2; Il fidanzato di Margherita

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Questa mattina, mi sono svegliata nervosa.
È una di quelle mattine in cui apro gli occhi e sento che qualcosa andrà storto durante la mia giornata.
Sono le sei del mattino e so già di essere in ritardo per andare a lavoro, questo dice già tutto sulla giornata di oggi.
Il tepore del letto mi convince a fumare una sigaretta tra le coperte prima di alzarmi e vestirmi.
Fisso la lieve luce che passa tra le tapparelle e provo a ricordare tutti gli impegni della giornata: dopo lavoro ho lezione, durante lezione devo mandare una mail con un lavoro finito, poi devo tornare a casa, metter su una lavatrice e poi andare di nuovo a lavoro.
Prendo un lunghissimo tiro dalla sigaretta e sbuffo lentamente il fumo, esasperata.
Quando ho finito la triennale, pensavo che trasferirmi in un'altra città e mantenermi da sola, fosse facile.
Mai pensiero fu più sbagliato.
Butto la cicca nel posacenere che ho sul comodino e mi alzo, rabbrividendo non appena uno strato di freddo si posa sulla mia pelle nuda.
Prima di andare a letto ho l'abitudine di chiudermi a chiave in camera, abbassare le tapparelle, togliermi i vestiti e stendermi a letto. I pigiami mi hanno sempre infastidita, perciò ho ovviato al problema non indossandone.
Come tutte le mattine da cinque mesi a questa parte, infilo la vestaglia, alzo le tapparelle, apro la finestra e lascio che l'aria fredda del mattino mi svegli per bene.
Con uno scatto, apro la porta e un tornado di cioccolato invade la mia stanza. Ridacchio, cercando di non far rumore, e mi affaccio nella stanza di Denia, dove al momento giace addormentata Sonia.
Come da promessa, è riuscita a salire a Bologna per portarmi Polpetta, e in soli tre giorni è riuscita a stringere amicizia con Cecilia, complice il fatto che studino due cose molto simili.
Dopo aver controllato che anche Cecilia sia in stanza, prendo il cellulare e faccio una chiamata al volo al bar dove lavoro, avvertendo del mio ritardo ed inventando una scusa plausibile con Rita.
Metto su il caffé e spalmo della marmellata alle more su una fetta di pane.
Un lieve bussare mi distrae dalla mia contemplazione del vuoto.
Corrugo le sopracciglia e mi avvicino alla porta d'ingresso, seguita fedelmente da Polpetta.
Tendo le orecchie e sì: qualcuno sta bussando alle sei e venti del mattino.
Apro la porta togliendo il chiavistello e facendo scattare le mille serrature di cui dispone, poi la spalanco.
La faccia simpatica di Nelson mi si para davanti, ma non faccio in tempo a dir nulla che Polpetta inizia a prender posizione, ringhiandogli contro ed iniziando ad abbaiare.
«Polpetta.» al mio richiamo, il grosso cane marrone si acquieta, pur mantenendo un'aria minacciosa.
«Non mi aspettavo un'accoglienza a braccia aperte, ma neanche a far così.» scherza il ragazzo, ancora fermo sull'ingresso. «E poi chiamando Polpetta un cane così minaccioso, perdi di credibilità.»
Gli faccio cenno di entrare con un braccio, e lui mi osserva sorpreso.
Durante questi mesi non ha mai avuto l'onore di vedere di più del piccolo corridoio all'ingresso, considerando che ad ogni minima richiesta si trovava la porta dritta sul naso.
Alle volte sono scortese, lo ammetto.
«Non abbiamo mai avuto il piacere di presentarci.» commento, invitandolo ancora una volta a sedere su uno dei divani rossi che ci sono nel salottino.
«È vero, ma conosco molto bene la tua porta d'ingresso.» commenta sarcasticamente.
Sorrido, quasi sadica e mi dirigo in cucina a prendere il mio americano con cannella, ed una caraffa d'acqua bollente.
«So che adori il mio mix camomilla.» ammicco, riferendomi a tutte le volte in cui ha chiesto degli infusi e le mie coinquiline glieli hanno ceduti a mia insaputa.
