20. Mi serve il tuo corpo

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Quella notte sognò Melissa. O, meglio, sognò di essere nella camera di Melissa. Era in un ambiente sconosciuto, che non aveva mai potuto esplorare e che non sembrava rispecchiare la cugina: il letto, sfatto, testimoniava una notte passata a rigirarsi tra le lenzuola preziose, ma quello non era l'unico elemento stonato. Immaginava il rifugio di Melissa come una stanza spoglia, sterile e fredda come la cugina, priva di qualsiasi oggetto personale, invece era piena e calorosa, con tende lunghe e ricamate da decorazioni fastose, tappeti pesanti e lampadari pomposi che illuminavano a giorno le ore notturne. Le pareti erano strabordanti di libri, tomi della letteratura classica per la maggior parte in lingua originale, ammucchiati con cura su mensole massicce. Il disordine generato dalla composizione delle librerie sulle pareti contrastava con il rigore tipico di Melissa, così come i dischi in vinile disposti senza troppa precisione in alcune ceste. Il letto, inoltre, era incorniciato da un ampio telo stampato, ornato con motivi arabeggianti e pieno di colori. Proprio lì, disteso tra i cuscini, scorse lo sguardo attento di un gatto. Rimase sorpresa dalla presenza dell'animale, maestoso nel suo lungo pelo bianco; la stava osservando con attenzione, socchiudendo impercettibilmente gli occhi chiarissimi e muovendo la coda a scatti, quasi fosse innervosito dalla sua presenza.

Dragana, nel corpo di Melissa, era seduta alla scrivania, l'unica eccezione alla confusione che regnava sovrana, e quando se ne rese conto abbandonò il gatto per osservare una pila di lettere disposte con cura una sopra l'altra. Il destinatario recava il nome della cugina, tratteggiato con inchiostro verde e leggermente sbavato, ma Dragana non riuscì a vedere il mittente. Si ritrovò a fissarle e una sensazione estranea, angosciante e nostalgica, le strinse la gola. Si sentiva triste e percepiva una leggera malinconia anche attraverso il velo onirico, quasi fosse un sentimento tangibile. Non vide altro, perché si voltò di scatto e, nell'immagine riflessa nello specchio alla sua destra, non riuscì a riconoscere i suoi tratti: non c'era traccia dei capelli corti, del taglio tondo degli occhi, delle spalle sottili e gracili. C'era l'espressione di Melissa, anche se il suo inconscio aveva ricreato uno sguardo meno arcigno, le iridi fredde messe in risalto dalla sclera umida e arrossata, e l'incarnato più spento del solito, forse a causa dell'assenza del rossetto. Dragana si alzò in piedi e il corpo di Melissa, inaspettatamente, seguì quel gesto. Solo allora, mentre si osservava confusa nello specchio, si rese conto che lei era Melissa.

Per lo spavento Dragana si svegliò di soprassalto, il sogno già diventato un insieme di brandelli impalpabili, e se ne dimenticò subito quando vide la maglia del pigiama e le coperte sporche del sangue che, durante il sonno, le era sceso dal naso.

***

La neve aveva iniziato a imbiancare il paesaggio montuoso. Quella che Dragana si ritrovò a osservare, però, non era la spolverata di fiocchi leggeri che ogni tanto avevano coperto le strade di Verona: di fronte a lei imperversava una vera e propria bufera che, nel giro di poche ore, aveva lasciato dietro di sé muri di ghiaccio che sembravano impenetrabili. La scuola, però, non era stata chiusa e grazie all'aiuto di Sănder le due cugine erano riuscite a farsi strada fino all'edificio, che le aveva accolte tra i corridoi freddi tanto quasi l'esterno.

Dragana era ferma su un paragrafo che spiegava l'importanza del voivode Thocomerius per la Romania, il primo comandante militare indipendente da cui la scuola prendeva il nome, ma in realtà aveva smesso di leggere il libro e stava scarabocchiando Castelvecchio su un album che aveva preso dall'aula di arte. Aveva terminato prima il compito di Calcolo ed era arrivata in mensa in anticipo rispetto agli amici, occupando il tavolo dei Notturni che ormai era diventato il loro punto di ritrovo.

«Ecco a te!» esclamò Nastia, presentandosi in refettorio e mettendole sotto il naso un cartoncino rosso carminio.

Dragana aggrottò le sopracciglia, abbandonando la matita sul foglio per afferrare il biglietto. La superficie colorata era decorata da scritte oro eleganti, che in un corsivo aggraziato invitavano il destinatario alla festa di addio di Iryna Skripko che si sarebbe tenuta il giorno seguente.

La Mietitrice [completa]حيث تعيش القصص. اكتشف الآن