48. Figlia impura

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La Storia, le diceva sempre Amalia, è un costante ripetersi e, in quel momento, Dragana non sapeva quanto sua mamma avesse ragione.

La ragazza si trovava in una stanza senza confini. Gli specchi che rivestivano ogni parete si riflettevano gli uni negli altri, creando un mondo illusorio e infinito, dove tutto perdeva stabilità e concretezza. L'unica certezza di Dragana era la prospettiva, che nemmeno gli specchi riuscivano a distorcere, e la ragazza si concentrò sulle linee dei riflessi individuando, intorno a loro, tre porte nascoste.

I Mietitori e i Maledetti che avevano assistito alla scena della sua morte fittizia, gente sconosciuta a Dragana se non per alcuni volti familiari, volevano recarsi alla tenuta Aranyfist, ma la ragazza aveva insistito perché meno persone possibili fossero coinvolte. Aveva concordato che solo Sokrat e Àkos, indispensabili per la sua sicurezza, l'avrebbero accompagnata, ma al loro arrivo i due ragazzi erano stati invitati ad aspettare all'esterno della villa e Dragana sperava che il loro intervento non sarebbe stato necessario. Il resto della folla li avrebbe attesi alla pira della Caduta, pronto a intervenire qualora i tre non si fossero presentati entro l'ora stabilita. Dragana, invece, era entrata seguendo un giovane membro della famiglia Aranyfist, che le aveva chiesto di aspettare il capostipite.

«A cosa dobbiamo questa visita? Pensavamo che gli Ezusfat non volessero festeggiare la Caduta in compagnia, quest'anno.»

La domanda era giunta da una delle pareti riflettenti, ma Dragana non seppe capire quale fino a che un pannello alla sua destra non si mosse per rivelare la presenza di tre Aranyfist. Dragana non li aveva mai visti, non avevano eredi della sua età, eppure ritrovò nei tratti dell'uomo e delle due donne che lo accompagnavano qualcosa di familiare, delle fattezze che le sembrava di aver già esplorato su un volto conosciuto. Si disse che, probabilmente, associava i loro visi squadrati e i capelli chiarissimi a Blenda, sempre vista nella penombra dell'aula di arte.

«A quanto pare mi conoscete già, ma forse pensavate di non vedermi più, dopo la Caduta» precisò, senza abbassare lo sguardo dai loro occhi argentei. «Con chi ho l'onore di parlare?»

«Turcoaz, da poco capostipite» rispose l'unico uomo presente. Aveva una lunga barba bianca decorata da inserti dorati e tutti e tre avevano abbandonato le mantelle rosse della Caduta, ma indossavano abiti sartoriali adatti a una cerimonia. Probabilmente la presenza di Dragana lì aveva interrotto il loro festeggiamento. «Loro sono Agata e Rubin» aggiunse, allungando entrambe le braccia verso le interessate.

Le donne erano tanto simili e pallide da sembrare due cariatidi pronte a portare il peso di un architrave, agghindate con stoffe dorate e capelli raccolti in nuvole di intrecci.

«Io sono Dragana Erica» precisò Dragana, per rimarcare la sua appartenenza alla stirpe degli Ezusfat. «Ma manca un presente all'appello» aggiunse, indicando con il mento lo spazio dietro di loro.

Turcoaz indurì lo sguardo di cristallo, ma non si mosse, così come Agata e Rubin, che sembravano essere una delle sue tante immagini specchiate. Dragana sentì i singhiozzi giungerle alle orecchie ancora prima di scorgere il riflesso del colpevole e non fu sorpresa di intravedere, nascosto dalle gonne dipinte d'oro, il volto sporcato di sangue di Kassiano. La ragazza concesse un veloce sguardo ai tre Aranyfist, per poi spostarlo su Kassiano e veicolare su di lui l'attenzione di tutti. Più che codardo, Dragana pensava fosse spaventato.

«Ciao, Kassiano» lo salutò, ignorando con malcelata maleducazione gli Aranyfist.

«Chiedo perdono!» proferì subito il Succube, accasciandosi sulle ginocchia e aggrappandosi con le mani tremanti alla donna che ancora gli faceva da scudo. Il sangue accumulato sul pavimento ai suoi piedi sembrava quasi suggerire che la vittima fosse lui.

La Mietitrice [completa]Where stories live. Discover now