L'apparenza inganna

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*Note:*
Il capitolo "Cosa mi hai fatto" è stato pubblicato per sbaglio, è in bozza e devo ancora finire di scriverlo e correggerlo! Scusate per l'inconveniente, questo è il capitolo giusto... Non vi preoccupate!

"Non chiamarmi signor Antonioni... Chiamami Alfredo" mi ha praticamente ordinato appena abbiamo iniziato a parlare e
più passo il tempo con lui, più capisco che la prima impressione che mi ero fatta era completamente sbagliata.
Se lo guardo attenta posso quasi vedere l'uomo che era prima, sotto i vestiti che gli cadono troppo larghi e logori, come se vestissero un manichino.
Sono certa che un tempo questi vestiti gli stessero bene e invece adesso sembrano vuoti.
Non vuoti.
Questi vestiti sono stati svuotati.
Lui è stato svuotato.
E non è scontroso, è solo indurito dalle asperità della vita.
Passeggiamo insieme tra i suoi campi e lui sembra morire dalla voglia di mostrarmi tutto.
Mostrare tutto a qualcuno che sa che lo ascolterà.
Finalmente.
“Guarda qui, Emma” mi dice camminando veloce e sicuro tra alberi aridi e secchi e altri completamente rovinati, abbattuti o ripiegati su stessi.
Come se fosse stanchi e stessero riposando.
No, penso passando la mano su un tronco rugoso, non sono stanchi.
Sono morti.
“Più li curavo, più li uccidevo” e dal suo tono abbattutto capisco che questa è l'accusa che il signor Alfredo non sembra perdonare a sé stesso.
Stacca un ramo secco da un albero a pochi passi da noi e le sue spalle basse mi rilevano più di quanto lui stesso arrivi a raccontarmi.
“Acqua inquinata” sussurro sovrappensiero.
“Ogni maledetta goccia” china la testa sconfitto: “Me ne sono accorto troppo tardi e più metà del mio raccolto è stato completamente distrutto”
“Non è stata colpa sua” gli dico stringendogli una spalla cercando di consolarlo: “E io la aiuterò a farsi giustizia”
“Giustizia” mi risponde schioccando la lingua poco convinto: “Ormai non ci credo più. Ho fatto di tutto, Emma. Tutto quello che era umanamente possibile ma in quell'azienda tutti negano. Tutti...Dal primo all'ultimo!”
Rispetto il suo silenzio e, nelle ombre dei suoi occhi, riesco quasi a vedere tutto il dolore e la rabbia che lo distrugge.
Ecco quello che stavo aspettando.
Quello che Leonardo mi ha insegnato così bene a sfruttare.
E' con il dolore e con la rabbia che si vincono i casi.
Un bravo avvocato sa che questo è il momento più delicato, che ci vuole pazienza, che bisogna sapere aspettarli e poi fomentare i loro sentimenti.
Aiutarli a buttare fuori tutto quello che si sono tenuti dentro.
Il signor Alfredo, con le guance arrossate e le sopracciglia corrucciate, è come una diga pronta a esondare e io sarò la sua goccia di troppo.
Nella furia della sua rabbia dovrò essere abbastanza brava da raccogliere ogni più piccola informazione utile a difendere il suo caso.
“Mi ricordo ancora quando sono arrivati, tutti giacche eleganti e ventiquattrore. Pensavamo che avrebbero aiutato i nostri ragazzi, che avrebbero dato lavoro e un futuro migliore a tutta la zona. Poveri illusi” Scuote la testa e spiana le rughe che si sono formate sulla sua fronte: “Ancora non sapevamo che avrebbero rovinato tutto. Se solo potessi tornare indietro...”
Guardiamo insieme il mausoleo che si erge grande e scuro davanti a noi,
che cala come un usurpatore sui loro terreni ormai completamente contaminati.
Così fuori posto in mezzo a tutta questa semplicità, in mezzo a tutte queste persone così indifese che mai avrebbero potuto immaginare tutto quello che avrebbero rubato loro.
Gli anni di lavoro, i sacrifici, l'amore con cui avevano curato le loro terre.
Il loro futuro.
Tutto distrutto.
“Come hanno inquinato le vostre acque?” gli chiedo continuando a fissare la fabbrica e chiedendomi se, facendo delle indagini giuste e attente, potremmo arrivare al punto esatto in cui le loro acque hanno inquinato le acque degli agricoltori della zona.
