• Capitolo XL •

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Mancavano tre giorni alla fine del programma di inserimento. Mancava anche il coraggio di affrontare l'epilogo, mancava la determinazione di farlo e basta, mancava la giusta freddezza per agire, mancava la certezza di stare percorrendo la strada giusta.
A non mancare, però, erano le carezze con cui Blake attraversava la schiena di Skyler, ancora assonnata in quel vortice sconnesso di lenzuola. Risalì con indice e medio lungo la colonna vertebrale, arrestandosi all'altezza della nuca e posando lì un leggero bacio. La ragazza schiuse lentamente gli occhi e ruotò il busto in direzione del balancer che la osservava in silenzio, quasi sospeso da pensieri che non avrebbe mai violentato ad alta voce.
Anche Skyler ricambiò a quello sguardo e solo le loro anime potevano sepere cosa si stessero dicendo o, forse, cosa stessero tacendo. Un qualcosa di non detto aleggiava come uno spettro tra lo spazio dei loro visi, fino a rendere i respiri più intensi. Più si rendevano conto di essere vicendevolmente indispensabili ed irrinunciabili, più si faceva soffocante l'idea che non sarebbe potuto durare per sempre.
"Ti va di vedere un posto?" chiese Blake, sussurrando.
Skyler accennò un sorriso di malinconia ed annuì. Lo avrebbe seguito ovunque, sì, ovunque.
Abbandonarono la brandina, rivestendosi senza troppa fretta: la mattinata era lunga e le ore ancora addormentate tra le lancette.

Non passò troppo tempo che erano già saliti in macchina, con la stessa velocità di due ladri in fuga che temono di essere ripresi dalle telecamere di sorveglianza. Mentre le ruote scorrevano veloci sull'asfalto, il centro città si faceva sempre più distante, lasciando posto ad un panorama periferico di edifici pericolanti e strade dissestate, che era ben lontano dalle immagini di società perfetta ed avanzata tanto celebrata dal governo di Mr. Peace.
Durante il viaggio, furono poche le parole che i due giovani si scambiarono. Skyler sembrava rapita dal paesaggio desolato ma, allo stesso tempo, affascinante che scorreva rapidamente ai margini della strada. Blake, invece, manteneva ben stretto lo sterzo e, ogni tanto, ruotava la testa verso destra guardandola di sfuggita, senza farsene accorgere. Un sorriso, poi, fuggì via dal suo viso quando la vide poggiare la fronte sul finestrino ed abbandonarsi ad un leggero sonno. Era bellissima anche così, pensò. Era bellissima anche inghiottita da quella felpa slabbrata e scolarita, anche con i capelli spettinati che nemmeno una coda riusciva a raccogliere e domare, anche con quel velo di stanchezza e disperazione che le si posava sulle palpebre ogni qualvolta si addormentasse. Non c'erano scorci di cielo che potessero competere con quella grandiosa e disarmante bellezza, continuava a ripetersi in testa, mentre la metropoli era già diventata una macchia grigia in mezzo al rosso deserto.

