·31·

1.7K 122 11
                                    

Riassunto capitolo precedente: Dopo che Rye e Andy non si sentivano da almeno due giorni, Ryan decide di presentarsi a casa di Andy per chiarire la faccenda e fa appello a tutte le sue forze per riuscire ad ascoltare quello che Andy sta per dirgli. (Scusate la mia assenza)

ANDY

Mi fa salire fino a camera sua e mi lascia accomodare sul letto. Mi guardo in torno e a stento riesco a credere che questa sia la camera del ragazzo di cui sono innamorato. Le pareti ricoperte da una tintura blu scura, il letto ben fatto e neanche una cosa fuori posto.

"Ci tengo all'ordine. quando devo distrarmi inizio a riordinare con la musica nelle orecchie. Mi aiuta, oltre la palestra." afferma e io annuisco. Prende la sua sedia dalla scrivania e si siede davanti a me prendendosi la testa tra le mani.

"Ti ascolto." afferma e io faccio un bel respiro. Inizio a raccontargli ogni dettaglio dell'incontro tra me e sua madre. Gli parlo di come lei se lo ricordava. Gli parlo di suo padre, delle condizioni in cui sua madre si era ridotta.

Per una frazione di secondo mi è sembrato che lui stesse piangendo ma non ne sono sicuro dato che non si leva le mani dalla testa e il suo sguardo è perennemente basso. Vado avanti e più parlo di questa storia, più sembra assurda anche a me. Non riesco a credere al dolore che il ragazzo di fronte a me ha provato. Vorrei fare qualcosa, ma sono bloccato. Non faccio parte del suo passato. Io sono il suo presente e se voglio aiutarlo, devo aiutarlo ora.

Finisco di parlare e i minuti di silenzio che trascorrono tra noi sembrano interminabili. Poi, alza lo sguardo e incontra il mio. I suoi occhi sono un misto di emozioni. Sono ignettati dalla rabbia ma soprattutto dal dolore. Sono lucidi e stanno bloccando le lacrime che cercano di uscire con insistenza. In poche parole, è distrutto.

"Io lo sapevo che mio padre era un bastardo, ma non fino a questo punto." Si alza con calma e si guarda in torno. Va verso una piccola finestra che da a vedere su un giardinetto e più avanti dei palazzi.

"Quel giorno... quel giorno io ero qui." dice guardando fuori. "Mi ero rintanato in doccia per un pensiero mio egoista."

"In che senso?"

"I miei stavano urlandosi contro. Non sopportavo più le loro urla, andavano avanti così da giorni e io ero stufo. Così sono andato in doccia e ci sono rimasto per più di un'ora. Volevo soffocare, volevo che l'acqua mi entrasse nei polmoni fino a farli smettere di funzionare. Poi sono uscito e loro urlavano ancora. C'è stato un momento di silenzio e un boato fortissimo.
Sono andato in corridoio e dalla cima delle scale ho incrociato per l'ultima volta lo sguardo di mia madre.
Se solo io non avessi avuto quel desiderio e fossi sceso per difenderla, magari adesso non ci sarebbe tutta questa storia. Magari adesso... starei meglio." Quest'ultima frase la dice girandosi verso di me. Nel suo sguardo c'è disprezzo, ma non per suo padre. Per se stesso.

"Ryan, non hai motivo di odiarti. La colpa è solo di tuo padre."

"No!" balzo leggermente all'indietro "La colpa è anche mia, non capisci? Io lo sapevo che mio padre si drogava, sapevo che il sangue che girava tra di loro non era buono. Io sapevo tutto, sapevo anche che quel momento sarebbe arrivato. E cosa ho fatto io? Mi sono fatto i cazzi miei e non ho nemmeno avuto il coraggio di dire alla polizia che mio padre era un presunto assassino. Mi cagavo sotto, avevo paura di lui.
Qualsiasi altra persona avrebbe avuto le palle di difendere la propria madre!" Urla e nella sua voce c'è di tutto e di più. Si prende la testa tra le mani e tira un urlo soffocato. Poi vedo la sua schiena che inizia a tremare e il rumore dei suoi singhiozzi impossessarsi della camera.

