La perfezione non esiste

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E' l'alba di un nuovo giorno lavorativo e, prima di essere sommersa da carte e fascicoli, mi fermo sulla soglia dello studio e mi concedo un istante.
Solo un istante per godermi lo spettacolo che si profila davanti a miei occhi: l'andirivieni concitato dei praticanti, i sorrisi luminosi degli avvocati che affascinano i loro clienti e l'odore forte del caffé che riempie ogni stanza dello studio.
Posso quasi sentire sulla mia pelle l'adrenalina che invade ciascuno di loro e, mentre un sorriso si apre sul mio viso, mi ritrovo a pensare a quanto ami questa sensazione.
La sensazione di stringere tra le mani le sorti di un nuovo caso. Di un nuovo destino.
Come una bomba a orologeria però, appena metto piede all'interno dello studio, vedo correre verso di me la segretaria.
Dal tono con cui mi accoglie capisco che è molto nervosa:
“Emma menomale che sei arrivata. L'avvocato Ferraris ti...” non fa neanche in tempo a finire la frase che la voce forte e decisa di Leonardo pietrifica entrambe sul posto.
“Emma finalmente. Vieni subito” è sulla porta del suo studio e mi guarda corrucciato.
Cosa ho combinato questa volta? Mi chiedo percorrendo veloce lo spazio che mi separa da lui.
Ripenso ai casi che sto seguendo e, mentre inizio a sudare per l'agitazione, mi dico che non c'è motivo di preoccuparsi.
Nessun caso è andato male.
Tranne forse la coppia che deve separarsi, ma con loro non ho ancora finito.
E poi quello sarà il caso che mi porterà al manicomio, non quello che scatenerà l'ira funesta di Leonardo.
Oltrepasso la fotocopiatrice e, al solo pensiero della notte passata, cerco di nascondere il rossore che sento già salire a colorare le mie guance.
Quando ormai pochi passi ci separano l'uno dall'altra, davanti a tutto lo studio, la sua mano corre a cercare la mia.
Come se gli fossi mancata.
Come se gli fosse mancato il contatto tra i nostri corpi.
Guardo le nostre mani intrecciate, la sua presa salda e, mentre i battiti del mio cuore aumentano spropositatamente, mi chiedo se sa cosa sta facendo.
Sa che in questo momento, nel corridoio affollato, chiunque alzando lo sguardo potrebbe vederci?
Sa che chiunque potrebbe vedere le nostre mani unite?
Vedere noi?
“Come mai sei andata via stamattina presto?”
Faccio un sospiro di sollievo.
Per stavolta non ho combinato niente.
“E' stata colpa di Irene” rispondo mentre entriamo insieme nella sua stanza.
“Irene?” mi chiede con gli occhi sgranati e adesso è lui a sembrare nervoso mentre si allenta il nodo della cravatta.
“Sì” rispondo cercando di capire del perché della sua agitazione: “ha avuto un problema con la macchina e l'ho dovuta accompagnare io. Ti ho lasciato anche un bigliettino”
“A sì.. il bigliettino” concorda con me ma continua a sembrare sovrappensiero.
“Tutto ok?” domando avvicinandomi a lui.
“Certo" mi sorride a mò di scusa e circondandomi con le sue braccia: “solo che, non vedendoti stamattina, credo di essermi alzato con la luna storta... non faccio che aggredire chiunque”
“L'ho notato” gli rispondo prendendolo in giro: “la tua segretaria sembrava terrorizzata”
"E per di più oggi mi toccherà lavorare a un caso parecchio ostico"
"Di cosa si tratta?"
"È il divorzio Rossi. La moglie si è rivolta a noi"
Al solo sentire quel nome, così potente nella città di Milano, un sussulto esce dal mio petto.
"Non è possibile" balbetto quasi.
"E invece sì Emma. Stiamo parlando di cifre grosse. Cifre da capogiro. E di un caso che ti fa salire nell'olimpo degli avvocati o sancisce la tua fine per sempre" i suoi occhi blu adesso sembrano così scuri, come il fondo del mare, e così avidi: "e io ti voglio al mio fianco" mi stringe forte la mano e mi sento emozionata come una bambina: "Perché noi vinceremo Emma. Eccome se vinceremo" poi mi dà le spalle e guardando verso l'orizzonte lo sento sussurrare piano, quasi stesse parlando solo con sé stesso: "Io devo vincere"

