•39 Trascinarsi

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<<Le previsioni del tempo ci mostrano una settimana all'insegna del sole e del bel tempo in quella che sembra essere l'estate più bella e soleggiata degli ultimi dieci anni, l'ideale per le vacanz->>
<<Ma andate all'inferno>> commentai, spegnendo il piccolo televisore e gettando con poca grazia il telecomando sul tappeto dove ormai vegetavo da quelle che dovevano essere ore.
Vedere il viso fintamente entusiasto e sorridente della giornalista era bastato per farmi risalire tutto d'un colpo il malumore. Come se quel programma fosse andato in onda solo per far innervosire me, ormai chiusa in camera da due giorni con a farmi compagnia solo i messaggi costanti di Momo e il vociare del televisore tenuto acceso quasi tutto il giorno a basso volume.
Di mettere qualcosa nello stomaco non se ne era assolutamente parlato, giacché era chiuso in una morsa e la sola vista del cibo mi aveva causato nausea e disgusto.
La valigia destinata alla vacanze di quell'anno era abbandonata in un angolo della stanza come una carcassa lasciata agli avvoltoi, mezza vuota e disordinata.
Momo aveva cercato in tutti i modi di convincermi a partire ugualmente, ma il solo pensiero di mettere il naso fuori casa mi destabilizzava.
Nella mia mente avevo precedentemente figurato quella vacanza come un sogno a occhi aperti, un paradiso da condividere con il ragazzo che amavo. Solo che in breve tempo si era tramutato in un rovente inferno con le braccia protese verso di me, senza più nessuna dolce metà con cui dividere quei giorni di spensieratezza.
Non avevo più sentito Kirishima da quando mi aveva lasciata in modo alquanto spregevole e disonesto, ma in fondo lo preferivo. Ero talmente provata da non riuscire a tollerare più nemmeno una parola o una spiegazione da parte sua.
Avevo solo voglia di restare chiusa nella mia stanza fino alla notte dei tempi, lontana da ogni essere di genere maschile che ancora respirava.
Perfino le collaboratrici di mia madre sembravano essersi rassegnate davanti alla mia intenzione di restarmene in pace, dopo che le avevo invitate ripetutamente a non entrare nella mia stanza. Il tutto senza tener conto della buona educazione e delle norme sociali, anzi potevo tranquillamente ammettere di averle esortare con modi alquanto burberi e schietti.
L'orologio da parete segnava le 10:34 del mattino, informandomi di essere ormai sveglia da quelle che dovevano essere almeno quattro ore.
La notte portava con sé solo incubi dove vedevo quello che ormai era il mio ex ragazzo impegnato in atteggiamenti decisamente intimi con la ragazza dai capelli del colore del grano baciato dal sole, portandomi puntualmente a bruschi risvegli accompagnati da costante malumore.
Io dal canto mio recitavo bene la mia parte di donna vissuta indifferente e superiore davanti alla rare visite che ricevevo, ma la verità era tutt'altra. Non ero forte, né tantomeno indifferente.
Avevo il cuore sigillato in una morsa che non si allentava nemmeno per un secondo e che non mi dava mai tregua.
Passavo ore intere pietosamente raggomitolata su me stessa ad autocommiserarmi, ascoltando una playlist che sfoggiavo solo quando il mio umore sprofondava tre metri sotto terra.
Forse in situazioni simili l'ideale sarebbe rifugiarsi in cose che danno il buon umore o che allietano e invece puntualmente si cade nel masochismo assoluto, scegliendo sempre e solo ciò che porta ancora più tristezza.
La natura dell'essere umano mi appariva sempre più strana e contorta, tanto da farmi quasi ridere. Ma in fondo non c'era assolutamente nulla da ridere.
Il miserabile loop di pensieri negativi si bloccò quando le mie orecchie registrarono prima il rumore del campanello suonare e poi il vociare sommesso di numerose persone che si facevano largo prima lungo le scale e poi per il corridoio, interrompendosi solo davanti la porta chiusa a chiave della mia stanza.
Un pensiero poco piacevole si fece rapidamente spazio nella mia mente, in concomitanza col suono di nocche che battevano decise contro la superficie in legno della mia porta.