«Lo ammetto, è geniale.» alza le mani in segno di resa e inizia a trafficare con tazza, caraffa e l'infuso in fiori.
«Mi chiamo Margerita Martinelli.» gli tendo una mano e mi presento, non appena le sue si liberano.
«Nelson Venceslai.» la stringe con cura. «O Nels, come preferisci.»
«Daisy.» borbotto in seguito.
Iniziamo a sorseggiare con calma le bevande calde, io con Polpetta spalmato addosso, lui a suo agio sull'altro divano.
«Volevo chiederti di uscire, sinceramente.» al sentire quelle parole mi va di traverso il caffé ed inizio a tossire: Polpetta drizza subito le orecchie, allarmato e Nelson prova a darmi delle pacche tra le scapole, ma viene subito rimesso al suo posto da un ringhio del cane.
«Non credo di piacergli molto.» sussurra, mentre io deglutisco e riprendo fiato a fatica.
«Non gli piace nessun ragazzo, è molto protettivo.» sorrido dolcemente e accarezzo il pelo rado attorno al naso di Polpetta.
«Comunque, hai conosciuto Bea, quindi non intendevo assolutamente in quel senso.» chiarisce, gesticolando con le mani in modo imbarazzato. «Ma un'uscita di gruppo, con i miei amici.»
«Mi hai bussato alle sei e trenta del mattino soltanto per chiedermi di uscire assieme alla gang del bosco?» credo che le mie sopracciglia si stiano confondendo con l'attaccatura dei capelli per quanto sono sollevate.
«Gang del bosco?» dei passi interrompono il discorso che stava per intraprendere.
Il viso stanco ed assonnato di Sonia, fa capolino dalla stanza di Denia.
«Oh nespole!» esclama, portandosi le mani alla bocca. «Tu sei Nelson!»
Se prima le mie sopracciglia stavano confondendosi sempre di più con i miei capelli, adesso potrei dire di avere un monociglio per quanto sono aggrottate.
«È Nelson.» confermo. «Il mio vicino fastidioso.»
«È il cantante dei rovere.» lo indica, mettendolo vagamente in imbarazzo.
«Sonny, stai additando una persona alle sei e trenta del mattino, con addosso il tuo pigiama con i maialini.» le faccio notare. «Per favore, vai a ricomporti un attimo, prima che tu possa pentirtene e farmi una testa enorme.»
Sonia arrossisce di brutto e va a nascondersi in camera.
«Inizio a pensare che la stramba tra i due sia proprio tu.» dichiara Nelson, aggiustandosi gli occhiali sul ponte del naso. «Comunque, stasera esci con noi.»
Faccio spallucce noncurante e scuoto la testa.
«Frena, cowboy.» lo blocco in partenza. «Stasera lavoro, e anche adesso devo andare.»
Mi dirigo in camera e lo lascio lì sul divano, sentendo poco dopo la sua voce miscelarsi assieme a quella di Sonia in un unico borbottio indistinto.
Indosso al volo la mia divisa da cameriera, mi preparo la borsa per l'università più in fretta che posso, infilandoci dentro il mio MacBook e l'hard disk, due elementi necessari per la consegna che devo fare mentre sono all'università.
Come al solito, non mi trucco, mi do una pettinata veloce e dopo soli quindici minuti sono di nuovo in salotto, dove ai due ragazzi s'è aggiunta una Cecilia fin troppo entusiasta per essere soltanto le sette del mattino.
«Stasera veniamo a trovarti al bar.» mi comunica, ammiccando.
Sta già volando sul pianeta Francesco.
«Non voglio nessun pesce in casa mia.» alludo al soprannome del rosso e la minaccio puntandole un dito contro.
Saluto al volo e sfreccio a tutta velocità verso il piccolo caffè letterario dove lavoro part time tre mattine a settimana.
Non appena arrivo, saluto velocemente Rita e la imploro di scusarmi per il ritardo.
Rita è una signora di mezz'età che, dopo essersi lincenziata per giusta causa dalla fabbrica in cui lavorava, ha deciso di lanciarsi ed aprire un caffé letterario accanto alla sede dell'università che frequento.
Nacque tutto per gioco una sera in cui mi ero offerta di darle una mano a mettere a posto il locale, visto ch'ero rimasta fino ad orario di chiusura. Da un gioco, s'è trasformato in un lavoretto che mi consente di vivere dignitosamente e di togliermi gli sfizi più disparati.
«La bella Daisy.» sorrido spontaneamente, con gli estremi delle labbra che quasi toccano le orecchie.
La voce che mi ha salutato mi stampa un bacio al volo dall'altro lato del balcone, mentre io ancora lo fisso un po' trasognata.
«Ric.» affermo soltanto, riprendendo a fare cappuccini a rotta di collo.
Ebbene sì: Riccardo Novelli è stato forse il primo individuo di sesso maschile a cui io mi sia approcciata dopo un'intera adolescenza passata a scopare a destra e manca senza legarmi a nessuno.
È la persona inaspettata che capita nel momento più giusto.
Ufficiosamente, è un ragazzo che mi è stato presentato al matrimonio di mio cugino, che studia e vive a Bologna.
Ma in realtà le cose non sono andate proprio così: si è prima interessato a mia cugina, che gli sembrava meno altezzosa della sottoscritta.
Un mese dopo il matrimonio, l'ho quasi investito con la macchina a Bologna, mentre lui stava girando in bici.
Una cosa tira l'altra e abbiamo inziato ad uscire.
Ed eccoci qui.
Io innamorata come una cretina, lui anche.
«Ho visto su Instagram che Sonny ti ha portato Polpetta.» mi guarda sorridendo.
«Esatto, sono al settimo cielo, non hai la minima idea di quanto io sia contenta.» gli spiego, servendo un caffé macchiato ad una bionda di fianco a lui.
«Si vede: stamattina sei radiosa.» arrossisco in modo indecente e continuo a chiacchierare del più e del meno con lui, che resta assieme a me fino alla fine del turno.
Mentre passeggiamo verso la sede del DAMS, scorgo tra la gente dei capelli biondi e una barba rossa fin troppo familiari.
«Daisy?» l'accento bolognese mi fa arricciare il naso, e sento il braccio di Riccardo stringersi attorno alle mie spalle più possessivamente.
«Ciao Tone!» rispondo allegramente.
Dopo la figuraccia della settimana scorsa, mi ha trovata su instagram e mi ha scritto chiedendomi scusa per i suoi amici inopportuni.
Abbiamo continuato a scambiarci messaggi da allora, ed ho scoperto di avere tantissime cose in comune con lui, in primis la nostra passione per Harry Potter.
«Stavo proprio andando allo studio.» mi comunica, indicando la strada alle nostre spalle. «Volevo scriverti un messaggio per dirti di fare un salto, ma vedo che sei impegnata.»
«Oh che gentile che sei!» esclamo, sinceramente colpita.
«Non importa, Nels mi ha detto che stasera ti vedremo all'opera al pub.» ribatte.
«Scusami D, ma chi è Nels?» s'intromette prepotentemente Riccardo, con voce infastidita.
«Il mio vicino di casa strambo.» spiego. «A proposito, lui è Francesco, un amico di Nelson.»
«Riccardo, il fidanzato di Margherita.» marca bene la parola fidanzato e vedo che stringe la mano di Tonno fin troppo vigorosamente.
Gli assesto una gomitata tra le costole e lo guardo male, mentre Tonno mette su uno sguardo strano che lì per lì non riesco ad interpretare.
Scuoto la testa e per il resto della conversazione, prego Tonno di convincere i suoi amici a non venire da me stasera.
Fa finta di essere convinto, e poi ci saluta perché è in ritardo.
«Cosa sono tutti questi mosconi che ti ronzano attorno?» mi chiede Riccardo con nonchalance, non appena varchiamo la soglia d'ingresso dell'università.
«Nulla di cui tu ti debba preoccupare.» sussurro sulle sue labbra, guardandolo fisso negli occhi e lasciandogli un bacio subito dopo.
Mi lascia sola con un 'sarà meglio' e corro subito in aula per sbrigare la consegna.
L'affascinante professore di letteratura e media, mi costringe a mandare la mail nel minor tempo possibile per poter battere al pc ogni sua parola.
Come se fosse passato il tempo di un battito di ciglia, mi ritrovo dietro il bancone a preparare e servire cocktail.
Stasera ho il turno con Raffaele, uno dei ragazzi con cui lavoro che più mi va a genio. Lui sa essere mio amico senza essere invadente, come la maggior parte delle persone. Ed è per questo che lo apprezzo molto.
«Stasera pienone, eh Daisy?» la voce matura di un uomo sulla cinquantina richiama la mia attenzione.
«Ehi Doc!» esclamo contenta, mentre sono alle prese con un mojito. «Che ci fai da queste parti? Sandra non ti aveva dato un ultimatum per quanto riguarda il bar?»
Doc, in realtà si chiama Giovanni, ma mi ha sempre ricordato il Dottor Brown di Ritorno al Futuro e beh fa il medico, indi per cui, si è guadagnato questo soprannome.
L'ho conosciuto al bar, e mi ha parlato moltissimo di sua moglie Sandra, e Sandra ha sentito talmente parlare di me da farmi guadagnare un invito per il pranzo della domenica.
Non avendo figli, mi accudiscono e viziano come se fossi figlia loro, la domenica il pranzo lo consumo sempre lì, saltuariamente vengo ospitata anche a cena e si sono anche offerti di tenermi il cane per quando non ci sono.
«Sandra sa che tu mi tieni d'occhio, principessa.» mi butta un occhiolino, ed io rispondo con un sorriso, girandomi di spalle per mettere un boccale di birra sul bancone.
Nel girarmi di nuovo, i miei occhi si scontrano e restano fissi con un altro paio che non sapevo di conoscere così bene.
Sono ancora scottata per come ha parlato di me settimana scorsa, ma non riesco davvero a distogliere lo sguardo.
«Daisy, ti muovi?» entrambi sobbalziamo al rimprovero di Raffaele, e gli chiedo sommessamente di poter coprire il suo angolo del bancone, per fuggire sia dagli occhi di Cesare, che sento ancora addosso, sia da quelli accanto a lui, appartenenti ad una ragazza mora che le sta appiccicata attorno al busto.
Il mio collega mi osserva aggrottando le sopracciglia, poi annuisce e mi chiede se mi serva una pausa.
Accenno un sì con la testa ed esco subito sul retro per fumare una sigaretta.
Ne stiro una quasi tutta con un tiro, ed insoddisfatta ne accendo una seconda, che segue la prima.
Decido di rientrare, prima che Raffaele mi uccida, e una volta dentro mi butto sul lavoro, servendo anche qualche cliente del suo lato.
«Domani ti cadranno le braccia, D!» ci scherza su il sopracitato, dandomi una pacca scherzosa sul sedere.
Io scoppio a ridere e verso in un bicchiere pieno di ghiaccio il Japanese Ice Tea che mi hanno chiesto di preparare.
Un momento.
Mi blocco un attimo ed alzo lo sguardo verso il ragazzo che sta attendendo l'ordine.
Non lo conosco, ma conosco la combinazione di cocktail che mi sta davanti.
Japanese Ice Tea, un Daiquiri e un Mary Pickford.
Sonia.
Butto via il Daiquiri e il Mary Pickford, sbuffando e cercando di non farmi vedere da anima viva.
Il ragazzo che hanno mandato a prendere gli ordini mi fissa sbigottito, mentre finisco di shakerare le ultime cose che mi ha chiesto e di versare dei chupiti.
«Offro io.» dico soltanto, quando sta per tirar fuori i soldi e pagare.
La "combinazione di cocktail" è un gioco che io e Sonia abbiamo inventato all'età di diciotto anni, dopo che ha rischiato di essere stuprata da un ragazzo di quasi trent'anni.
In base ai cocktail che ordiniamo, comunichiamo qualcosa.
