3 . Ventuno Dicembre

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La scopa raggruppò i pezzi di vetro assieme ad una rima d'acqua e una corolla annegata. Li spinse sul fondo della paletta come le briciole di una semplice giornata faticosa. Le coperte annerite finirono arrotolate nella pattumiera. Il cardiofrequenzimetro era stato risistemato nel suo angolino, spento. La tenda era stata riattaccata all'asta orizzontale. Le due guardie erano state accolte dalle cure degli infermieri al pronto soccorso. Tutto tornava velocemente alla normalità. L'unica cosa che avrebbe ricordato il passaggio di un tornado era il cratere di pietra del cortile, la siepe bruciata e la finestra frantumata nel corridoio.

Natasha entrò col fiato sospeso mentre il personale delle pulizie faceva il proprio lavoro, invasa da un'inaspettata sensazione di fallimento. Fece attenzione a non camminare nel bagnato con i suoi tronchetti in pelle, assorbì con sguardo sconsolato l'ultimo grosso coccio del vaso e i fiori che erano apparsi una notte qualsiasi mentre Astrid ancora dormiva senza aver ancora mostrato particolari sintomi di ripresa, ora definitivamente morti e gocciolanti di una linfa che non li avrebbe assetati. Erano rimasti a vegliarla appassendo lentamente come un omaggio rifiutato. Non avevano nemmeno avuto il tempo di mostrarsi alla destinataria che erano finiti nel cestino.

Natasha abbassò le ciglia curve e piegò le ginocchia rimanendo in equilibrio sui tacchi. Con due dita afferrò della carta grezza, ruvida, un piccolo cartoncino della grandezza di quelli che si legano ai confetti. Era semplice, decorato giusto dalle venature sottili delle fibre di cellulosa. Era inumidito e poteva leggersi solo la firma perché la breve linea di inchiostro che la precedeva si era diluita macchiando tutto il cartoncino di gocce blu sbiadite. Una sola S arricciata e frettolosa rimaneva perfettamente delineata nell'angolo in basso a destra come a voler rimarcare la caparbia presenza del mittente.

-Ci sei?

Natasha intascò il biglietto presa dall'istinto di nasconderlo. Si voltò verso Steve che stava infilando il braccio nel giacchetto trattenendo una smorfia di fastidio.

-Che hai trovato?

-Niente... Un pezzo di carta insignificante. Ti hanno rilasciato?

-Diciamo così.

-Dove stai andando?

-A cercarla.

Natasha sospirò.

-Steve, non puoi andartene in giro a correre per la città come un forsennato. Non risolverai nulla.

-È quello che gli ho detto io. - fece Sam braccia incrociate e scuotendo la testa alle spalle del Capitano.

-Se non volete venire con me ci andrò da solo.

-Non sai nemmeno da dove partire.

-Chiederò in giro. Di sicuro qualcuno avrà visto una ragazza in camice da ospedale aggirarsi per la strada.

-Non sembra molto affidabile come piano. - commentò Sam scettico.

-Avete altre idee?

-No.

-Perfetto. Io vado.

Natasha guardò Sam staccarsi dal muro e fare per andargli dietro, rimproverandolo con lo sguardo di non essere d'aiuto. Steve s'incamminò verso l'uscita con decisione, leggermente irritato dalla situazione e dall'iperprotezione incoerente della Romanoff. Una mezz'ora prima l'aveva chiamata per ricevere informazioni. Ora la sua presenza lo innervosiva.

Si spinse oltre le porte dell'ospedale ignorando totalmente la voce di Natasha che lo chiamava. Si odiava e aveva solo voglia di stare da solo, ma doveva trovare Astrid perchè capiva fin troppo bene cosa significasse svegliarsi in un mondo sconosciuto. Gliel'aveva visto negli occhi quanta paura stesse provando, ma non aveva fatto niente. Avrebbe dovuto rincorrerla subito, invece si era lasciato sopraffare dalla sorpresa. Prima Bucky che rifiutava di riconoscerlo, adesso lei. Dannazione, avrebbe dovuto buttarsi da quella maledetta finestra e afferrarla dalla vestaglia, farsi ustionare, ma trattenerla! Ancora una volta l'aveva lasciata andare. Ancora una volta l'aveva persa.

Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷Where stories live. Discover now