• Capitolo LXXX •

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La testa sembrava un macigno e a Blake parve per un attimo di sentirla rotolare sul pavimento. Pensò addirittura di trovare un modo per farla finita, ma sapeva che avrebbe lasciato qualcosa di incompiuto.

Tutto quello che voglio non è nulla di più
che sentirti bussare alla mia porta
Perché se potessi vedere la tua faccia un'altra volta
potrei morire come un uomo felice,
ne sono certo

Skyler fece rientro in casa, trovando Zorah palesemente allarmata.
"Ma dove diavolo sei finita?! È già buio, Cristo! Sono stata da Caleb e mi ha detto che sei andata via presto stamattina."
La ragazza alzò la mano sinistra, mostrandole l'anello, con l'animo di chi non ha più direzioni da seguire. La donna, allora, mise da parte quell'aria polemica e incrociò silenziosamente il suo sguardo.
"Un mese." disse lei, con gli occhi vibranti di pianto, "Dimmi che verrai a trovarmi ogni volta che potrai, ti prego..." scoppiò in lacrime, soffocando la tristezza dentro al forte abbraccio di Zorah, che si era fiondata su di lei senza nemmeno darle il tempo di aggiungere altro.

Ma se mi amavi
Perché mi hai lasciato?
Prendi il mio corpo
Prendi il mio corpo

"Continueremo a vederci sempre..." le disse, anche lei sopraffatta dalla malinconia, "Non cambierà nulla, te lo prometto." concluse, ad occhi chiusi.
Skyler allontanò il viso dalla sua spalla, "L'ho baciato..." sibilò, guardando Zorah come per voler ottenere una qualche reale conferma, "Ma l'avevo scambiato per... io non so cosa mi sia successo... è come... come se avessi visto un fantasma... come se..."
La donna la strinse nuovamente, ma stavolta con più forza, "Non è niente... non piangere, va tutto bene..."

Blake esalò un sospiro infinito e ruotò il capo verso la vetrata: le luci della città offuscavano di colori tossici il cielo e sembrava che qualcosa schiacciasse verso il basso quei grattacieli. Forse il peso delle vite, la crudele sofferenza di accontentarsi o, forse, la naturale inclinazione a voler fuggire, volando sui palazzi e sui giacimenti di zolfo, fino a raggiungere la libertà. La vita.
Adesso tutto si mescolava fra i pensieri. Sapeva che nella tasca della felpa era ancora conservato il bigliettino consegnatogli da Peter.

Perché hai tirato fuori
il meglio di me
Una parte di me
che non avrei mai visto
Hai preso la mia anima e l'hai ripulita

Aveva nome e indirizzo della donna che avrebbe potuto portarlo a Parabellum e l'aveva proprio lì. La maglia nera giaceva sulla spalliera della poltrona, a pochi metri da lui. Era così vicino.
Avanzò nella stanza e raccolse fra le mani la felpa. Quei movimenti erano talmente contriti che parve di rallentare il tempo e metterlo da parte. Tirò fuori il foglietto e lesse le informazioni che il ragazzino gli aveva fornito. Sentì che la circolazione riprendeva ad attivarsi e un lieve formicolio prese a solleticargli le tempie. Era il rendersi conto che forse non era davvero detta l'ultima parola. Che, ancora, nella sua esistenza poteva cambiare qualcosa, che era possibile prendere una nuova strada o, meglio, ritrovare quella giusta.
Osservò dottor B. La sfera giaceva accanto al televisore, spenta. L'indomani l'avrebbero riattivata e lui sarebbe ripiombato nell'incubo di un programma sanitario che gli avrebbe solo svuotato la memoria, così come un cucchiaio scava dentro una zucca. Il balancer si avvicinò al congegno, respirando sempre più intensamente. No, non sarebbe finita così. La vita passava una volta sola e lo stava facendo proprio adesso. Era il momento di saltarci sopra.

Skyler asciugò il viso, "Prendo una boccata d'aria..." disse alla donna, chiudendo alle spalle la porta cigolante.
Discese frettolosamente gli scalini del portico, accucciandosi dentro la sua mantella di lana. Il vento si alzava tra le fronde dei pioppi e le smosse violentemente i capelli. Desiderò per un attimo di essere spazzata via insieme alle foglie e una fiamma di rabbia le si accese in petto.
Solo in quel momento, mentre un fischio di vento attraversava i rami, capì che i giochi erano fatti. Riuscì a vedere come sarebbe trascorsa la sua vita e persino la fine: il matrimonio con Caleb, i figli, il villaggio, la sopravvivenza. Fu una sensazione orribile e spaventosa.

Il balancer raccolse in petto tutta la furia accumulata durante quei tre interminabili anni e scagliò un pugno contro la sfera, per poi lanciarla con violenza contro la bianca parete, ansimando, frustrato per tutte le volte che qualcuno gli aveva imposto chi essere e cosa fare.

"Che tu sia maledetto..." sussurrò Skyler, "IO TI ODIO! HAI CAPITO?! IO TI ODIO!!!" urlò al cielo, con una tale disperazione da impallidire e cadere in ginocchio sul terreno.

Blake strappò dal pavimento il borsone, con furia, ed iniziò a riempirlo, riponendo dentro la tasca dei pantaloni il biglietto. Non c'era tempo. Doveva andarsene in fretta, prima che il balancer avesse la meglio sull'uomo e lo convincesse a marcire per sempre dentro quelle mura.

Zorah uscì di corsa da casa e raggiunse la giovane che continuava a urlare e inveire senza sosta al vento.
Le si rannicchiò accanto e la strinse, coprendola meglio, mentre lei dondolava e gemeva compulsivamente sulle ginocchia.
"Lo so... è difficile. Ma adesso rientriamo in casa, ti prego." le disse, con l'amaro in bocca.

Il ragazzo portò sulle spalle lo zaino e tirò in sù la zip della felpa, avviandosi verso il portellone. Decise di osservare per l'ultima volta quell'ampio salotto, ma non sentì niente. Non c'era alcun legame con quello sterile mobilio. Quella non era mai stata casa sua. Capì che non era il dove ma il chi a fare di un luogo il posto in cui voler morire. E lui, adesso, lo sapeva bene. Il chi si trovava a Parabellum e doveva raggiungerlo.
Girò il busto e attraversò la porta senza più guardare indietro.


OSMIUM - Il pianeta senza amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora