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Le giornate mi scorrono davanti pallide, e in un batter d'occhio siamo già a Natale.
Da quando i ragazzi sono passati a trovarmi al bar, beh, sono diventati 'i ragazzi'.
Col tempo ho avuto il piacere, non sempre, di conoscere le rispettive ragazze di ognuno e ho notato che Tonno, nelle ultime settimane, passa troppo spesso del tempo in casa mia.
In realtà tutti iniziano a passare fin troppo spesso del tempo da noi. Almeno una volta al giorno, da quella sera al bar, c'è uno dei ragazzi in casa.
Questo ha ovviamente scatenato una crisi nella mia relazione e nell'autostima di Riccardo, che non vede di buon occhio il fatto che così tanti ragazzi passino così tanto tempo a casa mia.
Alla fine, sta imparando a conviverci, visto che sono uno spirito libero e non mi faccio mettere i piedi in testa dal primo che passa. Perché dopo soli tre mesi di relazione, è ancora il primo che passa.
Questa mattina in particolare, sono seduta da sola in un bar che aspetto Bea, la ragazza di Nelson.
Stranamente, mi son trovata talmente bene con lei, da abbattere il solito muro di riservatezza che mi caratterizza e rende interessante agli occhi delle persone.
Con Beatrice c'è stata immediatamente quest'intesa, quest'empatia al primo sguardo, che tutt'ora mi fa venire i brividi.
Cosa contraria è accaduta invece con la fidanzata di Cesare, Sofia.
Non ho nulla contro di lei, ma già dalla serata al bar, ho come la sensazione di non starle simpatica.
«Marghe!» esclama Beatrice, correndo verso il tavolo dove sono seduta. «Scusami, Nelson ha fatto tardi ad un appuntamento e mi ha stravolto tutti i piani.»
Ha le guance arrossate di una persona che ha appena corso e i capelli leggermente crespi alle radici, ma nonostante ciò resta graziosissima ai miei occhi.
Le sorrido, rassicurandola.
«Da quando Nels ha deciso che dobbiamo praticamente convivere, mi piace stare un po' sola.» ammetto, stringendomi nelle spalle. «I ragazzi sono sempre a casa mia! L'altro giorno ho trovato Tonno a dormire sul divano.»
«So che il tuo cane ha attaccato Nicolas, settimana scorsa.» ridacchia divertita e io subito divento rossa, coprendomi il viso con le mani.
«Mio dio, lui è il più difficile da gestire.» scuoto la testa, mentre una cameriera prende gentilmente i nostri ordini.
«Nelson mi ha detto che è diffidente con tutti.»
«Nicolas voleva solo accarezzarlo ma non sono riuscita ad avvertirlo, perciò Polpetta gli ha letteralmente azzannato una mano.» racconto, consapevole del fatto che sicuramente Nelson l'avrà aggiornata. «Ho pagato a Bic tutte le medicine che gli ha prescritto il medico e l'ho accompagnato di corsa in ospedale.»
«Cesare ha detto che è stata la scena più esilarante di tutta la sua vita.» è un commento casuale, che mi fa ripensare ad una scena accaduta la mattina dopo l'incidente con Polpetta.

«Ma sai che...» rido, nel sentire la voce di Nelson dire quelle esatte parole col tono che le rendono delle parole riconoscibili dalle persone che seguono il loro canale.
Mi alzo subito dopo e vado in salotto per fumare una sigaretta senza disturbare gli altri.
Lancio il pacchetto sul tavolino basso posto tra i due divani e sento subito Polpetta raggiungermi ed acciambellarmisi addosso.
Chiudo gli occhi e abbandono la testa sullo schienale, continuando a fumare.
Uno scatto di una macchina fotografica disturba la mia quiete e vedo il viso sorridente di Cesare dietro una macchinetta analogica, appostato strategicamente dietro un muro.
«Mi hai spaventata.»
Bugiarda, avevo sentito il suo sguardo seguirmi da quando ho lasciato l'altra stanza.
«Scusami, ma ti vedo spesso farlo e mi piace l'atmosfera che ti si crea attorno.» si giustifica, posando la macchina fotografica su un mobile e raggiungendomi.
Si siede però sull'altro divano, e restiamo entrambi sorpresi dal fatto che Polpetta all'improvviso, si sposta dalla mia pancia, all'altro divano, accanto a Cesare.
Ma nessuno dei due, osa dire qualcosa sull'accaduto.

«Marghe, tutto okay?» mi richiama Beatrice, ed io sbatto velocemente le palpebre per tornare alla realtà.
«Scusami B, ma stavo ripensando ad un dettaglio di quella sera che mi era sfuggito.» le rispondo stralunata, come se la voce non fosse mia.