Mi alzo mentre lui appoggia la schiena al muro fino a toccare terra, scosso dai singhiozzi. Mi abbasso anche io e lo abbraccio. Vederlo così debole fa male, ma sono anche felice. Si è lasciato andare con me, e non posso essere più grato per una cosa così.

"Ryan guardami." sussurro staccandomi da lui. In risposta ho solo un gemito di dolore soffocato. "Ryan..." Prendo le sua meni nelle mie e gliele tolgo dal volto. Alza lo sguardo e incrocia i miei occhi. A differenza mia, i suoi sono pieni di lacrime.

"Ascoltami... non è colpa tua, ok? Stai solo sprecando lacrime."

"No Andy. In questi anni io non ho mai pianto, mai. Questo è solo un piccolo sfogo con le lacrime che avrei dovuto versare anni fa. Questo non è il dolore dell'ultimo momento, questo dolore c'è sempre stato, ma non l'ho mai dato a vedere." Dice guardandomi negli occhi, con un filo di voce.

Gli sorrido con le mie mani sul suo volto. Mi avvicino e gli lascio un piccolo bacio sulle labbra. quando mi stacco lui ha ancora gli occhi chiusi e il respiro leggermente affannato a causa del pianto.

"Grazie." sussurra con le palpebre abbassate mentre l'ultima lacrima gli attraversa la guancia. Mi avvicino a lui e gli asciugo le lacrime con le labbra e lui sembra bearsi di questo momento. Con una mano gli accarezzo il volto mentre l'altra la faccio scivolare nella sua facendo incrociare le nostre dita. Poso nuovamente le mie labbra sulle sue ma questa volta più a lungo.

"Sai come la penso?" dico staccandomi da lui. Mi metto a gambe incrociate appoggiando la mia schiena al letto mentre lui è ancora al muro. Scuote la testa in segno di negazione e aspetta una mia risposta.

"Penso che tu sia il ragazzo più forte che io abbia mai conosciuto. Non ti sei montato la testa, non hai cercato di usare questa storia a tuo favore solo per ricevere attenzioni. Sei un ragazzo con la testa sulle spalle, riservato e che sa ragionare senza farsi condizionare. Questi sono dei doni Rye, pochi ragazzi sono come te. E io ho sempre sperato di trovare qualcuno con le tue similitudini e sapere di avere un legame con te, mi fa andare fuori di testa.
Tu non devi darti la colpa per niente. Tu devi solo imparare ad apprezzarti perchè, a differenza tua, molti sarebbero crollati dopo due giorni.
Tu invece sei rimasto in piedi e hai lottato. Dovresti solo essere fiero di te." In tutto questo mio discorso, i suoi occhi non si sono mai staccati dai miei. Sulle sue labbra nasce l'ombra di un sorriso mentre giocherella nervoso con le sue dita.

"Se nell'ultimo periodo non sono crollato è perchè sapevo di avere qualcosa per cui lottare, o meglio, qualcuno..." ribatte sempre con un tono di voce basso, io aggrotto le sopracciglia.

"Tu." A queste parole il mio cuore fa una capriola mentre un sorriso a cinquecentomila denti si fa spazio sul mio volto.

Si alza da terra e si asciuga le lacrime. Chiude la porta a chiave nel caso dovesse tornare suo padre e viene lentamente verso di me. Mi porge le sue mani, le prendo e con forza mi fa rialzare. Ora è lui a prendere il mio volto con le mani e a baciarmi per primo.

"Dovrei solo ringraziarti." Sussurra sulle mie labbra con voce roca, mentre mi fa distendere sul letto. "Devo ringraziarti per essermi stato accanto..." mi bacia sulle labbra "Per non avermi abbandonato..." scende sul collo "E per avermi fatto capire chi sono veramente." La sua mano scivola sotto la mia maglietta fino a toglierla del tutto, senza mai staccare le sue labbra da me.

Si posiziona tra me mie gambe e le nostre lingue iniziano a lottare appassionatamente tra di loro. I vestiti cadono a terra, le nostre mani vagano esplorando ogni centimetro del corpo altrui. Le labbra vagano sulla pelle, i gemiti si mischiano, le dita si intrecciano e le nostre bocche fanno la guerra senza mai stancarsi.

E io non mi stancherò mai di lui.

Don't Let Me Go // 𝐆𝐚𝐲 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐲 Место, где живут истории. Откройте их для себя