tu stia facendo uno sbaglio... Ecco, l'ho detto." concluse, quasi a bassa voce.
Skyler osservò istintivamente la porta della camera, preoccupata che qualcuno potesse sentire quei discorsi.
"Sei forse impazzita?! Sai meglio di me perché lo sto facendo."
"Lo so!" rispose, alzando gli occhi al soffitto, "Perché vuoi essere rispettata dal villaggio. Vuoi uscire di casa senza sentire addosso gli occhi di chi ti considera ancora la paladina della Causa di Mr. Peace. Vuoi conquistare una posizione in questa società e lo capisco. Ma sai che c'è? Questa società è malata, Skyler. Non sarà un matrimonio accordato ad aggiustare le cose."
"Non capisco perché tu... perché tu mi faccia questi discorsi proprio adesso..." esitò lei, con tono incerto.
"Abbiamo ucciso un uomo non molto tempo fa." proseguì Zorah, fissandola con decisione "Un uomo che voleva derubarci e poi chissà cos'altro. E sai una cosa? Anche fosse successo, non sarebbe importato a nessuno, amica mia. Perché è questo il posto in cui viviamo, è così che funzionano le cose qui. Con o senza un anello al dito."
La ragazza strinse i denti e deglutì, spingendo fin giù allo stomaco la consapevolezza di quelle parole, "Mi manca l'aria, Zorah..." emise, barcollante.
La donna, allora, la sorresse subito da una spalla, accompagnandola a sedere ai piedi del letto. Le allentò leggermente il bustino dell'abito, tranquillizzandola per interi minuti e tenendole la mano.
"Zorah..." riprese poi la giovane, riacquisito un debole colorito sul viso, "Ieri notte Blake mi ha baciata." confessò, "No, non è vero. Ci siamo baciati. L'abbiamo voluto entrambi." corresse.
L'amica emise un breve sospiro, non manifestando tuttavia alcuna sorpresa a riguardo.
"Sapevo che sarebbe successo. Era inevitabile."
"Inevitabile la mia stupidità?!" replicò Skyler, iniziando a tremare sulle sillabe, in preda a una crisi di panico "Inevitabile che io ci sia cascata così miseramente, come una ragazzina irresponsabile!" dei lacrimoni presero a fluire sulle gote, "Non dovevo permettergli di rimanere! Io... io sono stata così sciocca. E poi... e poi ha detto che mi ama e io... io gli ho risposto che lo sapevo. Non ho detto altro. Non sono riuscita ad aggiungere altro, Zorah. E adesso è andato via... lui è andato via per sempre! Stavolta so che è definitivo... lui... lui..."
Esplose in un pianto struggente che rimpicciolì il cuore della donna, la quale l'abbracciò con forza, sussurrandole calde parole di conforto.
Servì un fazzoletto di cotone e qualche pacca gentile sulle spalle per rimetterla in sesto e ripristinare quel viso stropicciato in un volto sereno di sposa.
"Dal villaggio sta arrivando più gente del previsto." commentò poi Zorah, osservando dal vetro opaco della piccola finestra.
Il giardino iniziava a riempirsi di persone e aspettativa.
"Ci siamo quasi." disse allora Skyler, ancora seduta a letto e stringendo tra le mani il fazzoletto.
"Vuoi che ti lasci qualche minuto da sola?"
La giovane alzò il mento a cercare l'amica e annuì, dopo una lieve esitazione. Rimase sola dentro quella umile cameretta ammobiliata alla meno peggio delle sue possibilità e non sentì niente. Un senso di vuoto le aveva inghiottito lo stomaco e i ragionamenti sembravano finirci dentro, risucchiati nell'oblio del non saper che fare. Buttò allora indietro la schiena, sdraiandosi sulla brandina e proiettando il viso pallido verso il soffitto macchiato di muffa. Adagiò il palmo al centro del suo ventre e chiuse delicatamente gli occhi. I cardini della porta rimbalzavano al ritmo dei passi che, sul corridoio, il viavai di invitati e curiosi provocava. Riuscì a isolarsi da quel frastuono ovattato da centimetri di pareti e intonaco. Ripensò allora al sapore di quel bacio, quello della notte precedente. A come, ripensandoci, fosse stato un attimo perfetto, incorniciato dalle stelle e sussurrato dal vento di foresta. Se si concentrava, sembrava di sentire ancora sulla bocca le labbra screpolate e gentili del balancer. Allora il petto le si gonfiava e l'aria usciva più intensamente dalle narici.

OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora