L'incontro

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Aspetto sul mio vecchio motorino che il semaforo diventi verde e guardo agitata l'orologio al mio polso.

Cavolo... è il mio primo giorno di lavoro e sono già in ritardo.

Tutta colpa di Irene, la mia coinquilina, che ha insistito a farmi mettere questo stupido vestito.

"Non è troppo corto?" le avevo chiesto guardandomi allo specchio e cercando di coprire le mie gambe lunghe che quel vestito metteva in risalto.

"Corto?" mi aveva risposto lei: "ma da dove vieni? Fidati... ti prenderanno sicuro con quelle gambe"

"Ma io non voglio che mi prendano per il mio corpo. Voglio che mi prendano per il mio cervello"

"Il tuo che?"

"Il cervello, Irene... hai presente?"

Dopo un'occhiata scettica aveva annuito e guardato il vestito.

"Sei troppo intelligente... Questo vestito ti serve!"

Così eccomi qui, mezza nuda mentre a Milano c'è un freddo cane, a rimpiangere i miei fidati jeans rimasti nell'armadio.

Ma ci tengo troppo a questo lavoro. E' il coronamento di ogni mio sogno e di tutti i miei sudati anni di studio.

Finalmente farò quello per cui ho studiato all'università. Finalmente sarò un avvocato.

Sempre se mi prenderanno, mi ripeto e continuo a guardare il semaforo.

Quanto tempo ci vuole? Penso mordicchiandomi le labbra nervosa.

Poi il rumore di freni mi avvisa che non sono più sola ad aspettare che diventi verde.

Mi volto alla mia destra e vedo che al mio fianco c'è una Jaguar nera, lucida e di ultimo modello e al volante c'è l'uomo più bello e affascinante che io abbia mai visto.

Ha lunghi capelli scuri e una leggera barbetta che li delinea il viso.

L'abbronzatura dorata della sua pelle mette in risalto i suoi denti bianchissimi mentre mi sorride ammiccante.

Abbassa il finestrino e si toglie gli occhiali da soli. Le sue iridi sembrano color del mare.

"Belle gambe" mi dice e sotto il suo sguardo indagatore non posso fare a meno di arrossire come una bambina.

"Non credo che dovrebbe guardare le mie gambe"

Una risata forte scuote le sue spalle.

"E cosa dovrei guardare, ragazzina? Sembra proprio che tu le voglia mettere in mostra"

Trasalisco e cerco di coprirle.

Come si permette quell'uomo di guardami così? Sembra quasi che mi stia spogliando con gli occhi.

"Io non voglio mettere in mostra proprio niente" e poi distogliendo lo sguardo dal suo viso così perfetto sussurro: "E non sono neanche una ragazzina"

"Davvero, ragazzina?" mi dice sempre più irritante: "Allora chissà quanti giochi potremmo fare insieme... ragazzina" e il tono con cui pronuncia l'ultima parola è basso, quasi intimo.

Mentre penso a una risposta intelligente per liquidarlo i nostri sguardi si incrociano. Dio, sussurro tra me e me, perché un uomo così maleducato deve essere così bello?

E' proprio il tipo d'uomo che ho sempre cercato di evitare. Troppo potente. Troppo sicuro di sé. Troppo tutto.

Eppure non riesco a sfuggire al suo fascino così primordiale. E non riesco neanche a distogliere lo sguardo da lui. Come vorrei che le sue mani così lunghe e forte poggiate sul volante scendessero ad accarezzare la mia pelle!

Siamo ancora persi a scrutarci l'uno l'altro quando il semaforo diventa verde e noi due non ce ne accorgiamo. Una leggera patina di sudore bagna la mia pelle e il mio respiro diventa sempre più affannato.

Il suono di clacson inferocito mi riporta alla realtà e svelta riaccendo il motore.

Non mi volto nemmeno una volta verso lo sconosciuto nonostante riesca ancora a sentire il rombare sordo della sua auto alle mie spalle.

E mentre vedo la strada dividerci sempre di più una domanda affolla la mia mente: sto correndo al lavoro o sto fuggendo via da lui? Non lo so... spero soltanto di non rivedere mai più quell'uomo.

*Angolo autrice*
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