• Capitolo XXXVI •

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Lasciare il mondo fuori da quella camera da letto. Era questo che accadeva quando dormivano abbracciati. Ma, quella mattina, i loro occhi erano aperti e si scrutavano l'un l'altro, in assoluto silenzio. Blake le accarezza il braccio, lentamente, scendendo con la mano su e giù; Skyler studiava i suoi lineamenti, pensando come potesse essere possibile che un viso talmente bello fosse il risultato di calcoli e provette.
"Devo andare a lavoro..." sussurrò il balancer.
"Non devi andare per forza..." rispose lei, accucciandosi a un palmo di naso.
"Vorrei che la mia vita ricominciasse da zero..." disse, poi, lui.
Un velo di malinconia gli si stese sopra gli occhi, "Vorrei ripartire con te e dare un senso diverso alle mie cicatrici." proseguì, senza smettere di guardarla, "Vorrei darti ciò che meriti, Skyler..."
"Hey... smettila di dire così..." rispose la ragazza, passando le dita fra i capelli del balancer.
"Ma io non posso dartele..." continuava lui, con voce fioca.
"Non mi importa. A me non serve nient'altro..."
Blake deglutì, lasciando che una massa di pensieri amari scendesse giù dalla gola, "A volte penso a come sarebbe stato sulla Terra..."
"Davvero?" la ragazza percorreva con la mano il suo zigomo.
"Sì... pensi sia una cosa stupida?"
"No, non penso che sia stupido, Blake."
Il ragazzo accennò un lieve sorriso, "Ti avrei costruito una casa sull'oceano. Niente di sontuoso... solo una piccola casetta provvista di tutto il necessario per vivere bene. E un grande giardino, un grande giardino tra le rocce." sussurrò.
"Sembra meraviglioso..." emise lei, con un filo di fiato.
"Avremmo coltivato qualsiasi pianta e pranzato tutti i giorni in cortile, con la brezza marina che ci spostava i capelli... ci pensi?"
Skyler si lasciò andare ad un timido riso.
"...Ci pensi?" ribadì lui.
Il viso di Blake passò repentinamente dall'entusiasmo alla malinconia più nera. Allo stesso modo, il sorriso della ragazza mutò in un'espressione seria e frustrata.
Si osservarono intensamente, muti, immobili, con gli occhi che si facevano via via più lucidi. Il mondo esterno ritornò ad invadere la stanza ed il grigiore di quella vita anestetizzata si impossessò del loro umore. La consapevolezza che quei sogni, semplici, legittimi, sarebbero rimasti tali si insediò tra i polmoni, come fumo nero che incenerisce tutto.
"Devo andare..." sancì infine lui, distogliendo lo sguardo e alzandosi dal letto, "...si è fatto fin troppo tardi."
Skyler ruotò lentamente la testa verso la finestra: non c'era modo di aggirare l'ostacolo; non c'era modo di evitare il peggio, quando il peggio era l'unica cosa che potesse accadere.
Il ragazzo infilò la camicia dentro i pantaloni, "Va da Connor, per favore."
"Ma non ho alcun turno, stamattina..."
"Lo so, ma preferirei che non restassi sola a casa." rispose lui, indossando la giacca.
La ragazza lo osservò, prendendosi qualche istante per pensare.
"...Sì, hai ragione."
Spostò il piumone di dosso e cercò i suoi jeans.
"Sembri nervoso." constatò, raccogliendo da sotto il letto i suoi stivaletti color cuoio.
Blake portò i capelli all'indietro col pettine, "Mi aspetta una giornata impegnativa... tutto qui."
"Del tipo?" la ragazza entrò il piede dentro la scarpa e gli andò vicino.
Le lanciò un veloce sguardo, con la coda dell'occhio "Solite cose... nulla che meriti interesse."
Tirò il nodo alla cravatta e lasciò, in fretta, la camera.
Skyler lo seguì, "Non mi parli mai delle tue cose..."
Il balancer si portò accanto al divano del salotto e tirò fuori il dispositivo del reset-41, di fronte al volto perplesso della ragazza.
"Che... che stai facendo?" domandò, allargando leggermente le braccia.
La siringa penetrò il suo collo, "Non voglio alimentare dubbi. I miei colleghi mi puntano gli occhi addosso, ultimamente."
Era una risposta, senz'altro, di senso. Ma c'era qualcosa, in quelle parole, che non la convinse del tutto.
"Col tempo capirai..." mozzò, afferrando le chiavi della sua moto e andando via.

