Più passa Il tempo, Più Mi Muovo, Più Vengo Inghiottita

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Oggi è lunedì, il giorno in cui Leonardo ritorna da Firenze, e io sono agitata e nervosa insieme. Anche se non vedo l'ora di rivederlo e le mie gambe tremano d'emozione, una certezza invade il mio cervello: lui mi piace più di quanto dovrebbe.
Perché in realtà, per quanto io mi sforzi di ignorarlo e lui stia dimostrando degli slanci d'affetto improvvisi e, devo ammetterlo, molto apprezzati dalla sottoscritta, non posso dimenticarmi che lui è lo stesso l'uomo che mi guardava le gambe già dal primo giorno e che la storia d'amore più lunga che ha vissuto sarà durata al massimo un paio d'ore.
O un paio di orgasmi.
Ecco cosa dovrei ricordarmi la notte mentre mi perdo a pensarlo.
Dovrei ricordarmi che è un playboy senza speranze.
Non che è l'uomo più irresistibile sulla faccia della terra.
E che ha un sorriso bellissimo.
Il più bello che io abbia mai visto.
Guarda agitata la porta aspettandomi da un momento all'altro di vederlo entrare. Con il volto corrucciato e i luminosi occhi blu.
E ogni volta che sento rumori non posso fare a meno di osservare speranzosa la porta.
Do un'occhiata veloce all'orologio che circonda il mio polso e noto che sono le 11.
Strano, penso mordicchiandomi nervosa le labbra.
Di solito lui arriva sempre puntuale, alcune volte anche prima di tutti gli altri, e verso le 9 è già alle prese con i vari casi della giornata.
Guardo la sua segretaria che scrive una nota e risponde a una chiamata.
Vorrei chiederle dove è finito Leonardo ma non posso.
Chi sono io per farlo?
Risulterei soltanto una giovane assistente curiosa e impicciona.
Scuoto la testa e torno a esaminare le carte che ho davanti.
Cinque minuti e con un sospiro guardo ancora la porta.
Ma dove diamine è finito?
Mi ha svegliato sabato mattina perché voleva che facessi subito un lavoro per lui e oggi neanche si presenta?
E io ho passato tutto il weekend al pc per le sue maledette ricerche mentre lui chissà con quante donne si è divertito a Firenze.
Sto per prendere il cellulare e mandargli un messaggio non proprio educato, quando lo squillo del telefono dello studio mi blocca.
Mi avvicino alla porta e sento la segreteria che parla fitto fitto con un altro avvocato.
"Era Orsini" dice la donna: "dice che sta male e rimane a casa"
"Davvero?" la risposta sorpresa, che corrisponde quasi al mio livello di stupore: "da quando lo conosco non si è mai dato malato. Il lavoro viene sempre prima di tutto per lui"
"Infatti aveva davvero una voce spettrale" sento confermare la donna.
Stringo il telefono tra le mani.
Lo stesso telefono con cui volevo mandargli messaggi intimidatori e minacciosi.
E adesso muoio dalla voglia di chiamarlo e sapere come sta.
Sapere se posso fare qualcosa o se ha bisogno di me.
Mi allontano dalla porta e mi siedo al pc.
Non lo farò. Non lo chiamerò.
Sarebbe sbagliato e lui penserebbe che io sono troppo coinvolta.
Io coinvolta? Ma scherziamo?
Non mi interessa cosa sta facendo o come sta.
Un sospiro triste e rassegnato esce dal mio petto.
Sono una pessima bugiarda.
Io non sono coinvolta... io affondo dentro questa situazione come si affonda dentro le sabbie mobili. Più passa il tempo, più mi muovo, più vengo inghiottita.
Da lui. Da questa situazione.
Come potrò continuare a nasconderlo?

Law of SexWhere stories live. Discover now