Stavolta mi ha soltanto chiesto di essere gentile.
Ammetto che ad un certo punto è diventato anche un mezzo per disturbarmi il meno possibile dal lavoro. Faccio la "barlady" da circa sei anni ormai, più o meno dalla maggiore età, ed è sempre stato un lavoro che mi ha affascinata.
«Ehy bardaisy!» appunto.
«Ciao Sonny!» sorrido falsamente. «Ma, detto tra noi, qual è stata la sinapsi che ti ha permesso di dire che farmi buttare due cocktail fosse una buona idea?»
«Il fatto che oggi Tonno ci ha messo al corrente dell'incontro col tuo fidanzato.» spiega allegramente, sedendosi con non poche difficoltà, sullo sgabello di fronte a me.
«E quindi?» sbotto. «Mi hai anche detto di essere gentile! Che cazzo c'entra con questo?»
«Essere gentile?» ci pensa su, aggrottando le sopracciglia. «Cazzo, devo aver dimenticato di nuovo le combinazioni!»
«Sei un caso perso.» è l'ultima cosa che le dico, prima di tornare a lavorare.
A fine turno mi ritrovo a pulire il bancone mentre Raffaele mi prepara un Bloody Mary.
«Sei un angelo.» gli dico, prima di berne un sorso.
La combriccola composta dalle mie coinquiline, Nelson e i suoi amici, mi raggiunge al bancone.
Un buco dove non c'è la cucina in acciaio, mi permette di saltare agilmente dall'altro lato.
«Bardaisy!» Tonno è il primo ad abbracciarmi.
«Oddio Tone, anche tu con questo soprannome orrendo.» lo rimprovero. «E poi staccati, puzzo come un bue.»
In risposta mi stringe di più.
«Ah! Sei la famosa Margherita.» riconosco nella voce che ha parlato, la stessa a cui ho offerto il giro di cocktail. Si avvicina tendendomi una mano e si presenta come Dario.
Mi presenta subito la sua ragazza, una rossa graziosissima, con un vestito per cui le faccio subito i complimenti.
«I tuoi cocktail sono una bomba, Daisy, mi hai davvero stupito.» ho conosciuto Frank il weekend scorso, dopo averlo incrociato con Nelson per le scale. Lo ringrazio con un mega sorrisone.
«Io sono Nicolas!» si presenta su di giri il ragazzo che tutti chiamano Bic.
«E credo tu abbia bevuto troppi chupiti.» gli rispondo, mentre anche lui mi abbraccia di scatto.
Sonia e Cecilia confabulano tra loro e le guardo con un sopracciglio inarcato.
La porta d'ingresso del locale si apre e tutti si girano a guardare da quella parte.
Tonno si allontana da me non appena riconosce la sagoma di Riccardo.
«Stasera hai compagnia, eh!» passa in rassegna con lo sguardo tutti i ragazzi e si ferma a salutare Sonia e Cecilia con due baci sulle guance.
«Ciao tesoro.» dico soltanto, dopo che mi ha lasciato un bacio sulle labbra.
«Tesoro?» chiede Cesare, che pensavo fosse andato via.
«Ragazzi, lui è Riccardo, il mio fidanzato.» lo presento, mentre tengo ancora gli occhi fissi in quelli di Cesare.
Vedo chiaramente la sua ragazza sussurrargli qualcosa all'orecchio, e leggo sulle labbra di Cesare un 'smettila'.
Dopo aver chiuso il locale, vado via e resto a dormire a casa di Riccardo.
Dopo aver fatto sesso, mi ritrovo ad indossare una sua felpa con un paio di calzettoni, e ad uscire in balcone per fumare.
Porto via con me il telefono, e continuo a scrivermi con Tonno, nonostante sia quasi l'alba.
Quando mi rinfilo a letto e mi stringo a Riccardo provando a dormire, mi torna addosso la sensazione di appartenenza che ho avuto quando i miei occhi sono rimasti fissi in quelli di Cesare.

Margherita | Cesare CantelliWhere stories live. Discover now