***

Quell'ultima frase rimbombava nella testa di Skyler, come se qualche tassello del puzzle mancasse. Connor la guardava in silenzio, mentre aggiustava le sedie sotto ai tavoli.
"A cosa pensi, Anderson?"
La ragazza poggiò la tempia sulla mano, "Vorrei tanto saperlo anche io..."
Il vecchio corrugò leggermente la fronte, "Ne sei sicura?"
"In qualunque caso, non credo che potresti capire."
"Mettimi alla prova, ragazza." Connor andò davanti a lei, piantando i piedi a terra.
Alzò lo sguardo, "Tempo fa mi raccontasti che avevi una moglie prima di arrivare qui, giusto?!"
L'anziano deglutì, mascherando il dolore dei ricordi, e si limitò ad annuire.
Skyler, allora, prese un respiro profondo "...Quanto ti è costato lasciarla andare?"
Gli occhi del vecchio si incrociarono ai suoi, "Perché mi fai questa domanda, Anderson."
"Lo sai benissimo il perché, Connor. Lo sai perché." rispose, subito, lei, con la voce che iniziava ad incepparsi in un affannoso senso di vuoto.
L'uomo strinse la mandibola.
"Ero solo un ragazzo quando vennero a prendermi. E avevo due scelte di fronte a me. Rimanere con lei e farci ammazzare o imbarcarmi e scegliere di vivere. Ero ancora troppo ingenuo e piccolo per capire che questa non sarebbe stata la Vita... ma solo mera sopravvivenza."
I suoi occhi erano spenti mentre ne parlava e sembrava quasi che fosse sul punto di crollare.
"La vita la rinnegai quando andai via da Elizabeth. Ma certe cose non le vedi quando sei cieco."
La ragazza abbassò leggermente le palpebre, "...Se potessi tornare indietro, rimarresti con lei? Nonostante tutto?..."
Connor rimase in silenzio, per qualche secondo. Guardò il bancone, poi direzionò l'attenzione nuovamente su Skyler.
"...No, Anderson." rispose, "Se potessi tornare indietro, avrei pregato Dio di non farmela mai conoscere. Di non averla mai incontrata."
"Per... perché." balbettò, confusa.
"Perché non avremmo mai avuto un futuro per noi, ragazza. Né lì, né su questo pianeta." esordì, voltando le spalle verso la mensola dei bicchieri.
Skyler si alzò dallo sgabello, "Ma tu l'amavi, Connor... Voi vi amavate!" esclamò, con occhi tremanti.
"QUESTO NON CONTA, ANDERSON!" urlò, con l'anima ferita, girandosi di scatto verso lei, "...Questo non conta." riprese, ritornando in sé.
Skyler si ammutolì, rimanendo immobile davanti al vecchio.

