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RYAN

È tarda mattina e stranamente non ho ancora ricevuto nessuna chiamata da Andy. Dopo la sua visita a casa mia mi sono sentito meglio, nonostante una parte di me stesse cercando di combattere contro l'impulso di uccidere mio padre a mani nude. A proposito di lui, non è ancora tornato a casa e sono quasi due settimane che non lo vedo. Non ho mai avuto cosí tanta voglia di rivederlo.
Come non detto, il nome di Andy compare sullo schermo del mio telefono e io mi affretto a rispondere.

"Hey Andy."

"Ciao Rye, scusa se non ti ho chiamato prima ma ero fuori con Jessica. Eravamo con gli altri della classe e volevano organizzare una cosa speciale per l'ultimo giorno di scuola, venerdì."

"E cosa avete intenzione di fare?" Chiedo incuriosito. Sinceramente non ho nessuna voglia di andare ad una festa di fine anno. Mi basta lui.

"Volevano fare una specie di buffet nel cortile della scuola, solo che la cosa verrebbe a costare parecchio senza l'aiuto dei professori. Va beh, ci inventeremo qualcosa. Tu come mai oggi non sei venuto?" Chiede e nella sua voce sento un pizzico di preoccupazione.

"Sto aspettando mio padre, non voglio perdere l'occasione." Ammetto e il mio tono di voce si fa piú severo.

"Tuo padre? Rye, cos'hai intenzione di fare? Ti prego, devi parlare prima con tua madre, devi farti spiegare bene come stanno le cose, non prendere decisioni affrettate. Ti prego."

"Lo so Andy, ma credo di essere venuto a conoscenza di cose sufficenti per mettere le mani addosso a quel bastardo." Serro la mascella.

"Senti, Ryan. Oggi pomeriggio vengo da te e no, non accetto lamentele. Saró da te per le quattro del pomeriggio e preparati, perché con me ci sará anche tua madre." Mi blocco di colpo alle sue ultime due parole. Sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, e sará proprio oggi pomeriggio.

"Ci sei?" La sua voce rimbomba ancora una volta dall'altro capo del telefono.

"Ok, vi aspetto." Senza neanche lasciargli il tempo di salutarmi, chiudo la telefonata e mi butto a peso morto sul divano. Prendo la mia testa tra le mani e sento le dita affondare nei miei capelli.

Urlo. Urlo ancora una volta e mi attorciglio su me stesso come un bimbo. Sento lo stomaco attorcigliarsi su se stesso e io mi porto le ginocchia alla testa, fino a coprirmi completamente il volto. Sento la schiena tremare e i singhiozzi si impossessano ancora del mio corpo mentre le lacrime scivolano sulle mie guance. Una sensazione di vuoto si fa spazio nel mio petto e sembra anche fare male. Cosa mi sta succedendo? Perché sono cosí fottutamente debole? L'idea di aver vissuto nell'inganno è la cosa peggiore che mi possa mai essere capitata. So che c'é gente messa peggio di me con malattie e tanto altro ma, perché? Perché non riesco a darmi una risposta? Perché me?

Mi stendo nuovamente lasciando scivolare le gambe su tutto il divano. Faccio dei respiri profondi e chiudo gli occhi mentre la mia mente viene invasa dai pensieri. Con le dita mi accarezzo il palmo della mano destra e riapro gli occhi. Eccolo lí. Quel dannato tatuaggio. Una macchia di inchiostro nero impressa sulla mia pelle a vita. Quando mi chiedono che significato abbia, rispondo sempre che l'ho fatto perché mi piaceva, quando il vero significato lo sa solo Andy. E mia madre. La mai storia la sanno solo Andy e Mikey e Brooklyn. Ma quest'ultimi, la sanno solo in parte. Non li sento da tempo e credo che ormai mi abbiano dato per disperso.
Recupereró anche con loro, ma prima, ho parecchie faccende da mettere a posto.

***

Sono passate solo quattro ore da quello sfogo e ancora ne sento l'effetto. In quest'ultimo periodo non riesco davvero a capirmi, menomale che c'é Andy affianco a me. Non ho mangiato nulla a causa dello stomaco chiuso e sono rimasto tutto il tempo a fissare il soffitto del salotto, facendomi domande a cui non so rispondermi.
Guardo l'orologio e noto che fra meno di mezz'ora Andy sarà qui. Con mia madre. Devi prepararmi, o perlomeno, devo farmi trovare in condizioni decenti.

Mi alzo in tutta fretta e corro in camera mia, indosso una semplice maglietta e dei Jeans militare, mi do una veloce sistemata ai capelli e in meno di dieci minuti sono pronto. Mi volto verso il letto e butto tutti gli altri vestiti bell'armadio. Sto per chiuderlo, quando il suono del campanello mi fa voltare di scatto per poi rimanere immobile.