“Abbiamo un vecchio pozzo dove preleviamo l'acqua da secoli” mi risponde indicandomi una zona più nord del terreno: “Nella nostra zona abbiamo sempre attinto a quell'acqua e non è mai successo nulla. Mai prima del loro arrivo.”
Certo, penso, prima la loro acqua era pulita.
“Quanti altri agricoltori attingevano a questo pozzo?”
“Tutti gli agricoltori della zona” mi risponde subito: “più o meno una ventina”
Corrugo la fronte e mi guardo attorno chiedendogli:
“E dove sono tutti gli altri?”
“Più o meno un anno fa, i loro avvocati ci hanno proposto un risarcimento” ride stanco e mi riaccompagna verso la casa: “Una cifra così bassa che non ci avremmo pagato nemmeno le tasse ma molti hanno deciso di accettare. Siamo rimasti io e altre tre persone”
“E perché io ho trovato solo la sua causa?” ho studiato per giorni per il suo caso e sono certa di avere trovare solo le sue denunce e nient'altro.
“Loro non hanno voluto fare causa” dice scrollando le spalle: “ma io sono sempre stato una zucca dura. Ho creduto che, avendo la ragione dalla mia parte, avrei potuto fargliela pagare. Ma forse ho sbagliato. Forse avrei dovuto accettare i loro soldi”
“Lei non ha sbagliato” lo contraddico: “Ha fatto bene a opporsi a questa situazione”
“Dici, Emma? Io non ne sono più così convinto. Tutti gli altri si sono rifatti un'altra vita e si sono liberati di questa terra che ci dà solo problemi”
“E allora perché non ha lasciato tutto anche lei? Perché non ha accettato il risarcimento?” gli chiedo sapendo già la sua risposta.
“Perché, problemi o no, questa è la mia terra” il senso atavico del possesso che vibra nella sua voce: “La terra che ha coltivato mio padre e prima ancora il padre di mio padre. Non riesco neanche a pensare di abbandonarla” 
“Ed è per la sua terra che noi dobbiamo lottare!” insisto fiera della sua risposta guardandolo negli occhi scuri: “E' per tutti i sacrifici che lei e gli altri avete fatto che non possiamo arrenderci”
“Hanno degli avvocati spietati, Emma. O accettavi il loro risarcimento o finivi sul lastrico” con una mano mi indica tutta desolazione attorno a noi: “E come vedi io sono la prova vivente che non scherzassero”
“Mi faccia parlare anche con gli altri” lo imploro mentre una folata di vento scompiglia i nostri capelli.
Mi volta le spalle e sfiora delicato, paterno e protettivo, uno degli ultimi alberi che hanno resistito.
“Non so se ho più la forza per combatterli” scandisce piano.
“Lasci che sia io ad avere la forza” dico appoggiando la mia mano sulla sua grande e stanca: “Non crede che potrei riuscirci?”
“Onestamente, Emma?” mi chiede fin troppo rispettoso per dirmi quello che realmente pensa: “No, ragazza. Sei troppo giovane e buona, come lo eravamo noi. Non ce la faresti contro di loro. Contro questa montagna di merda”
“A volte l'esteriorità inganna e io sono disposta a rischiare” mi guardo attorno e poi riprendo in mano la carpetta: “Non mi sembra che qui ci siano file di avvocati per aiutarvi. Quindi, per come la vedo io, avete due possibilità: potete affidarvi a me oppure lasciare che questi criminali la passino lascia. Lei vorrebbe tutto questo? Le sembra giusto?”
Uno scambio di sguardi.
Io che non sono disposta a retrocedere neanche di un centimetro e lui che sta lottando la sua battaglia personale.
La battaglia con la parte di sé che vorrebbe giustizia e quella che invece è troppo bruciata e che si rifiuta di sperare ancora.
“E come...” balbetta ancora titubante: “Come facciamo?”
“Penserò a tutto io... ma lei deve aiutarmi”
Un cenno d'assenso e un sorriso timido è tutto quello che stavo aspettando.
“Chiamo gli altri”

*Angolo autrice*
E adesso?
Chi sarà secondo voi l'avvocato terribile con cui dovrà scontrarsi la nostra Emma?
Pensate di avere già un'idea?? 😂😂
Commentate e fatemi sapere cosa pensate di questo nuovo capitolo, risponderò a ogni commento!!!

Ps. Un voto o un commento a te costa pochissimo, io invece ne traggo una forza incredibile per continuare a scrivere e a dare il meglio di me ogni giorno!

Law of SexWhere stories live. Discover now