<<So che sei lì dentro a compatirti, ma ti do cinque secondi per aprire la porta.>>
Fu la voce della mia migliore amica a parlare e ormai la conoscevo talmente bene da sapere che a nulla sarebbe valso ignorarla oppure oppormi. Era talmente testarda da essere capace di soggiornare là fuori anche per tutto il giorno.
Svogliamente mi alzai dal tappeto, quasi ruzzolando a terra a causa delle gambe addormentate in protesta dopo le numerose ore costrette nella stessa posizione.
Imprecando sottovoce mi avvicinai con passo strascicato alla porta, trovando la mia visuale occupata da una serie di visi conosciuti.
Le mie compagne di classe Momo, Megumi e Ran svettavano in prima fila, mentre Tetsutetsu, Sero, Mashirao e Kaminari aspettavano nelle retrovie e con il collo allungato per scrutare la mia immagine. Praticamente la comitiva per le vacanze estive al completo, ad esclusione di Kirishima.
Non dovevo essere un bello spettacolo in quel momento, ma non me ne curai.
Il corridoio era affollato come mai lo era stato e li trovai quasi buffi tutti ammassati come galline in un pollaio.
Sapevo benissimo da me il motivo della loro visita, senza bisogno di spiegazioni che ovviamente non arrivarono.
<<Credevo di essere stata chiara: non ho nessuna intenzione di partire>> dissi, incrociando le braccia al petto e per niente decisa a cedere terreno.
<<Oh sì che lo farai, altrimenti stai pur certa che non ci schioderemo da qui mandando al diavolo la partenza. E tu non vuoi rovinare le vacanze estive a tutti noi, vero?>> chiese Momo, mostrandomi un'espressione furba e soddisfatta.
<<Ehi! Questo è sleale da parte vostra. Non potete costringermi a partire e non ho nessuna intenzione di->>
Le mie parole passarono in secondo piano quando le ragazze entrarono nella stanza ignorandomi completamente.
<<Dai ragazze, aiutatemi a finire la valigia di questa scansafatiche. Io penserò ai vestiti, tu Ran agli accessori e tu Megumi al necessario per il beauty case>> ordinò Momo, iniziando a mettere le mani nell'armadio che ormai da tempo conosceva fin troppo bene, complici i pomeriggi passati a prepararci insieme.
<<Sicure di non volere anche il mio aiuto? Potrei aiutarvi selezionando personalmente l'intimo più accattivante e i costumi da bagno>> si propose Kaminari, ottenendo come risposta solo la porta sbattuta in faccia da parte di Megumi.
<<I ragazzi fuori dai piedi, qua ci pensiamo noi>> disse categorica, correndo a recuperare il materiale indicatole da Momo.
A nulla valsero le mie numerose proteste, perché dopo appena dieci minuti la mia valigia era pronta all'uso e dei vestiti mi erano stati lanciati addosso, mentre le ragazze mi spingevano verso il bagno per costringermi a rendermi presentabile a partire.
Smisi di ribellarmi quando mi infilarono il mio spazzolino in bocca intimandomi di tacere, giurando di trascinarmi in stazione anche con la forza e in pigiama se necessario.
Siccome non ci tenevo a finire sui giornali locali per poi essere ricordata come la pazza in pantofole decisi di assecondarle, giurando a me stessa di fare loro molti dispetti durante la notte. Talmente tanti da non riuscire più a contarli.

SPA PER ORNITORINCHI CON L'ESAURIMENTO NERVOSO
Avete presente quella sensazione di pace e relax che si prova quando si scrive una storia e tutto vien da sé perché il quadro è già bello delineato nella propria mente? Bene, io no. Quindi se voi sapete cosa si prova ditemelo, perché io qua sto all'arrembaggio.
Qualche mese fa sapevo con esattezza cosa fare, solo che col passare del tempo mi è sembrato sciocco e quindi ad oggi sono ancora qui, che non so nemmeno cosa mettere nel capitolo 40. Non so niente, tranne che titoli idioti mettere nell'angolo autrice, per quelli le idee non scarseggiano mai.
Come promesso sono tornata mooooolto prima dei tre mesi trascorsi tra il 37 e il 38.
Dopo questo voglio che tutte le minacce e le armi puntate contro di me vengano riposte, grazie.
In cambio tornerò prima che posso col 40 (anche se devo pensare bene a cosa metterci lol).
Alla prossima avventura!

Rich {Kirishima x Reader}Where stories live. Discover now