ꜰᴜɢɢɪʀᴇ ᴅᴀ ᴛᴇ

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𝓛𝓾𝓬𝔂

Non mi sento bene. Ho un vuoto dentro di me, che non riesco a placare, come se mi mancasse qualcosa e so pure cosa. Mi manca la persona più importante della mia vita. Quella che mi ha sempre aiutata, però adesso è soltanto un lontano ricordo, infatti quel bacio sembra non aver avuto importanza.
Mi ricordo ancora le sue vecchie parole: mi sussurrava di amarmi e che non mi avrebbe mai lasciata, eppure oggi sono sola. Nessuno è  pronto a consolarmi, oppure aiutarmi. Dovrei mettere una pietra sopra a tutto, perché devo smetterla di essere così sensibile, anzi non devo più affezionarmi a nessuno.
Nei suoi occhi leggevo qualcosa di diverso. Da una parte era come se mi nascondesse qualcosa, invece dell'altra avesse cercato di sopprimere ogni tipo di sentimento per me. Vorrei essere anch'io così. Vorrei poter cancellare tutto in un solo click. Sono solo una stupida, che in tutti questi mesi ha trascurato la sua vita. Ho messo a primo posto la sua, però lui come mi ripaga? Allontanandomi.
Vorrei poter sorride, un sorriso vero. Non esiste più la vecchia me, perché  è  stata spenta.
Ho deciso di scappare per un po'. Non sto andando in Canada, ma ho scelto di andare in un'altra regione che si trova sempre negli Stati Uniti. Ho fatto questa scelta per accontentarlo. Fargli capire come si ci sente quando si sta lontano da tutto questo.
Pensavo che covincento mio padre a concedermi questa vacanza solo per me, mi sarei sentita meglio. Invece no, soffro ancora e dentro non sono più la stessa. Forse dovrei rimanere qui più a lungo possibile.
L'hotel che ho scelto è molto vintage, ma l'unica cosa che mi interessa, è che  possa farmi sentire a casa. Non ho portato molti bagagli soltanto l'indispensabile.
Mi avvio verso la reception. Mi accoglie un signore anziano, pronto a consegnarmi le chiavi.
«Grazie», in risposta annuisce. Guardo il numero che è inciso nel portachiavi,  è il numero 3.
Non so perché avrei preferito un altro numero. Forse perché dietro c'è un ricordo, che preferisco dimenticare, anche se è impossibile visto che è inciso dentro di me. La camera è molto tranquilla, come tutto ciò di cui ho bisogno. C'è un lettino con un armadio di fronte. Credo che perderò un po' di tempo nel sistemare la mia roba.