«A che pensavi?» veniamo interrotte dalla cameriera che ci porta le nostre ordinazioni, ed entrambe perdiamo tempo a scattare foto e fotine ricordo.
Fortunatamente l'argomento cade lì, ed io mi godo questa giornata libera.
Parliamo di tutto e di niente e giriamo per i negozi, a caccia di regali per Natale, che è settimana prossima.
Alla fine ho patteggiato con i miei e con le mie coinquiline.
Denia resterà in Sicilia fino all'inizio della sessione invernale, Cecilia salirà su ad Aosta dai suoi genitori, e i miei verranno qui a Bologna, assieme ai miei fratelli.
Sono la quinta di sette fratelli, ebbene sì.
Manuel, Martha, Marco, Michele, Matilde e Mara.
I miei maggiori hanno tutti una carriera bella che avviata, mentre Mara e Mati hanno appena iniziato l'università.
«Marghe, tu che fai a Natale?» mi chiede all'improvviso Bea, mentre osserviamo la vetrina di Tiger.
«Salgono i miei e i miei fratelli su a Bologna dal 23 al 27.» le dico, osservando una tazza.
«Pensavo fossi figlia unica!» sgrana gli occhi.
È vero, all'apparenza sembro figlia unica a qualsiasi persona a cui mi presento. Non sono mai riuscita a capire il perché.
Ho anche un bellissimo rapporto con i miei fratelli, nonostante siamo uno diverso dall'altro. Ovviamente tra tutti ho il mio preferito, ovvero Michele, che è quello con cui ho più empatia in assoluto.
«Ho tre fratelli maggiori e tre sorelle.» le sorrido, perché mi piace parlare della mia famiglia alle persone di cui mi fido.
«Wow!» esclama. «I tuoi sono degli eroi!»
Scoppio a ridere alla sua affermazione, e la trascino sotto i portici, mentre continua a riempirmi di domande.
Le spiego che Manuel è il più grande e che compirà 35 anni in Marzo. Che fa l'ingegnere aereonautico a Londra e che si è fidanzato da poco con una ragazza francese di nome Amelie.
Subito dopo di lui, c'è Martha. Ha compiuto trentadue anni da poco, fa la logopedista ed è andata a vivere da sola più o meno nello stesso periodo in cui io mi sono trasferita qui per iniziare la magistrale, ovvero in agosto. Marco fa il tatuatore e ne ha compiuti trenta.
Poi le racconto del mio rapporto empatico con Michele. Di come sia frustrato perché non riesce a trovare qualcuno che lo paghi adeguatamente, e di come ancora viaggia per lavorare da commercialista a due soldi.
E infine, concludo il racconto parlando delle gemelle. Mati e Mara è come se fossero due sorelle a parte, nonostante siano gemelle, hanno due attitudini completamente diverse, ed ho più rapporto con Mara, rispetto a Matilde.
«Voglio conoscerli.» afferma sicura, a fine racconto. «Organizza qualcosa a casa tua anche con i ragazzi, ti prego!»
«I miei non sanno che casa mia è diventata un campo per l'accoglienza di rifugiati.» ci scherzo su, facendola ridere.
«Ma penso sappiano che hai un vicino.»
«In realtà Nelson si è trasferito dopo di me, ora che ci penso.» rifletto.
All'improvviso, sento un qualcosa travolgermi all'altezza delle gambe che mi fa cadere a terra.
Abbasso lo sguardo e noto gli occhi dolci di Chewbe.
Mi scambio un'occhiata con Beatrice, ed entrambe siamo incredule. Ah, e io ho il culo spappolato sul pavimento dei portici.
Subito dopo, i miei occhi si scontrano con quelli verdi di Cesare.
È una chimica che mi spaventa, una sensazione che mi avvolge e mi riscalda.
«Chewbe!» rimprovera il cane e me lo toglie di dosso, mentre io sono ancora sconvolta come una cretina.
A terra.
Con l'acqua che mi sta bagnando anche le mutande.
«Scusami Ghe, è scappata all'improvviso.» la mano di Cesare mi si para davanti al viso, e l'afferro senza distogliere i miei occhi dai suoi.
«Come mi hai chiamata, scusa?» rabbrividisco a sentire quel soprannome.
«Ghe.» sillaba, restando fermo a fissarmi negli occhi.
Mi arriva un colpo al cuore e sento subito tutto ovattato.
Non sentivo quel soprannome da anni, tredici, per essere più precisi.
L'ultima cosa che riesco a percepire è l'urlo strozzato di Beatrice, dopodiché il nulla.
Quando sento i sensi riprendere il controllo del mio corpo, muovo prima le dita con delicatezza e poi provo ad aprire gli occhi.
Mi ritrovo in camera mia, con Polpetta che fa la guardia alla porta e un coro di voci che discutono.
