19.

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"Ermal, muoviti o farai tardi un'altra volta!"

"Ci sono, ci sono. Andiamo"

Da quando il giovane era finalmente ritornato tra quelle mura che poteva considerare "casa", Fabrizio non lo lasciava mai solo. Lo accompagnava a scuola, lo andava a riprendere: tutto purché rimanesse al suo fianco. O meglio, sotto controllo.

Erano entrambi ancora troppo spaventati per poter vivere una vita normale. La paura di potersi perdere, di venire divisi o calpestati li attanagliava.

Poi c'era la paranoia. Ermal alla vista di ogni uomo che potesse anche solo vagamente ricordargli il padre si paralizzava, mentre Fabrizio, dal canto suo, era angosciato dal pensiero di non essere in grado di proteggerlo.

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"Meta, stai ascoltando?"

Ermal rivolse lo sguardo verso la professoressa che lo stava richiamando. Merda, si era distratto un'altra volta.

"Io... sì, stavo ascoltando"

"E di cosa stavamo parlando, quindi?". Panico, non ne aveva la benché minima idea. Che ore erano? Che materia stava facendo?

"Sì, ecco, stavamo appunto parlando di..."

Il suono della campanella lo interruppe. Sorrise, se l'era cavata un'altra volta.

"Okay, per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani per il compito in classe. Mi raccomando studiate, che non voglio sorprese".

L'ultima frase della professoressa venne coperta dal rumore di sedie spinte e zaini richiusi. Mentre tutti si avviavano verso l'uscita la donna si avvicinò ad Ermal.

"Meta, hai fretta o posso parlarti?". Era una domanda che non aspettava risposte, la donna l'avrebbe trattenuto in ogni caso. "Va tutto bene?"

Il giovane rimase interdetto da quella domanda, ma decise di dissimulare e rispondere di sì con un sorriso, forse anche troppo tirato.

"Ultimamente ti vedo strano, diverso dal solito. Hai costantemente la testa fra nuvole e i tuoi voti colano a picco. Con questo non sto dicendo che stai rischiando l'anno, voglio solo dire che mi lascia perplessa. Sei sempre stato il migliore della classe, ma adesso è come se avessi accantonato tutto e ti sforzassi solo per arrivare al minimo indispensabile. Hai sempre amato studiare, sei sempre stato curioso. Ora sembri tutt'altra persona"

"Non si preoccupi, recupererò tutto"

"Ermal, non sto dicendo questo. Sono preoccupata per te umanamente parlando, non per quanto riguarda il rendimento"

"Va tutto bene, sul serio. Sono solo un po' stanco"

"Non vedo tuo padre ai ricevimenti da molto"

Ermal deglutì, cercando di mantenere la calma. "Sì, in questo periodo lavora molto"

"Digli che voglio parlargli"

"Oh, ma non si preoccupi, non ce n'è bisogno". Sentiva l'ansia salirgli dallo stomaco.

"Mi preoccupo invece. Digli di venire ai colloqui la settimana prossima, o lo chiamo io"

Ermal lasciò l'istituto correndo. Aveva bisogno di lasciarsi tutto alle spalle e respirare. Perché quella donna non si faceva i cazzi suoi? Era quasi maggiorenne, non aveva bisogno della balia.

Raggiunto il cortile della scuola, si appoggiò al muro per respirare. Uno, due, tre respiri. Profondi e regolari. Ma il cuore minacciava ancora di saltargli dal petto.

Fabrizio nel frattempo, che lo stava aspettando lì vicino, lo raggiunse.

"Ricciolì, tutto okay?"

"Portami via"

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E si ritrovarono così a vagare senza una meta, il musicista preoccupato dal silenzio del giovane, ed Ermal che, preso dal panico, aveva iniziato a torturarsi la pelle del polso destro.

Alla fine, Fabrizio parcheggiò sul lato della strada e, sceso dalla macchina, si trascinò dietro il riccio. Dopo poco raggiunsero una specie di radura.

"Siediti qui e respira"

"Vogl... veder- mio pa..."

"Ermal, respira o non capisco niente"

Fabrizio gli prese le mani tra le sue, abbassandosi alla sua altezza. "E smettila di graffiarti questo polso. Non farti del male. Parlami, ti prego"

"Vogliono vedere mio padre"

"Vogliono, chi? E perché?"

"La scuola...". Un singhiozzo. Cristo, perché doveva essere sempre tutto così difficile?

"Intanto calmati. La troviamo una soluzione"

"OH CERTO, SICURAMENTE". Ermal si era alzato di scatto e aveva preso a misurare la zona ad ampi passi. "Lui tornerà e mi riprenderà con sé"

"No, fosse l'ultima cosa che faccio, tu rimani con me"

"Non c'eri l'altra volta"

"E mi dispiace per questo"

"TU NON PUOI SALVARMI, CAZZO!"

Fabrizio non aveva mai visto il giovane così incazzato. Avevano discusso spesso, quello sì, ma non l'aveva mai sentito alzare la voce.

"Calmati, per favore"

"Calmarmi, perché? Cosa ottengo poi? Sempre la stessa vita di merda ho"

"Permettimi di aiutarti, te ne prego"

"Non puoi farlo"

"Sì che posso farlo Ermal, basta solo un tuo cenno e mettiamo un punto a questa storia"

Ermal si fermò, la gamba ancora sollevata per il passo lasciato a metà. "Lo sai che non voglio farlo. Non posso denunciarlo"

"Dovresti invece, guarda come sei ridotto. Sei sempre ansioso, dormirai tre ore a notte se va bene..."

"Scusami se sono così un disastro. È meglio se mi lasci perdere"

"CRISTO ERMAL, SMETTILA DI FARE LA VITTIMA E ASCOLTAMI". Fabrizio si maledisse in silenzio per aver usato un tono di voce così aggressivo, ma era esasperato tanto quanto lo era il giovane e lui la rabbia non sapeva gestirla. "Non ho intenzione di vederti morire senza muovere un muscolo"

La corazza di Ermal andò in frantumi. Perché essere forte da solo quando dall'altra parte hai qualcuno pronto a sorreggerti? "Okay, facciamolo"

Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho [MetaMoro]Where stories live. Discover now