2 . Tonnellate

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Il camice sbatacchiava da una parte all'altra in una corsa disperata e priva di traguardo. Arrestò le gambe solo per osservare ogni angolo di quel mondo bizzarro. Quei palazzi così dritti, tutti stretti tra loro, così alti da far venire le vertigini, parevano poter svenire sulla sua testa da un momento all'altro.
Un baccano continuo e alternato, veicoli veloci che si trainavano, si arrestavano e ripartivano rincorsi da rombi e schiamazzi e fumi maleodoranti. Una fiumana di gente si trascinava da una sponda all'altra, le passava accanto sgomitando, la sorpassava e la pressava, ansiosa di unirsi alla mandria che migrava dall'altra parte della strada. Qualcuno la spinse nel flusso, ma lei impuntò i piedi. Il terreno sotto i suoi piedi nudi era ruvido e duro e il calore la rinvigoriva.

Tutto il grigiore e l'irrequietezza della città la travolsero come una tempesta estiva. Si perse tra i pannelli su cui si susseguivano immagini e parole in movimento, tra le punte dei grattacieli di vetro sparse nella foschia pallida e le braccia degli alberi spogli, le aiuole, le lingue diverse che si intrecciavano nei discorsi, i colori dei cappotti e le luci delle bancarelle. Curiosò come una bambina da un posto straordinario all'altro, zigzagando tra le panchine, i vasi e attraversando lunghe strisce bianche parallele, guidata da un connubio di repentine e frequenti stimolazioni sensoriali e una tristezza cosmica che la fece sentire come un contenitore vuoto.

Era in cerca di qualcosa che non sapeva descrivere e richiedere, uno scopo, un motivo, un nome, un volto, un simbolo, una parola che colmasse il soffocamento dell'ignoto. Tanto che fermò una signora e le chiese dove si trovasse. Quella la squadrò dalla testa ai piedi come se avesse visto un serpente parlante, strinse le borse che aveva in mano e mise un piede verso la direzione opposta.

-In che senso dove ci troviamo? Sei a New York, razza di spostata!

Ancora più confusa continuò a camminare. Per un po' seguì la signora, dopo una ventina di metri si perse di nuovo. Sostò davanti a una vetrina di gioielli e ne ammirò il luccichio. Inseguì un profumo di dolce e di fritto e si trovò davanti un gruppo di bambini che puntavano le prelibatezze gonfie, dorate e panose che un signore tirava fuoro dall'olio con una pinza, le ricopriva con dello zucchero a velo e le infilava in sacchetti di carta fumanti. Ci rimase qualche decina di minuti in quella postazione, finché non si lasciò distrarre dalla musica. Un tripudio di trombe e di tamburi trionfava su un ritmo allegro e rimbombava tra le vie.

Corse per raggiungerla. Seguì la strada, rischiando di travolgere un paio di persone e inciampare su un guinzaglio e si avvicinò ad una piazza brulicante e festosa.
Gli edifici erano ricoperti da cascate di luci e decorazioni rosse  verdi e blu che si rifletteva sul pavimento lucido e sulle vetrate. Al centro della piazza si ergeva una colossale piramide di diamanti lampeggianti e su cui capeggiava una maestosa stella rossa. Tutt'attorno le persone si fotografavano dandole le spalle o passaggiavano e chiacchieravano indisturbate e Astrid non riusciva a capire come fosse possibile non rimanerne estasiati. Proprio lì dietro si esibiva la banda che aveva udito qualche quartiere prima.

A dividere lei e quella visione meravigliosa c'era un viale denso e trafficato. Provò ad attraversaro, schivò una modo e un pullman le tagliò la strada a un palmo di naso suonando il clacson in modo esagerato. Affrettò il passo, tra un'auto che sterzava e l'altra, una bici e un furgone della pizza.
Il conducente distratto di un piccolo convoglio inchiodò di fronte ad una sagoma apparsa all'improvviso. Schiacciò il pedale fino in fondo, ma non bastò per frenare il peso del rimorchio che spinse la matrice sull'asfalto scivoloso, inciampò uscendo dall'asse, sdraiò di fianco l'intero veicolo che scivolò ancora in avanti per forza d'inerzia coinvolgendo altre vetture e sollevando un polverone di vinque metri.

Il fianco del furgone colpì Astrid in pieno. All'impatto, seguì lo stridìo del metallo che scintillava in attrito contro l'asfalto. Si susseguì lo sfregolìo delle componenti del motore e il ticchettio della lamiera. Astrid fece pressione con braccia. Ci provò un paio di volte e capì che doveva metterci tutta la forza che aveva in corpo per uscire dalla pressa. Rifocillatasi con il calore del motore, sollevò il veicolo con un grugnito. Tre tonnellate sopra di lei si allontanarono dal terreno come una panchina in pietra. I pettorali, le spalle, le braccia le tremavano così tanto che per un attimo pensò che i nervi l'avrebbero abbandonata e sarebbero saltati come cavi in tensione seppellendola per sempre. Spinse ulteriormente e si fece abbastanza spazio da poter piegare un ginocchio, appoggiare un piede, allungare una mano dopo l'altra e risalire la lamiera, per poi darle un ultimo calciò e sgusciare fuori all'aperto. Il rimorchio sbattè con un tonfo assordante.

Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷Where stories live. Discover now