"Se c'è una cosa che ho imparato, in mezzo a tutto questo maledetto delirio... è che devi sempre sacrificare qualcosa, se vuoi andare avanti. Soldi?! Beni?! Affetti?!... Non importa quale sia la rinuncia. Ma c'è sempre... c'è sempre qualcosa che devi lasciare indietro. E questa non è una bella storia, ragazza. Le fiabe restano scritte solo nei libri che adesso bruciano tra le fiamme delle città in cui siamo nati! NON ESISTONO BELLE STORIE, SKYLER! ESISTE SOLO IL FUTURO E, CON ESSO, L'ESISTENZA. Pensi che non avrei voluto morire tra le sue braccia piuttosto che marcire per trent'anni dentro questa maledetta bettola?!... CERTO CHE LO AVREI VOLUTO. Ma il punto è che non sempre bisogna fare ciò che si vorrebbe. A VOLTE BISOGNA FARE SEMPLICEMENTE CIÒ CHE È PIÙ GIUSTO FARE!"
Connor si arrestò, fissando la ragazza che, con gli occhi spalancati, era rimasta inerme ad ascoltarlo.
"Da quanto..." disse, poi, lei "...da quanto tempo sai di noi due."
L'uomo abbozzò una leggera smorfia, "Da prima di voi stessi...", prese in mano uno strofinaccio, iniziando a passarlo sul balcone "Certi sguardi non mentono, Anderson. Sarò pure vecchio, ma non sono uno stupido."
Skyler sospirò, con la testa pesante e i pensieri in subbuglio, e cadde nuovamente sulla sedia, sconfitta ed esausta.
"Lo amo, Connor... e non riesco ad evitarlo. Non ci riesco..." sibilò, tremando.
Il vecchio si guardò intorno, accertandosi di essere gli unici dentro al locale, "Ascoltami, ragazza..." disse, avvicinandosi a lei, "Ci tengo a quel ragazzo. L'ho visto crescere, l'ho visto diventare un uomo. Non voglio che gli succeda nulla di brutto. Come non voglio che succeda a te."
"E allora dimmi cosa devo fare..."
"Devi lasciarlo andare."
La ragazza alzò gli occhi lucidi verso il soffitto, "La situazione è molto più complicata di quanto tu possa immaginare..."
"Anderson..." il vecchio si passò una mano sulla bocca, "...tu sai già cosa fare. Ma non hai abbastanza coraggio per farlo. Quindi temporeggi, in attesa che una soluzione cada dal cielo, ma sai già da sola che questo non succederà."
Skyler strinse i denti, provando a reggere lo sguardo di Connor.
"E tutto ciò che ti ho detto tu lo sapevi già... non ti aspettavi parole diverse da me. Perché tu sai quale è la strada da percorrere. Tu sai cosa è giusto. E, allora, fa la cosa giusta, ragazza. Prima che sia troppo tardi."
Skyler scostò lo sguardo, chiudendo istintivamente gli occhi, quasi per cancellare dalla vista quelle parole che le avevano trafitto lo stomaco.
Alzò, poi, il viso in direzione dell'anziano. Dietro di lui, in alto, il televisore stava proiettando il consueto notiziario. Ma qualcosa attirò subito l'attenzione della ragazza, che si mise in piedi.
"Connor, alza il volume." disse con rigidità, senza smettere di fissare lo schermo.

"Ed ecco, in diretta, le prime immagini dell'assalto che ha avuto luogo, pochi minuti fa, presso i magazzini Wencklet. Era da mesi che le forze governative erano sulle tracce degli uomini di Malcolm Kass..."

Nell'inquadratura, Blake ed altri colleghi a fianco puntavano le pistole verso le teste di una decina di uomini a muro, in quella che sembrava una vera e propria esecuzione di massa.

"...Ci arriva la conferma che tutti i componenti della banda sono stati eliminati."

Le immagini che scorrevano davanti al viso congelato di Skyler, mostravano un ragazzo completamente diverso. I grilletti furono schiacciati all'unisono, con immenso distacco e precisione chirurgica. Gli uomini caddero a terra come birilli, a peso morto, inermi.

"Ed è così che una della bande ribelli più organizzate dell'intero distretto... è stata finalmente sdradicata. Un successo dopo l'altro per il governo di Mr. Peace che, poco fa, ha commentato questo importante risultat..."

Il vecchio spense il televisore, serio in volto.
"Non puoi cambiare il sangue che pompa dentro al cuore di un uomo, Skyler. Tu sai cosa fare."
Una lacrima fuggì via dalla guancia della ragazza e si rifranse sopra al pavimento.

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