Dopo circa quaranta minuti, spense il motore nel bel mezzo di quella che sembrava una tundra arida, uno sputo di terra dimenticato da Dio.
Scese, poi, dall'abitacolo, provocando con lo sportello un rumore metallico che destò Skyler dal torpore. La ragazza si guardò confusamente attorno e si spinse contro il sedile, intravedendo il balancer che si allontanava dall'auto di qualche metro, mentre portava alla bocca una sigaretta.
Lo raggiunse, allora, trovandosi davanti gli occhi un immenso oceano dai riflessi verde acqua. In qualche punto, la superficie sembrava grondasse fumi di vapore, in altri invece il colore assumeva toni violacei.
"Blake..." disse, incredula, accostandosi a lui "...dove siamo?"
Il ragazzo aspirò il fumo, "Ai piedi di Maicron, uno dei tre oceani più vasti di Osmium."
Il vento soffiava impetuoso tra i capelli dei due giovani.
Skyler accennò un sorriso.
"Volevi vedere l'oceano, o sbaglio?" proseguì lui, rivolgendole uno sguardo complice.
"Non pensavo che te lo ricordassi ancora..."
Allontanò la stecca dalle labbra, continuando a fissare l'acqua "Non potrei dimenticare nulla, non queste cose."
La ragazza scostò una ciocca castana che le si era incollata sulla curva della bocca e abbassò leggermente la testa, ad osservare la sabbia rossiccia che invadeva la punta degli stivaletti.
"Stai bene?" chiese B-273, notando quella reazione.
"Hai mai sentito parlare del Golfo dell'Alaska?" gli domandò, tornando a guardarlo.
Il ragazzo abbozzò un'espressione perplessa, evidentemente ignaro di cosa fosse.
"Lì avviene qualcosa di unico. Il mare dei ghiacciai si incontra con quello oceanico, a differente densità. I due mari, così, si toccano senza però mai mescolarsi: la fauna dell'uno non potrebbe vivere nell'altro e viceversa. Qualunque cosa morirebbe se quelle due acque, per un qualche motivo, iniziassero a compenetrarsi. Ci pensi? È un equilibrio perfetto e, allo stesso tempo, fragilissimo. Tutto dipende da quello. Potranno per sempre sfiorarsi, ma mai fino in fondo. Rimarranno per l'eternità due entità separate, perché è questo che permette la vita in entrambi." concluse, strozzando in gola un nodo di angoscia.
Il balancer ascoltò quelle parole con trasporto, rimanendone in parte colpito. Gettò sul terriccio la sigaretta e la calpestò con calma. Alzò un po' il mento, fino a contemplare la linea del cielo confondersi a quella dell'acqua, "Ma rimarranno, comunque, per sempre vicini. È per questo che me ne parli. Se si fosse trattato di un unico mare, probabilmente non mi avresti mai raccontato questa storia."
"Questo non conta..." riprese lei.
"Certo che importa, invece. È l'unica cosa che conta." replicò il balancer, "È un evento unico... ed è questo a renderlo incredibilmente bello. Quindi perché non godere semplicemente di questa bellezza, invece che porsi domande su quello che potrebbe accadere?"
Skyler corrugò la fronte, esponendo il viso alle raffiche di vento che diventavano sempre più violente.
"Perché mi fa paura, Blake." esordì, mentre la voce tremava "Mi fa maledettamente paura."
In quel momento, il petto di B-273 si contrasse in una scossa energica, rilasciando malinconia ed acido lattico.
Le si avvicinò, "Ho paura anche io, Skyler. Non hai idea del terrore che provo pensando al domani. Non sono così forte... non più, perlomeno. E non l'avevo mai nemmeno lontanamente considerata la paura, prima di incontrarti. Ma ci sono dentro e, credimi, non voglio uscirne. È folle, ma non voglio uscirne. Perché preferisco avere il timore di schiantarmi contro un disastro anziché perderci ed essere noi stessi a causarlo."
"Io non riuscirei mai a perdonarmi, se non lottassi." sibilò lei, con gli occhi lucidi.
Blake annuì, spostando un po' di sabbia con la suola, "Lo so."
Si guardarono per qualche istante, col cielo che iniziava a coprirsi di nubi nere. L'oceano si dipinse di un grigio acciaio e dei fischi di vento freddo presero a risuonare in tutta la distesa.
"Andiamo via. Saliamo in macchina e fuggiamo lontano dalla città. Attraversiamo questo deserto fin quando il serbatoio non si sarà svuotato. Troveremo un modo per sopravvivere... ci deve essere qualcosa oltre questa sabbia." disse, poi, con tono quasi disperato.
Blake strinse la mandibola ed abbassò lo sguardo.
"Perché c'è qualcosa oltre questa sabbia... non è vero?!" riprese, con un filo di fiato.
"Ci troverebbero dopo qualche giorno."
"Varrebbe comunque la pena rischiare! ...Non è così?!" ribadì lei.
Le onde del mare si infrangevano contro la battigia, come schiaffi sulla pelle asciutta.
"...Non è così, Blake?!" una lacrima fuggì via dal viso.
Il balancer rimase fermo a guardarla, in solenne silenzio. Ne capiva il disagio e voleva solo lasciarla sfogare fin quando non si sarebbe sentita meglio. Si sarebbe pure fatto prendere a schiaffi, se ce ne fosse stato bisogno. Sarebbe rimasto immobile, su quel lembo di terra secca, lasciando che Skyler lo colpisse con tutta la forza che aveva. Ma la giovane non fece nulla di tutto ciò, avanzò di qualche centimetro e poggiò il capo sopra al petto di Blake. B-273, allora, la strinse in una morsa che sapeva di tutte le cose che si erano detti sottovoce, urlando, piangendo, durante quei brevi ma infiniti tre mesi.

La ragazza pose i palmi sugli zigomi del balancer e lo portò a guardarla dritto negli occhi, "Ti amerò per sempre, B-273." riuscì a sibilare.
Blake deglutì, sentendo sul capo come la sensazione di essere giunti alle porte di una svolta. Qualcosa stava per accadere, era nell'aria, percettibile tanto quanto un pugno allo stomaco.
"Ti amerò per sempre, W-1022." rispose.
"Qualunque cosa accada..." aggiunse lei, allargando le narici, in una lotta atroce tra il contegno ed il pianto.
"Qualunque cosa accada."

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