Butto giú il nodo che mi si è formato in gola e scendo le scale rapidamente. Mi fermo davanti alla porta e rimango a fissarla senza aprirla. Posso sembrare un' idiota, ma le mie mani iniziano a sudare e la mia mente a farsi mille film mentali. Poi, un altro squillo mi fa tornare in me e, dopo aver fatto un respiro profondo, apro la porta.

Dinanzi a me c'è Andy, che mi sorride con il suo solito fascino. I suoi occhioni blu sono puntati su di me e mi scrutano con curiositá. Ricambio il sorriso e mi avvicino per baciarlo ma lui, ancora prima che possa accorgersene, si volta e si mette leggermente di lato. Ora non ho piú la visione di Andy, e il sorriso abbandona le mie labbra. Ho davanti a me un viso familiare, ma allo stesso tempo sconosciuto. I lunghi capelli neri le ricadono davanti al volto, come se fosse lei stessa a volerselo coprire. Ha un sorriso debole sulle labbra, ma i suoi occhi esprimo paura. Lascio scivolare il mio sguardo sulla sua figura e noto la sua strana magrezza, i vestiti che le ricoprono tutto il corpo sono larghi, ma lasciano intravedere quelle che sembrano due stecchini al posto delle gambe.
Torno a guardarla in volto, anche il suo sorriso è sparito.
Di certo il nostro primo incontro non l'avrei mai immaginato cosí.

"Ti aspettavi la bella donna che vedevi anni fa eh?" Rompe il silenzio lei, con queste poche parole. Il sangue mi si gela nelle vene, la sua voce mi riporta velocemente a tempi che avrei voluto dimenticare, ma che sono rimasti con me. Ma la dolcezza che c'é in essa, mi riporta anche a momenti di felicitá. Tipo quando io e lei giocavamo al parco e mi faceva andare sull'altalena come se fosse stata un'astronave. Mi riporta a quei momenti in cui mi facevo male e lei era sempre pronta a soccorrermi e dopo avermi detto "ora passa tutto" e avermi dato un bacio sulla ferita, mi abbracciava. Mi riporta a quei momenti tra noi due, dove mi consolava e mi tranquillizzava dopo aver sentito le urla tra lei e mio padre. Momenti che non ricordavo da tempo, ma che ho sempre tenuto nel mio cuore.

"Mamma." sussurro. La mia voce è spezzata, la rabbia passa di colpo e le lacrime tornano, per la seconda volta nella giornata, a rigarmi il volto senza freni. Mi butto su di lei e l'abbraccio, il suo corpo esile scosso dai singhiozzi si abbandona tra le mie braccia e le anime che piangono, ora sono due. La mia e la sua. Due anime separate senza preavviso, due anime lasciate all'abbandono. Sento il profumo dei suoi capelli inondarmi le narici mentre io le accarezzo la schiena con dolcezza. Le sue braccia mi circondano il corpo stringendomi con una forza disumana. Con la forza di una madre che ha appena ritrovato il figlio.
Ed è come se in questo momento, sentissi qualcosa nel mio petto ricomporsi, come se in me si fosse aggiustato qualcosa che prima davo per scontato.

Ci stacchiamo dopo svariati minuti. Mi sciugo velocemente le lacrime col palmo della mano e la guardo. Gli occhi arrossati dal pianto, ora esprimono una gioia infinita. Mi volto verso Andy e vedo che anche lui a stento trattiene le lacrime. Mi avvicino e lo bacio sulle labbra, come per ringraziarlo.

"Siete bellissimi." Sussura lei. Mi volto ancora e le guardo sorridendo. Lei ricambia e si avvicina a me per posare la sua mano sul mio volto. Mi accarezza la guancia teneramente e lascia scorrere il suo sguardo su ogni centimetro del mio viso.

"Ormai non sei più il mio piccolo bambino." Dice ironicamente, ma con una punta di amarezza.

"Sei cresciuto cosí in fretta, e guarda qua che muscoli!" Esclama tastandomi il braccio. Tutti e tre iniziamo a ridere e io tiro su col naso con ancora l'effetto del pianto addosso.
Poi, torna a guardarmi seria.

"Mi dispiace non esserci stata Rye, ma vedi, a volte le cose sono piú complicate di quanto sembrino." Ora i suoi occhi incrociano i miei. Abbasso lo sguardo e faccio un respiro profondo.

"Non mi interessa. Adesso non voglio parlare di ciò che ci ha divisi, voglio solo stare con te, come un figlio fa con la madre, almeno per dieci minuti." Il suo volto si illumina e sorride ancora una volta. Poi mi abbraccia ancora e affonda il suo viso nell'incavo del mio collo.

"Mi sei mancato."

Don't Let Me Go // 𝐆𝐚𝐲 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐲 Where stories live. Discover now