Mi tengo la testa tra le mani e riesco ad alzarmi a sedere.
«Dove credi di andare.» spaventata, mi rannicchio su me stessa e noto solo adesso la figura di Cesare che siede mollemente sulla poltroncina bordeaux che tengo in camera, gli occhi fissi sul cellulare e Chewbe acciambellata sui piedi.
Deglutisco, sentendomi vulnerabile.
«Ti avverto che di la è scoppiato un delirio fatto di sensi di colpa e videochiamate con gente del sud che urla da ore dal tuo pc.» racconta, facendo cenno a Chewbe di spostarsi e mi raggiunge sul letto.
Negli occhi verdi, uno sguardo preoccupatissimo, che mai mi sarei aspettata di leggergli negli occhi.
«Sto bene.» quello che esce è un filo di voce impercettibile.
Cesare scuote la testa.
«C'è anche Doc, le ragazze l'hanno chiamato mentre ti portavo qui.»
Trattengo il respiro e mi scappa un singhiozzo.
«Margherita!» la voce di Doc riempie la stanza, accanto a lui, Sandra mi rimprovera con lo sguardo.
«Vi lascio soli.» è tutto ciò che dice Cesare, lasciando la stanza e richiamando sia Chewbe che Polpetta.
Sorprendentemente, anche il mio grosso cane color cioccolato, lo segue. Non senza avermi lanciato un'occhiata.
«Piccola, ci hai fatti morire di spavento.» Sandra mi aiuta ad alzarmi e mi tiene stretta a se, cullandomi.
Riesco ad essere leggermente più tranquilla, ma quando incrocio gli occhi scuri e profondi di Doc, la sensazione di panico e tormento mi invade di nuovo i sensi, costringendomi a tornare a letto.
«Daisy, ne avevamo parlato mesi fa.» la sua voce è ferma e grossa. È la stessa voce con cui mi ha rimproverata tre mesi fa, quando sono svenuta al locale nel bel mezzo della serata. «Cinque pasti al giorno, senza discutere e per pasti non valgono le quintalate di caffé americano che continui a bere.»
Sospiro affranta e cerco nel primo cassetto del comodino il pacchetto di Marlboro d'emergenza.
«E queste devono iniziare a sparire.» le indica con un gesto della mano. «Sai che hai la pressione a livelli assurdi?»
«Sì Doc, è lo stress, il caffé che bevo e le sigarette che fumo.» ripeto la stessa cantilena.
«Fatti due domande, allora.» lo dice e mi guarda male, prima di lasciare la stanza.
«Ti ho preparato un po' di brodo con i tortellini, so quanto li ami.» il lato materno di Sandra, cozza totalmente con il rimprovero che mi ha appena fatto Giovanni.
«Cesare mi ha chiamata Ghe.» le dico, all'improvviso.
«Ed è un male?» scuoto la testa e mi tiro i capelli fino a farmi male.
«Mi manca così tanto Sandra.» mi porto le mani sul viso e mi metto a singhiozzare come una bambina, mentre sento il casino provenire dal salotto, affievolirsi.
«Bambina, lo capisco.» mi culla ed accarezza i capelli. «Adesso però chiama i tuoi, e digli che va tutto bene. E manda un messaggio a Michele.»
Annuisco e mi asciugo il viso.
Non appena Sandra lascia la stanza, Chewbe irrompe e salta sul letto, accoccolandomisi addosso.
Prendo il telefono e chiamo i miei genitori, inventandomi su due piedi una scusa e dicendogli di rassicurare anche Michele.
«Sandra mi ha chiamata non appena ha saputo.» mi dice mia madre. «Se non ce la fai più, possiamo darti una mano, lascia due lavori e fanne uno soltanto.»
«Ci penserò, okay?» sento un sospiro e dei borbottii contrariati di mio padre.
«Va bene Margi, chiamaci stasera, d'accordo?» rispondo affermativamente e chiudo la telefonata, continuando ad accarezzare distrattamente Chewbe.
«Ti ha presa in simpatia.» la voce di Tonno mi fa sobbalzare a sorridere contemporaneamente.
Si siede accanto a me e Chewbe subito impazzisce, travolgendolo all'improvviso per leccargli la faccia.
«Lo so, Cesare mi ha detto che non simpatizza molto per le ragazze.» annuisco, mentre le braccia del rosso accanto a me mi avvolgono e mi stringono.
«Per qualsiasi cosa lo sai che ci siamo tutti per te, mh?» mi sussurra nell'orecchio. «Anche se fai la finta stronzetta.»
Scoppio a ridere e gli bacio affettuosamente una guancia.
«Sei un amico Tone.»
«Ci siamo anche noi!» esclama Nelson, gettandosi a razzo nella stanza e atterrando sul letto in modo poco delicato.