La signora Rossi, o meglio la presto ex signora Rossi, è esattamente come me l'ero immaginata la prima volta che Leo mi aveva parlato di lei.
La classica moglie di un milionario: un trofeo da sfoggiare alle feste e una perfetta padrona di casa.
È una cinquantenne dal viso giovane e fresco, senza neanche l'ombra di una ruga e con dei corti capelli biondo platino a risaltare la colonna di perle che adorna il suo collo.
Collana di perle che pressappoco costerà come un mio stipendio.
Annuale, ovviamente.
"Avvocato, pensa di averne ancora per molto?" apostrofa annoiata Leonardo mentre lui le lancia un'occhiata di fuoco.
Lo vedo guardarla nervoso, attraverso le lenti dei suoi occhiali, e massaggiarsi la fronte.
Più Leonardo fa le sue domande, più si scopre che la posizione del marito è inattaccabile.
"Niente tradimenti o maltrattamenti o liti?" le elenca ancora con la speranza di trovare una piccola falla nel loro passato matrimoniale.
"No, avvocato. Glielo ho già detto" e poi guardando l'orologio: "e poi tra cinque minuti devo andare a farmi la manicure quindi, la prego di sbrigarsi con le sue inutili domande"
A inutili domande lo vedo irrigidirsi ma non sembra disposto ad arrendersi.
Fa un respiro profondo e lanciando un sorriso, che a me sembra molto più un ghigno, le chiede piano, scandendo ogni parola:
"Allora perché lo vuole lasciare?"
"Perché no? Perché non posso avere metà del suo patrimonio e divertirmi a sperperarlo?"
"Sperperarlo?" quasi urla lui indignato e con gli occhi sgranati.
L'istinto mi dice che se non li allontano l'uno dall'altro questo incontro finirà molto male.
"Credo che adesso la signora possa andare a farsi la manicure" dico aprendo la porta e invitandola a seguirmi fuori: "L'avvocato non può capirla e sono certa che  lei ne abbia abbastanza per oggi"
"Sì, cara ha proprio ragione" concorda lei appoggiando la mano dalle dita perfettamente laccate sul mio braccio.
Si allunga verso di me, mi dà un'occhiata sommaria e, dopo avermi catalogata come un essere poco interessante, dice:
"Lo sconfiggerete, vero?"
"Chi?" le domando sperando quasi che mi chieda di sconfiggere uno scarafaggio o il mostro che si nasconde sotto il suo letto.
Persino la fame del mondo sarebbe più facile da sconfiggere.
"Ma come chi? Mio marito!"
Era proprio quello che temevo, penso sorridendole sperando di sembrare disperatamente convincente.
E non soltanto disperata.

Siamo al supermercato e mentre ci aggiriamo per i corridoi lui continua a scimmiottarla:
"Lei deve andare a farsi manicure" dice spingendo il carrello: "Noi dobbiamo organizzare il suo divorzio, vincere e lei che fa? Non ci dà un solo motivo valido per lasciare il marito" prende una confezione d'acqua e continua: "No, lei si preoccupa di fare la sua manicure"
"È inutile continuare così, Leo" dico spuntando la lista della spesa e scegliendo il tè: "quella donna sembra il peggior nemico di sé stessa. Più parla, più si tira la zappa sui piedi"
"Giusto, devo ricordarmelo" poi sbirciando la lista tra le mie mani dice: "domani puoi preparare quella torta che mi piace tanto?"
Cerco di nascondergli il sorriso che si è appena formato sul mio viso:
"Quale? Quella di mele?" gli chiedo fingendo di non ricordarmi la sua reazione di piacere davanti alla mia torta.
Come se non sapessi che quella è la torta migliore che so preparare.
Giro ancora per il supermercato quando una lampadina si accende nel mio cervello.
La torta migliore.
Io volevo che Leonardo assaggiasse la mia torta migliore.
E se il signor Rossi avesse fatto lo stesso?
Se anche lui avesse mostrato solo la sua parte migliore?
Corro a cercare Leonardo che legge attento l'etichetta di un vino e gli dico subito, quasi preoccupata di perdermi l'intuizione:
"E se il signor Rossi fosse solo un marito perfetto?"
Alza le spalle e mi lancia uno sguardo stanco.
"Emma abbiamo già capito che il signor Rossi è il marito perfetto"
"No, Leonardo" insisto: "ascoltami: tu lo conosci solo come marito... Ma come imprenditore? Siamo sicuri che non ci siano scheletri nel suo armadio?"
Quando anche lui capisce a cosa mi riferisco sembra come illuminarsi.
"Come farei senza di te, Emma?"
E lì, in mezzo alla corsia, tra scatolette di tonno e sottaceti, mi bacia. Un bacio che ha il sapore dolce della vittoria.

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