Passano due ore, però ancora non ho finito di sistemare tutto. Controllo la finestra, eppure il paesaggio è troppo rilassante, infatti lo fisso per qualche minuto.
Il mio stomaco emette un rumore strano, ormai non mi meraviglio. È da quando mi ha lasciata andare, che non mangio come un tempo. Salto tutti i pasti e ho perso del peso. Non so come fare a sistemarmi fisicamente, perché il mio intestino è completamente bloccato. Al momento i capi che indosso sono molto semplici. Non sono per niente belli, ma sinceramente non mi frega di apparire. Preferisco vestirmi in modo comodo.
Prendo il mio cellulare per controllare un po' le notifiche. Ovviamente trovo solo qualche messaggio di mio padre e di Mary. Nessuno mi cerca, ne sui messaggi ne su qualunque altro social. Non so se sia una positività, ma questo mi rende sola. Mi sto abituando alla solitudine. Di fianco al mobile c'è il mio borsellino con all'interno qualche monetina. Perché rimanere chiusa qui? Meglio scendere di sotto e verificare personalmente se ci sia qualcosa da mangiare. Pensando al cibo il mio stomaco crea un altro suono, che però svanisce subito sostituito da una forte nausea. Perfetto, non so nemmeno cosa mi stia succedendo.
Esco comunque dalla stanza. Nell'aria c'è un odore strano. Non sembra tanto cattivo, ma solo diverso dal comune. Pensavo che trovandomi per il corridoio vedessi delle persone tra clienti e dipendi, invece non vedo nessuno. Sembra che sia sola anche qui. Non riesco a trovare nemmeno un luogo dove poter mangiare, oppure un distributore.
«Signorina potrei esserle utile?», il signore che lavora alle reception si avvicina a me.
«Stavo solo cercando qualcosa da mangiare», affermo.
«Se mi dice ciò che desidera gliela faccio portare in camera», sarebbe meraviglioso. Almeno starei un po' per i fatti miei.
«Vorrei delle patatine, se è possibile un po' di maionese», ho scelto proprio le patatine, perché riescono a rendermi felice, ed a farmi venire l'appetito.
«Arrivano appena sono pronte», non mi resta che tornare in camera. Non c'è altro da fare in questo hotel. Camminando per il corridoio, sento dei versi. Questi sembrano dei versi specifici.
«Miao.. miao», sto sentendo bene o sto immaginando tutto? Controllando attentamente l'aria, noto che dietro ad un vaso si nasconde un gattino. Questo sembra abbastanza grasso, ha dei bellissimi occhi, che mi osservano in modo dolce. Non scappa da me, anzi si avvicina e si fa coccolare. Sembra così tenero, ma appena continuo mi graffia, lasciandomi un segno nella mano destra. Non fa tanto male, brucia leggermente. Forse non è stata tanto bella l'idea di accarezzarlo. Lo lascio al suo posto e mi dirigo nella mia stanza. Continuo a sistemare le mie cose. Dalla finestra osservo nuovamente il paesaggio che sembra essere cambiato, diventando sempre più scuro.
Questo posto, dopotutto non è così tranquillo come immaginavo.
«Signorina, la cena», mi chiamano dalla porta. Quindi presumo mi abbiano portato le patatine.
Alla porta c'è sempre lo stesso signore della reception, anche se speravo che ci fosse qualcun'altro, in modo da potermi tranquillizzare un po'.
«Grazie per la cena», sorride e va via. Anche se tutto ciò mi trasmette un po' di inquietudine.
Mi sto chiedendo se esista qualcun'altro in questo posto o se sono sola.
Poggio il vassoio con le patatine, sopra un mobile di legno. Guardando il piatto, vedo che è fatto bene, soltanto che il mio intestino si chiude di nuovo. Cosa mi sta succedendo? Proverò comunque a mangiare un po'. Prendo la prima patatine e la ingoio, la stessa cosa con la seconda, arrivo alla terza decidendo di lasciar perdere e di controllare di nuovo la stanza. Mi alzo e mi cambio, prendendo il mio pigiama. Composto da dei pantaloncini e da una maglietta semplice. Sono le dieci, non ho molta voglia di dormire adesso. Però sono sola, nessuno mi contatta e non c'è nemmeno una televisione qui. Alzo la mia mano destra, osservo ancora il graffio ben evidente. Dovrei disinfettarlo, ma non so come. Vado in bagno, per fortuna trovo alcune cose che possono servirmi. Dopo averlo fasciato, mi rilasso prendendo le mie cuffiette ed ascoltando qualche canzone deprimente. Senza farlo di proposito mi vengono in mente le immagini di noi due felici, senza farlo di proposito alcune lacrime scendono lungo il mio viso. Non dovevo pensare a lui, però non posso farne altrimenti, è ancora parte di me. Stare in questo hotel, che dista un bel po' di chilometri da casa, non so se sia stata una bella idea. Sembra assurdo, ma mi manca. Anche se non posso toccarlo o baciarlo mi manca, avrei preferito mille volte, passare qualche minuto in sua compagnia, che stare qui in questo posto abbastanza macrabo. Sicuramente si starà divertendo, insieme ai suoi amici, invece io sono sola senza nessuno che mi faccia compagnia, che soprattutto mi dica che questo momento passerà.
Dal punto di vista esterno tutti penseranno che questo sia positivo, ma in realtà non lo è.
Io mi sento persa, spero così tanto che anche per lui sia lo stesso.
Provo a rotolarmi nel letto, per addormentarmi, ma è inutile. Non riesco a dormire. Prendo la mia vestaglia e me la metto, indossando le mie comode pantofole.
Infilo il cellulare in tasca ed esco dalla stanza. Credo che l'unica compagnia che posso trovare è quel gattino. «Micio.. micetto», provo a chiamarlo, eppure sembra essere sparito.
«Cosa stai cercando?», vengo presa dalla sprovvista, infatti mi spavento. Ad avermi posto la domanda, è stato un bambino. Almeno adesso ho la conferma di non essere sola.
«Nessuno, stavo prendendo un po' di aria», dico indifferente.
«Jordan vieni subito dentro», lo rimprovera una donna, che presumo che sia sua madre. Non mi rivolge la parola, prende per le mani il figlio e lo fa entrare.
Sono sempre più convinta che questo hotel non sia del tutto così sicuro. Gatti che scompaiono, clienti che si rinchiudono nelle loro stanze ed infine un dipende strano.
Passeggio per l'hotel senza rotta, controllo varie zone sperando di trovare il gatto, ma in realtà è completamente sparito. Fin quando non vedo un corridoio scuro leggermente illuminato. Non dovrei proseguire, ma la mia curiosità vince e mi avvicino per osservare.
Appena osservo le impronte di gatto nel pavimento faccio un passo indietro, perché quelle impronte sembrano essere state lasciate da del sangue. Seguo la via, che mi porta in altra zona, dove sopra un cuscinetto si trova il gatto, che sembra essere ferito.
Vorrei fare qualcosa, peró per la paura e per l'inquietudine di quel posto rifletto prima di avvicinarmi. Il gatto sembra lamentarsi e non c'è nessuno che lo stia consolando. Sono ad un passo dal gatto, così mi abbasso e lo controllo. La sua zampa è ferita, essa perde molto sangue. Non ne so molto di ferite, ma questa sembra essere volontaria. Prendo il gattino, lo sollevo e lo porto nella mia stanza.
Si lamenta ancora, eppure non so cosa fare. Vederlo così, mi rende ancora più triste. Vorrei chiamare aiuto, però non so a chi importerebbe di un gattino ferito. Controllo la mia rubrica telefonica, è assurdo lo so, eppure vorrei così tanto chiamerei Josh e chiedere di aiutarmi. Mi ricordo che fin da piccolo era molto bravo a curare le ferite. Una volta curò una rondine che trovammo per terra nel nostro giardino, dopo averla medicata per alcuni giorni, la preparò al volo. Infatti andò via e iniziò a volare nel cielo.
Sono indecisa se contattarlo o meno, però ascolto la mia anima.
Decido di inviargli un messaggio.

Non ci crederai mai, c'è un gatto ferito. Mi dispiace troppo vederlo così.
Volevo solo il tuo aiuto.

Mi andrebbe bene anche un supporto molare, perché sentire e vedere questo gatto in queste condizioni, mi sta facendo piangere.

RIVOGLIO IL MIO DISASTRO Where stories live. Discover now