Il resto della crew di Space Valley entra nella mia stanza, con al seguito Beatrice, Polpetta (che segue fedelmente Cesare) e Sofia, con mia grande sorpresa.
Con un fischio richiamo Polpetta, vedendolo fin troppo guardingo.
Da uno sguardo a Cesare come per chiedergli il permesso e poi si avvicina a me e si siede accanto al comodino.
Nicolas mi lascia una carezza sul viso e Dario mi manda un bacio volante, dicendomi che Laura, la sua fidanzata, mi saluta.
«Regà, ma nun c'avete da lavorà?» parlo in romano, osservandoli divertita.
«È stata la cosa più strana a cui io abbia mai assistito.» commenta Frank, attirando l'attenzione del gruppo.
«Cosa?» chiede Bea, accanto a lui.
«Rega, la parlata romana le sbatte da morire.» afferma, facendo ridacchiare tutti.
Restiamo a chiacchierare per un po' in camera mia, raggiunti da Cecilia dopo poco tempo, che mi porta i tortellini lasciati da Sandra.
Siamo tutti ammassati: chi si è fatto spazio sulla scrivania per sedersi, chi per terra, chi allungato sul letto. Bea e Ceci sono riuscite ad infilarsi in due nella poltroncina e Nic s'è infilato addirittura sotto la scrivania.
Cesare se ne sta in un angolo della stanza assieme a Sofia, le tiene un braccio attorno alle spalle mentre lei intrattiene una conversazione con Dario.
Sento che non si perde un mio minimo movimento, mi segue con lo sguardo mentre mangio i miei tortellini e mentre accarezzo i capelli di Tonno che ha deciso di stendermisi sopra, sotto lo sguardo attento anche di Ceci.
«Ma hanno suonato il campanello!» chiede all'improvviso Nic.
«Merda, Ceci, ma hai avvertito Riccardo?» la bionda si porta subito le mani alla bocca e mette su uno sguardo colpevole, mentre Bea s'offre di andare ad aprire.
Tonno si stacca subito di dosso a me, così come Nelson scende dal letto ed affianca Ceci, sedendosi ai piedi della poltrona.
Sento un paio di frasi dal corridoio e subito i passi concitati di Riccardo attraversarlo.
Polpetta inizia ad abbaiare non appena riconosce l'odore del mio fidanzato, che resta stupito dalla quantità di gente che siede in camera mia.
«Forse è meglio che andiamo via.» è Nelson a parlare, e gli altri lo seguono fedelmente e in religioso silenzio nel suo appartamento.
Polpetta ringhia, subito richiamato da Cesare, assieme a Chewbe, che però mantiene la sua posizione accanto a me.
«Cos'è questa storia?» il tono che usa non mi piace, mi rende fin da subito irrequieta, cosa che viene immediatamente percepita dal cane.
«Niente, Ric.» sminuisco la cosa.
«Tu lo chiami niente?» chiede, furioso. «È tutta la giornata che ti tampino di chiamate e messaggi, poi arrivo qui e mi sento dire da quella tipa che ti sei sentita male. Pensavo fossi sola e ti trovo a far salotto assieme a quella banda di squilibrati!»
Nonostante io conosca i ragazzi da meno di un mese, mi sento ferita nel profondo dalle cattiverie che dice su quelli che sono diventati miei amici.
«Ma che ti prende?!» mi altero anch'io e mi alzo dal letto.
Ho un capogiro, ma faccio finta di niente, incrociando le braccia sotto il seno.
«Che ti prende!» mi fa il verso. «Cosa diavolo prende a te, Margherita. Da quando li hai conosciuti li osanni come se fossero déi. Stai sempre assieme a loro, sembrate una setta!»
Scoppio a ridere, una risata vuota, senza alcuna emozione.
«A te rode il culo che io abbia fatto nuove amicizie!» gli urlo contro. «Che c'è, hai paura che si crei concorrenza? Hai paura che me ne trovi qualcuno che non è costretto ad andare ogni settimana dallo psicologo per problemi di autostima?!»
Lo schiaffo che mi arriva, me lo merito decisamente.
«Oh dio.» sono le uniche parole che riesce a pronunciare, mentre io mi tengo la guancia dolorante.
«Per favore, vai via.» il mio è un sibilo.
Prova a giustificarsi, ma non lo lascio finire, continuando ad urlargli contro.
«Marghe, mi dispiace.»
«Ti ho detto di andare via!» urlo talmente forte, che sento la gola graffiare.
Chewbe inizia ad abbaiare, e vedo Tonno e Dario uscire da casa di Nelson.
Riccardo ci guarda e va via.
Non appena gira l'angolo, Tonno scioglie la sua faccia da duro e viene ad abbracciarmi, riportandomi in casa.

Margherita | Cesare CantelliWhere stories live. Discover now